giovedì 26 giugno 2014

La città incantata - Recensione

Una pausa nel Gudu Japan Experience per una recensione comunque in tema Giappone.

Trattasi della recensione del lungometraggio animato "La città incantata" del grande maestro Hayao Miyazaki.

Il film lo avevo già visto con la Vigi almeno tre volte.
Ricordo che la Vigi se lo procurò incuriosita dal fatto che aveva vinto Orso d'oro al Festival di Berlino nel 2002. Fui lei la prima a vederlo e poi per almeno un anno cercò di convicermi a vederlo senza riuscire a convincermi. Dopo un anno di tentativi acconsentii di malavoglia e rimasi stupito, colpito e fulminato da amore a prima vista.

E' stato il primo film di Miyazaki che ho visto.
In verità da piccolino avevo amato molto la serie Conan ragazzo del futuro (una delle prime opera di Miyazaki), ma ero solo un bambino e quindi, a mio parere, non conta.

Con l'occasione della riproposizione al cinema di questo capolavoro, abbiamo potuto gustarci la Città incantata al cinema.

Devo dire che per godersi fino in fondo il film bisogna conoscere ed amare la cultura del paese del Sol Levante ed è inutile dire che dopo aver visitato il Giappone il film acqusita ancora maggior valore.

La trama, come tutti i film di Miyazaki, è semplice... praticamente banale... anche perchè la grande capacità di questo regista è proprio rendere magico lo scorrimento di un film, a prescindere la trama.
Tutta questa magia nasce soprattutto dalle atmosfere; atmosfere create con i colori, i suoni, gli sguardi, i disegni dei personaggi ed il tipo di animazione.
Miyazaki potrebbe rendere magica una puntata di porta a porta, ne sono certo.
La trama è una trama, come già scritto, semplice che scorre banalmente, ma parte da un'intuizione geniale:
Una bambina oltrepassa una sorta di "confine" e si ritrova nel mondo degli spiriti.
Gli spiriti sono quelli del folklore nipponico, che in questo campo non sono secondi a nessuno e da soli bastano a giustificare un'opera di grande fantasia e varietà.
La bambina in questione rimane intrappolata in questo mondo e dovrà riuscire a liberare i genitori e magari, nei ritagli di tempo, migliorare la vita ai presenti.

Il 90% del film è ambientato in uno stabilimento termale tipico giapponese (onsen), presso l'onsen vengono a riposarsi tutti gli spiriti della tradizione giapponese (dal buddismo, ma sopratto dallo shinoismo) con l'aggiunta di spiriti partoriti dalla mente vulcanica del regista.
Ovviamente l'architettura dello stabilimento è molto "particolare" (vedi anche "Il Castello di Howl"), come anche le miriadi di esseri che ci lavorano dentro.
Stanze e scalinate di ogni tipo e dimensione con atmosfere che variano continuamente a partire dalla sala caldaie nei meandri della terra fin su agli uffici della strega della zona attico.





I lavoratori dell'onsen sono antropomorfi, ma mai umani... anche in questo caso un mix di folklore e fantasia dell'autore.


Quasi tutta la parte restante del film, forse la più crepuscolarmente romantica, è ambientata nelle terre desolate degli spiriti; terre che la protagonista dovrà percorrere per poter aiutare un caro amico ritrovato durante l'avventura.




La città incantata, come quasi tutti i film di Miyazaki, è un film che parla direttamente al cuore.
Se il cuore è anche solo un po' aperto allora può recepire l'immensa bellezza di questa opera.
Le atmosfere di questo film... non so descriverle altrimenti... è come se cantassero direttamente all'anima rapendola e trasportandola in un mondo magico... un mondo che, in fin dei conti, non è poi così tanto diverso da quello del Giappone rurale di qualche anno fa.

Un film che parla della natura e della sua bellezza infinita.

Un film che parla "del vento" e "col vento" perché  tutto si muove come se fosse animato dal vento (a partire dal vento che quasi trascina la protagonista nel tunnel, passando per quello che anima gli esseri volanti che cacciano il drago, fino ad arrivare al vento che in modo metaforico sostiene la protagonista ed il suo amico ritrovato durante la discesa da cielo a terra).

Un film che santifica la purezza di spirito mediante il suo simbolo più alto che è l'acqua... l'acqua purificatrice delle vasche termali, l'acqua pacificatrice che trasforma la turbolenta pianura in un pacifico mare, l'acqua che divide il mondo puro degli spiriti da quello degli umani.

Un film che esalta le cose stupende che può darci la natura dove dona più felicità una lucertola fritta od un pasto speciale che centinaia di pezzi d'oro, dove la protagonista guadagna il rispetto di "Noface" perchè non sa che farsene dell'oro (evitando forse di essere mangiata).



Un film che parla della solitudine dell'uomo nell'era moderna, rappresentato da "NoFace" che è lo spirito della modernità... dotato di incredibili poteri, ma estraniato da tutto e fondamentalmente infelice ed incapace di godere della vita.


Un film che parla di amore, non quello romantico di coppia, ma quello disinteressato dell'amicizia, dell'aiuto reciproco, dello stare insieme, di essere individui ma al contempo tutti legati da un'unica energia.

Miyazaki è un maestro nel descrivere questi temi.

Lo aiuta forse la cultura tradizionale giapponese, influenzata da Buddismo e Shintoismo ed estremamente legata alla natura.
Lo aiutano il grande amore verso la natura ed il grande pessimismo nei confronti dell'umanità.

Miyazaki parte da una trama che potrebbe essere l'ennesima storiella della Disney per bambini (il bambino che si ritrova in condizioni particolari e deve salvare qualcuno o qualcosa) e la trasforma in un'opera per tutti con un messaggio profondo ed estremamente bello da scoprire ed interiorizzare.

In questo film c'è tutto il bello della vita che l'umanità non riesce a ritrovare, simbolo di questo i genitori della protagonista che riescono ad accedere al mondo degli spiriti, ed invece di capirlo si lasciano subito andare al materialismo trasformandosi in maiali.


Il lieto fine c'è, ma non è plateale e soprattutto non è a tutto tondo:
La protagonista riesce a salvare i genitori, tornare nel mondo degli umani, togliere NoFace dalla solitudine, liberare dal sortilegio lo spirito del fiume
MA
I genitori non cambiano di una virgola e non ricordano nemmeno quello che è successo... un messaggio molto triste che ci spiega come la maggior parte di noi non è più in grado di recepire/capire/rispettare la bellezza del creato.
Le due gemelle antagoniste non fanno la pace fra loro.
Lo spirito del fiume viene liberato dal sortilegio, ma non può tornare a casa perchè il suo fiume è stato coperto dalle costruzioni (in realtà alla fine sostiene che prima o poi ritroverà il suo posto, ma gli occhi, a ben guardarli, sono tristi e non può superare il limite dei due mondi).
Anche la protagonsita del film non subisce particolari miglioramenti: era un'anima "pura" fin dall'inizio dell'avventura, diventa solo più coraggiosa e determinata... qualità che aveva già, ma che sono state messe in evidenza dai fatti.
Sostanzialmente alla fine dell'avventura non è cambiato un cazzo... gli umani restano sempre estraniati come NoFace e gli spiriti dell'onsen continuano la loro esistenza borderline ed il mondo magico della natura continua il suo corso senza tempo. Questo è il messaggio negativo: la non risoluzione di questa "divisione".

Un film che io ho amato fin dal primo momento e penso che continuerò a rivedere con grande piacere.

Nota dolente: il nuovo doppiaggio della Lucky Red ha occidentalizzato, a parer mio, troppo la traduzione. Anche la recitazione l'ho trovata meno adatta della precedente versione by Universal.

Consigliato a tutte le persone che hanno anche solo un pezzettino di cuore aperto o che vogliono provare ad aprirlo.

venerdì 20 giugno 2014

The Gudu's Nippo Experience part 6

Prima di iniziare a scrivere, mi stavo chiedendo come mai ci mettessi così tanto tempo a descrivere questo viaggio. Oramai è passato quasi un anno dal nostro viaggio in Giappone eppure io sono arrivato solo alla sesta puntata.
Forse è perchè quest'anno non abbiamo in programma nessun viaggio per l'estate e la cosa mi rattrista molto.
Qualche settimana fa, con l'arrivo del caldo, ho tirato fuori le mie calzatura giapponesi ed il mio yukata da casa... ed ho ripensato a viaggiare...ogni viaggo è un'esperienza fantastica... ho voglia di viaggiare... scrivendo lentamente posso rivivere un po' di viaggio... per un po' di tempo con la mente torno là.... forse è per questo che mi sono lasciato indietro un po' di viaggio da raccontare.

La mattina del sesto giorno siano andati in una zona meno conosciuta di Kyouto chiamata "Il percorso del filosofo".

Il percorso è così chiamato perchè circa un secolo fa un famoso professore di filosofia dell'Università di Kyoto, Kitaro Nishida, amava fare qui la sua passeggiata quotidiana.

Il percorso del filosofo segue un suggestivo e stretto viale pedonale che da un lato costeggia un piccolo canale e dall'altro una stretta e lunga via.

L'amosfera era molto "intima", abbiamo incontrato poca gente anche se quasi tutto il percorso era costellato di piccoli caffè, microscopici ristoranti e pittoreschi negozi di artigianato.
Il sole rendeva l'atmosfera afosa ed immobile, appena mitigata dall'ombra degli innumerevoli alberi di ciliegio che costeggiavano il canale e dallo scorrere dell'acqua... ricordo di aver pensato che in effetti quell'atmosfera aiutava a filosofeggiare.
Avrei voluto avere più tempo e fermarmi a leggere un libro su una delle panchine presenti od anche solo fissare lo scorrere dell'acqua del canale ed i passaggi dei piccoli pesci che ci sguazzavano dentro, ma il tempo stringeva, avevamo a disposizione solo la mattinata e volevamo percorrere tutto il percorso, percorso che va dal tempio Ginkaku-ji al tempio Nanzen-ji.

Ricordo quel giorno come il più "rilassato" del viaggio. Tutto era permeato da qualcosa che non so descrivere, ma che aiutava a vivere nel "qui ed ora" dandoci un senso di serenità, leggerezza e felicità.

Lungo il percorso abbiamo trovato parecchi templi.
A livello estetico erano molto semplici e nessuno di loro lasciava a bocca aperta come quelli che avevamo visto precedentemente, ma ricordo di aver pensato che se fossi stato un kyotese, avrei sicuramente scelto quei luoghi per raccogliermi in preghiera.
Alcuni templi erano così piccoli che non avevano un sacerdote e per avere il mitico timbro con firma era sufficiente inserire la moneta nella cassetta a prendere un foglio con il timbro già fatto (meno romantico del solito)... in un altro tempio sono andato a bussare alla porta della zona interna per riempire un'altra preziosa pagina del nostro quaderno.


Questo percorso lo consiglio a tutte le persone a cui piace pensare, alle persone a cui piacciono i posti dove è l'atmosfera a "catturare" e non le immagini, ai veri amanti delle culture orientali ed a chi è interessato davvero ad assaporare l'atmosfera nipponica... ovviamente lo consiglierei anche a chi vuole filosofeggiare.

Aggiungo ancora un po' di informazioni in stile wikipedia su questo itinerario.

Kitaro Nishida (Unoke 19/05/1870 – Unoke 7/06/1945) è stato un filosofo giapponese, considerato il fondatore della Scuola di Kyoto e il filosofo giapponese più importante del XX secolo.
Fra le molte cose cha ha fatto, ha contribuito ad introdurre le dottrine del Buddhismo Mahayana nel pensiero filosofico giapponese.
Ecco qualche frase di un suo scritto che ben descrive come io e la Vigi "viviamo" l'esperienza del viaggio... in verità lo scritto parla di ben altro e se preso nella sua interezza risulta poco calzante, ma leggendolo non ho potuto fare a meno si sottolineare mentalmente queste frasi:

Sperimentare significa conoscere le cose come sono.
Significa conoscerle mettendo completamente da parte i propri artifici ed essere guidati dalle cose stesse.
...
Quando si sperimenta il proprio stato conscio, non c'è soggetto né oggetto; il conoscere e l'oggetto della conoscenza sono la stessa identica cosa.
Questa è la più pura forma di esperienza


Nell'ora di pranzo siamo andati alla stazione per prendere il mitico Shinkansen che ci avrebbe portati in un luogo che io ho amato molto: Nikko.

Per arrivare a Nikko, una volta scesi dallo shinkansen, abbiamo dovuto anche prendere dei treni locali perchè la cittadina in questione è spersa fra le montagne nipponiche.
Siamo arrivati sul posto che era quasi sera ed eravamo parecchio stanchi.

Nikko è un posto quasi sconosciuto al normale turismo "extranipponico", nei due giorni in cui siamo stati in questa bellissima cittadina di montagna non abbiamo visto nessun occidentale.

Perchè Nikko?

Perchè io e la Vigi amiamo andarci a ficcare nei posti meno turistici e soprattutto nei posti amati dagli autoctoni e Nikko è molto amato dai Giapponesi.

Nikko (letteralmente "Luce del sole") si trova nella regione montuosa della prefettura di Tochigi.
La città contiene numerosi monumenti storici e templi (alcuni molto antichi) che le sono valsi l'inserimento nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
I più famosi sono: il Tempio di Nikko (mausoleo dello shogun Tokugawa Ieyasu), il tempio di Taiyuinbyo (dedicato al nipote di Ieyasu), il tempio di Futarasan (risalente al 767 d.c.) ed il ponte Shinkyo sul fiume Daiya-gawa.
La zona era piena di impianti termali (onsen) e nelle vicinanze c'era un percorso a piedi che ci interessava fare e che descriverò nel prossimo capitolo.

La stazione di Nikko era semideserta come anche la cittadina.
A vederla mi ricordava i nostri paeselli di alta montagna: qualche turista dotato di zaino di montagna, qualche locale seduto sulle panchine e nulla più.

Era difficile immaginare che Nikko ospitasse quasi 100.000 residenti... in verità Nikko è nato dall'unione di tre cittadine ed ha una concentrazione di popolazione per chilometro quadrato molto bassa per la media giapponese (65 per Kmq), quindi si poteva presumere che le case non fossero concentrate in un unico centro, ma molto "sparse" sul territorio.

Molto incuriositi dall'atmosfera, ci siamo avviati lungo l'infinita salita (circa 2 Km) che portava al nostro ryokan. Il nostro ryokan era molto diverso dagli altri, più somigliante ad un hotel occidentale se non fosse che si dormiva nei fouton e la stanza era arredata in modo tradizionale.
Noi eravamo al piano più alto.

Arrivati in stanza la Vigi si è fatta subito una doccia mentre io mi sono messo a guardare anime giapponesi in tv (prima volta che avevamo la tv in camera).
Dopo qualche minuto mi sono appisolato e sono stato svegliato dalla Vigi che rideva a crepapelle.
Si era messa a guardare le trasmissioni giapponesi che sono estremamente divertenti e totalmente diverse (grazie a Dio) dalle nostre.

Nei due giorni di permanenza a Nikko abbiamo fatto una scorpacciata di trasmissioni televisive giapponesi.
La nostra preferita era una trasmissione in cui i due presentatori andavano all'aereoporto di Tokyo ed intervistavano la gente più stramba che arrivava.
In una puntata i protagonisti erano degli italiani che erano volati fino a Tokyo per partecipare ad una famosissima gara di cosplay (gare di travestimenti con tema manga/anime).
I due amici, quarantenni con tanto di famiglia (non al seguito), avevano speso 5000 euro per costruire un costume di Mazinga ed uno del suo acerrimo nemico.
Durante l'esibizione simularono un combattimento vincendo il primo premio... due italiani a vincere una gara di cosplay in Giappone... pazzesco.
Ovviamente sono stati pesantemente sfotttuti dai conduttori, per altro senza che se accorgessero troppo.
Un'altra trasmissione divertente proponeva strane gare con animali di compagnia, un'altra filmava gli animali domestici in assenza del padrone.
Poi c'erano i mitici e bizzarri giochi senza frontiere giapponesi diventati famosi in Italia negli anni 90 grazie alla trasmissione "Mai dire Banzay" da non dimenticare gli spot pubblicitari giapponesi che sono molto più light e divertenti di quelli Occidentali.

La sera siamo usciti in cerca di cibo.
Non c'era anima viva in giro... sembrava di essere in quei film americani ambientati in cittadine sperdute in posti tipo Alaska.
Il clima era nettamente cambiato rispetto all'afa di Tokyo e Kyoto, faceva freddo e per la prima volta abbiamo dovuto indossare delle maglie.
Siamo riusciti a trovare solo uno strano e deserto locale (a cui non abbiamo dato fiducia... probabilmente sbagliando) ed una specie di fast food in versione giapponese dove c'era qualche segno di vita.

Dopo un pasto veloce e da dimenticare (versione giapponese di cibo occidentale), siamo tornati in camera e ci siamo addormentati dopo aver riso di gusto davanti alla tv nipponica.

Durante il Percorso del filosofo abbiamo fatto pochissime foto, abbiamo preferito goderci il momento ed all'arrivo a Nikko eravamo troppo stanchi per pensare alle foto.