venerdì 5 aprile 2013

The enlarged gudu's Tanzanian experience - Parte 4

In questa quarta parte vado a descrivere il trasferimento veros il Ruaha National Park.
Siamo partiti di buon'ora dal "Lake Manze Tented Camp" ed abbiamo attraversato quasi in diagonale la parte Nord del "Selous Game Reserve" incontrando, come sempre, moltissimi animali e stupendi paesaggi.
Dopo un paio d'ore ci siamo ritrovati sulla strada che attraversa le montagne in direzione del Mikumi National Park.
E' stato il trasferimento più bello di tutto il viaggio.
Una strada sterrata strettissima ci ha portati nel mezzo delle montagne e delle foreste tanzaniane... un paesaggio nettamente diverso da quello visto fino ad ora.
La natura in questa zona si impone con alberi di ogni tipo ed un senso di "selvaggio" perfino più marcato di quello percepibile nella savana del Selous.
Eravamo quasi sempre all'ombra degli alberi che incombevano ai lati della strada creando innumerevoli "ponti di rami" fra i due lati.
I pochi raggi di sole passavano attraverso le foglie creando giochi di luci ed ombre bellissimi che andavano ad esaltare ogni colore.
La mia sensazione era quella di essere "al centro di tutto" e protetto.

 

Una sensazione nuova, bellissima e totalmente diversa dalla meditativa sensazione di essere "ai limiti di tutto" provata nel deserto del Namib.
Era come sentire la terra "respirare" ed essere "al centro" di questo respiro... un'atmosfera di placida vita presente tutto intorno, come se l'energia vitale di tutto quegli alberi permeasse tutto.
Durante il tragitto abbiamo incontrato qualche villaggio; piccoli centro abitati di non più di 30 capanne stipati fra gli alberi nelle vicinanze di fiumi e torrenti.
Col passare delle ore siamo arrivati ai piedi delle montagne ed abbiamo cominciato a salire.
La foresta continuava ad osservarci mentre diventavano più numerosi i piccoli villaggi e la presenza umana.
Arrivati sulla cima della montagna, ci siamo fermati ed abbiamo osservato il panorama: uno spettacolo.


Ovunque mi girassi c'erano alberi che si inerpicavano sulle montagne, verde ovunque... non si vedeva una fine a quelle montagne verdi.
Percepivo un'emanazione di "vita" (posso solo descriverla così) fortissima.
Sono momenti, visioni, sensazioni che penso sia impossibile da descrivere bene... bisogna viverle.
Me ne sono stato immobile a fissare, fotografare, riprendere, percepire tutto quell'"esistere" fino a che un caminociono straripante di persone non ci è passato a fianco.
Queste cose le avevo viste solo nei film fino ad ora: ci saranno state non meno di 50 persone sul cassone del piccolo camion, tutte ammassate ed alcune addittura aggrappate al mezzo.
Ho provato a fare una ripresa del singolare mezzo con la videocamera, ma gli innumerevoli insulti in lingua locale mi hanno fatto desistere.
Dopo il passaggio del camion siamo risaliti sul fuoristrada ed abbiamo cominciato la discesa.
Di nuovo immersi nella foresta.
Dopo un po' di ore ed una fermata per il pranzo (con i mitici ananas comprati per strada), siamo arrivati alla grande (si fa per dire... due corsie) strada asfaltata che collega la Tanzania allo Zambia e prosegue nell'Angola fino all'oceano.
In poco tempo siamo arrivati al Mikumi National Park ed abbiamo approfittato delle ultime ore pomeridiane per fare un game drive nel parco.


Il parco è molto piccolo rispetto agli altri, anche se è ricco di animali.
La stanchezza non ci ha permesso di godere appieno del parco, anche se abbiamo visto parecchi animali.
La sera siamo arrivati al lodge che era a pochi chilometri dal parco, in mezzo alle montagne.
Questa volta le tende erano molto più grosse e posizionate su palafitte, probabilmente a causa della totale assenza di punti pianeggianti in cui posizionarle.
Dalla nostra tenda si il panorama era buono, si vedeva la foresta dipanarsi sotto di noi, fino ad arrivare alla strada.
Dopo una doccia ed un riposino siamo andati nella sala principale che questa volta non era una tenda, ma una costruzione in legno molto caratteristica ed ovviamente composta solo da pavimento e tetto.
Nel mezzo della sala da pranzo ardeva un bel fuocherello con attorno un po' di sedie. La nostra compagnia si è subito accomodata per il sacrosanto ed irrinunciabile aperitivo africano a base di gin tonic.
Dopo l'aperitivo ci siamo seduti al tavolo in compagnia di piccole scimmiette simili ai lemuri che la direttrice del campo (la temibile e scortese tedescona battezzata da noi "Bruttilde") ci ha detto chiamarsi "Bush baby".


Dopo la cena siamo tornati alle tende scortati dall'immancabile guerriero Masai.
La mattina successiva, dopo una immensa colazione nella quale la Virgi ed il Nuci hanno battuto alcuni record mondiali in quanto a quantità di cibo ingurgitato, siamo risaliti sul fuoristrada in direzione del "Ruaha National Park".
Dopo pochi chilometri ci siamo fermati per visitare un rettilario in quanto io avevo palesato il mio desiderio di prendere in mano i serpenti... e così è stato.
Abbiamo preso in mano prima un serpentello innocui che faceva quasi pena e poi un pitone.
Per evitare di venire stritolati dal pitone è sufficiente fare pressione sotto il collo dell'animale e lui perde ogni forza.
Mi venne però una curiosità "Ma quanto può fare forza un pitone?".
Il serpente era arrotolato sul mio braccio ed io mi sono detto "Ma si, mollo per qualche secondo la presa"... così feci.
Una pressa, posso solo descriverlo così. Nel mezzo secondo in cui ho mollato la presa ho sentito il braccio stritolato.
Fortunatamente non mi sono impanicato ed ho subito ripreso a stringere il collo del pitone.
La sensazione è quella che si ha quando si va a fare il test della pressione e la gomma attorno al braccio si gonfia... solo che la forza è moooolto più grande ed il tempo in cui essa viene applicata è praticamente istantaneo.
Risultato: braccio gonfio e tumefatto per tre giorni.

 
Dopo la visita al rettilario siamo tornati sulla strada.
Intorno a mezzogiorno siamo arrivati ad Iringa, città importante per metà posta su di un tratto di pianoro e per metà inerpicata per le montagne.
C'erano ovunque bancarelle e chioschi e c'erano persone ovunque... su vecchie auto scassare, su motociclette cinesi, su biciclette, carretti, muli ed a piedi.
Tutte si muovevano come a caso... non sembrava avessero una vera e propria meta se non l'andare in giro.
Dopo una breve sosta, abbiamo abbandonato città ed asfalto e siamo tornati sulle strade sterrate in cerca di un posto tranquillo per la pausa pranzo.
Nel post prandiale siamo entrati in una zona dai panorami nuovi.
Sembrava a tratti di essere in un'anime di Miazaki ed a tratti in un film degli anni 70 di Bud Spencer & Terence Hill
La strada era abbastanza larga ed ai lati c'erano piccoli campi, missioni, chiese, scuole, chioschi.
Si vedeva la gente lavorare nei campi o vicino alle proprie capanne, ai lati delle strade passava gente in bicicletta od in moto.
La presenza degli alberi era molto meno incombente anche se presente ai lati della strada, vicino alle capanni e tutto intorno ai campi.

Intorno alle tre del pomeriggio siamo arrivati al Ruaha National Park.
La stanchezza per il viaggio non mi ha permesso di godere molto dei paesaggi ed atmosfere da sogno di questo parco, ma fin da subito ho notato l'ennesimo cambiamento di paessaggio e l'incredibile e surreale atmosfera che regnava all'interno.
Fin dai primi momenti, abbiamo incrociato moltissimo animali: giraffe, zebre (che prima d'ora avevamo visto poco), gnu, bisonti, molte scimmie, piccoli carnivori e moltissimo uccelli.
Avvicinandoci al campo tendato ho notato ai lati delle strade molte bandiere a strisce blu e nere (uguali a quella dell'inter) e subito ho chiesto a Bilali cosa significassero; la sua risposta è stata "Non significano nulla, sono trappole per la mosca tze tze... viene attirata dai colori e si posa sulla stoffa imbevuta di veleno.".. e fu così che scoprii che oltre a leoni, leopardi, ghepardi, pitoni, coccodrilli, ippopotami ed altri mille animali potenzialmente letali... c'erano pure le mosche tze tze.
In poco meno di un'ora siamo arrivati al "Mdonya Old River Camp".
Questo campo tendato era gestito da un'Italiano emigrato e la sua moglie, tutti e due gentilissimi e molto disponibili.
Sicuramente il campo tendato che tutti noi abbiamo preferito, posizionato in un piccolo pianoro circondato dalla boscaglia aveva le tende posizionate in modo ottimale per vedere le attività notturne degli animali ed abbastanza lontane fra di loro da dare un senso di "sperduto in mezzo alla natura".


La zona comune era composta da una tettoia fatta con materiale locale sotto la quale c'erano divani e poltrone sui quali rilassarsi e prendere il the, una "zona falò" dove la sera si perpetrava la tradizione dell'aperitivo ed un'altra zona coperta nella quala si mangiava.
Con zona coperta si indende che si ha un tetto sopra alla testa, ma mai pareti, ne pavimento... il contatto con la natura è totale e costante.
Le tende erano come quelle del "Lake Manze tented camp" con tanto di cesso all'aperto, ma avevano un tocco di classe in più nell'arredamento; soprattutto ho apprezzato a cassapanca in stile coloniale inglese.


Dopo una pausa nella zona comune ci siamo tutti ritirati nelle nostre tende per riposarci e "docciarci" ed alla sera un bel gin tonic di fronte al falò, una cena rapida e poi tutti a letto.
La notte, al contrario della zona del Selous, faceva freddo (per modo di dire, eravamo pur sempre in Tanzania) e c'era parecchia umidità... la mattina ci si svegliava con i vestiti bagnaticci, ma sotto il caldo sole del mattino in pochi minuti tutto era asciutto.