martedì 3 febbraio 2015

THE GUDU'S BHUTANESE EXPERIENCE PART 1 - PREPARATIVI E VIAGGIO DI ANDATA.

Era era il novembre del 2014.
Dopo un'anno e mezzo senza viaggi (a parte una piccola gita a Budapest ad agosto 2014), finalmente si prospettava una nuova "Gudu's Experience".
La prima idea era quella di percorrere l'Argentina in fuoristrada fino al punto più a Sud, ma la logistica delle ferie, lavorativamente parlando, non lo permetteva.
Avevamo 15 giorni di ferie al massimo.
Cosa fare?
Avevamo scartato il Sud America per la pericolosità e/o per la necessità di più giorni per un viaggio che fosse "viaggio".
Avevamo scartato l'Africa per non avere problemi alle frontiere a causa dell'ebola.
Avevamo scartato le zone "Aurora boreale" perchè nel periodo disponibile c'era la luna piena e quindi "aurora boreale rarissima".
Avevamo scartato una bellissima avventura in Oman per paura del fondamentalismo islamico (con avventura non indendiamo farci rapire e magari accoppare).
Non restava che l'Asia: abbastanza vicina, clima adatto alla stagione, mediamente sicura dal punto di vista sanitario e sociopolitico.
Cominciammo a richiedere preventivi per Laos, Vietnam, Cambogia e Sri-lanka.
Mentre preventivi di bei viaggi fioccavano nelle nostre caselle mail, alla Virgi venne l'idea:
"Perchè non andiamo in Bhutan"?
Subito la richiesta all'agenzia e subito una delusione: "C'è solo una compagnia che vola in Bhutan, pochi voli, pochi posti, poche persone che entrano ogni anno in Bhutan".
Quando oramai avevamo scelto un bellissimo viaggio nel Vietnam rurale ecco l'improvvisa notizia: "La Heart viaggi ha trovato due posti sull'aereo... tutto pronto... basta solo una vostra conferma".
Ovviamente abbiamo preso la notizia come un segno del destino.
Lascio a wikipedia la descrizione del Bhutan, mi limito a scrivere i pochi dati che avevano catturato la nostra attenzione:
- Posizionato sull'Himalaya fra India e Nepal (Leo eccitato).
- Culturalmente isolato dal mondo, unico paese che vive seguendo le antiche tradizioni (Leo e Virgi eccitati).
- Unico paese al mondo che vive seguendo i dettami del Bhuddismo (Leo eccitatissimo).
- Paese dove d'inverno vanno a svernare le rarissime "Gru dal collo nero" (Virgi eccitatissima).
- Percorsi di trekking misti a percorsi spirituali verso e nei templi (Leo e Virgi eccitatissimi).
- Sport nazionale: il tiro con l'arco (piacevole facezia).


In preda alla felicità era l'ora di reperire l'attrezzatura.
Descrivo anche questa fase perchè per il viaggiatore provetto è parte integrante del viaggio.
Si trattava di fare dell'escursionismo sull Himalaya ad altitudini, in alcuni casi, vicine ai 4000; si prospettava tempo variabile passando dai soleggiati 15°C agli innevati picchi a -5°C passando per gli umidi pantani a 5°C.
Due oggetti erano importanti: giacche e scarponi. Per quelli non abbiamo badato a spese.
Da anni le scarpe estive da trekking North Face (comprate per il viaggio in Namibia) accompagnavano le nostre avventure con affidabilità e comodità, così ci trovammo nel negozio North face di Torino a prendere scarponcini e giacche tecniche.
Mai acquisto fu più azzeccato: le scarpe hanno effettivamente retto al caldo, al fango, alla neve, ai viaggi in aereo senza stress per i nostri piedi e la stessa cosa si può dire delle giacche.
Per il restante materiale ce ne siamo andati al Decathlon dove avevamo già preso i nostri pantaloni estivi da Viaggio (sempre in occasione della Namibia) ed i nostri zaini da montanga.
Allego una lista del materiale davvero utile per un viaggio come questo, informazione difficile da trovare su internet, quindi potrebbe essere anche utile come pura informazione tecnica:
- Scarponcini da montagna (nell'inverno buthanese si trovano tutti i tipi di terreno presenti sulla terra, tranne quello desertico).
- Giacche da montagna di quelle con la parte interna in piumino (asportabile all'occorrenza) e la parte esterna antipioggia ed antivento (vedi sopra).
- Calze tecniche da montagna (utili nel trekking, ma anche quando a -5° bisogna togliersi le scarpe per entrare nei templi più remoti.
- Pantaloni tecnici invernali da trekking (oltre a tenere calde le gambe si lavano e soprattutto si asciugano in un giorno, quindi si riduce il bagaglio).
- Pantaloni tecnici estivi (in certe valli, c'è il clima come a maggio in Italia).
- Maglie e sottocamicie tecniche in pile (il pile tiene caldo, non si tropiccia, si smacchia facilmente ed anche lui si lava ed asciuga in fretta).
- Torce elettriche a dinamo (utili per transitare la notte da un'edificio all'altro o nelle città che di notte sono senza illuminazione pubblica).
- Binocolo (andare sull'Himalaya e non portare un binocolo è follia).
- Macchina fotografica (vedi sopra).
- Integratori alimentari (nei momenti di fatica tornano utili).
- Medicine per apparato digerente, apparato respiratorio e lividi/tagli (in Buthan scarseggiano).
- Racchette da trekking (noi siamo partiti senza e non abbiamo avuto particolari problemi, ma in certi casi ci avrebbero fatto comodo).
Nel totale, il 31 dicembre mattina, siamo partiti con uno zaino ed una sacca da viaggio a testa.
Negli zaini c'erano documenti, guide, macchine fotografiche, videocamera, binocolo e medicine.
Nelle sacche c'erano gli indumenti... in ogni sacca un po' di roba mia ed un po' di roba di Virgi... idea geniale della Virgi che ci ha salvato la vacanza.

La compagnia aerea era la "Turkish Airline": errore n. 1.
Il piano di volo comprendeva: Milano-Istanbul poi Instanbul-Katmandu (Nepal) poi una sosta di un giorno e mezzo a Katmandù ed infine volo Katmandù-Paro (Bhutan).
Il tempo di coincidenza dei voli ad Istanbul era di poco più di un'ora: errore n. 2.

Appena saliti sull'aereo, il pilota ci comunicò che saremmo partiti con 50 minuti di ritardo poichè su Istambul nevicava e l'aereoporto era in tilt.
Considerando che sul Nord Italia non cadeva un fiocco di neve dall'anno prima l'ho presa sul ridere ed abbiamo pensato: "Abbiamo comunque tempo e poi la compagnia è la stessa, ci aspettano di sicuro" (errore n.3).
Arrivati sopra Istanbul, l'aereo ha cominciato a girare in cerchio sopra la città per quasi un'ora prima di avere lo spazio per atterrare.
All'atterraggio siamo partiti tutti di corsa con gli operatori che ci indicavano verso quale direzione correre.
C'era gente che doveva andare a Dubai, a Mumbai, a nuova Dheli ed altri in posti dai nomi sconosciuti... tutti a correre spintonandoci con lo stomaco parzialmente sottosopra per le turbolenze ed i giri in tondo dell'aereo, tutti con le palle girate per la disorganizzazione turca.
Arrivammo al gate che l'aereo era ovviamente partito.
Fummo i primi ad arrivare.
Dopo di noi (quando io avevo già finito il repertorio di bestemmie nelle principali 5 religioni) altre due coppie di italiani con destinazione Nepal.
Ci dissero che FORSE saremmo partiti 24 ore dopo (solo un volo al giorno per il Nepal),
ci dissero di andare al punto informazioni per essere alloggiati in un hotel locale in attesa di ripartire.
Fu così che noi 6 italiani iniziammo il nostro film post natalizio "Cazzo ho perso l'aereo".
Breve descrizione degli altri protagonisti.
Il viaggiatore incallito e la moglie dubbiosa:
Lui era, come noi, un drogato dei viaggi... non poteva pensare ad un'esistenza senza viaggi (e noi lo capivamo bene). Uomo di mondo che approfittava dei viaggi anche per praticare l'antica arte del baratto con gli autoctoni portandosi a casa senza spese dei favolosi souvenirs.
Lei molto più tranquilla e votata (in apparenza) a spiagge assolate e drink ghiacciati; molto piacevole e gentile, dubbiosa sul fatto che effettivamente ci fosse la SPA in quel sobborgo ficcato in mezzo alle montagne nepalesi, sempre però ben disposta alla pratica del viaggiare.
Gli avventurieri:
Lui era stato più di dieci volte in Nepal. Aveva fatto tutto il trekking possibile, visto il meglio ed il peggio del Nepal a partire dagli anni '70 quando gli hippies ci andavano per drogarsi come animali, passando per gli anni 80-90 quando i primi veri avventurieri europei andavano ad affrontare l'Himalaya (riempiendolo di pattume), fino ai giorni attuali dove con 10 euro si comprava un qualsiasi indumento tecnico di qualsiasi marca (ovviamente taroccato).
Lui aveva vissuto tutto questo ed amava il Nepal. Personaggio estremamente interessate. Un vero avventuriero, di quelli che bevono l'acqua dal gange senza morire di mille malattie, di quelli che escono in canotiera a -20°C senza prendere la polmonite, di quelli in grado di camminare per 16 ore facendo solo due pause per pisciare.
Con lui la sua compagna/moglie (non ho sviscerato il legame preciso, preferivo ascoltare le storie delle sue avventure in Nepal) che per la prima volta visitava il paese tanto amato dal compagno.
A prima vista era anche lei era una di quelle toste, mi dava l'impressione di poter uccidere un cobra a mani nude e poi cucinarlo su un fornello da campo alimentato a peli di uomo delle nevi. Non ha parlato molto e questo aumentava la sua aura di mistero e potenza.
Dopo due ore di coda al primo sportello, ci mandarono ad un'altro sportello dove facemmo altre due di coda per poi essere mandati al terzo sportello dove attendemmo per circa un'ora di venire caricati su di un bus ed essere portati all'hotel.
Arrivati all'albergo facemmo un'altra bella ora di coda per avere le camere (salutando durante l'attesa l'arrivo del 2015).
All'una e mezza di notte, dopo un'ora di attesa per un panino, potemmo sederci tutti sei ad un tavolo e pianificare come usare la giornata successiva in attesa del volo.
Si decise di sfruttare la mattinata per visitare Istanbul e rientrare per le 14.00 al fine di poter pranzare in albergo a spese della turkish Airline.

Dopo una piacevole dormita, Io e la Vigi ci siamo svegliati riposati, abbiamo fatto colazione e poi abbiamo atteso i nostri compagni di avventura della hall dell'albergo.
Tutti insieme abbiamo preso un Taxi e ci siamo diretti verso il centro della città.
Il tempo era orrendo: cielo plumbeo, vento forte e pioggerellina a tratti.
Nonostante il clima orrendo, la bellezza di Istambul è risultata indubbia.
La coda per entrare a S. Sofia od al Minareto era immensa, così seguimmo il consiglio del viaggiatore incallito ed andammo a visitare "Le cisterne".
Le cisterne sono in pratica degli immensi sotterranei dove un tempo era stipata l'acqua.
Un luogo a dir poco spettacolare, nonostante la massa di turisti.


Dopo il giro alle cisterne abbiamo fatto una pausa the e poi ci siamo diretti verso il gigantesco mercato coperto: il Gran Bazar.
Il Gran Bazar è immenso, una piccola città piena zeppa di negozi di ogni tipo e pieno zeppo di gente.
Bellissimi i lampadari tradizionali locali e gli strumenti etnici in vendita un po' ovunque. Il tempo passò davvero rapidamente ed arrivò l'ora di tornare in albergo.

Dopo un caldo pasto ristoratore ci ritirammo in camera per lavarci e riposarci (le valigie non ce le avevano consegnate, quindi potevamo solo lavarci e non cambiarci).

Alla sera il volo partì puntuale alla volta del Nepal.

All'arrivo in Nepal fui preso alla gola dall'odore del luogo.
Non so come mai, non mi era mai successo, ma l'odore dell'aria mi dava il voltastomaco.
Dopo tutte le procedure di ingresso ed il commiato dai nostri temporanei ompagni di viaggio, fu il momento di scoprire che solo una delle due valigie era arrivata... argh... dannata Turkish airline.
Dopo aver perso mezz'oretta a denunciare lo smarrimento del bagaglio siamo usciti dall'aereoporto dove ci aspettavano gli addetti dell'agenzia.
Ci avrebbero portati in albergo dove avremmo potuto cambiarci, riposarci per un paio di ore e poi ci avrebbero riportati all'aeroporto per volare finalmente verso il Bhutan.
Fortuna che la Virgi aveva diviso i vestiti fra le due valigie, infatti non avremmo potuto recuperare la valigia persa fino al ritorno in Nepal. Ci saremmo fatti bastare la metà dei vestiti portati a testa.
Arrivati in hotel ci lavammo, ci cambiammo e poi insieme si decise di uscire un paio di ore all'avventura.
Fu così che ci trovammo per le vie di Katmandù.
A Katmandù il traffico è indescrivibile: piccole auto posizionate sulla strada e spesso sui marciapiedi a casaccio in attesa di poter avanzare qualche metro.

Strade fangose in terra battuta, case letteralmente "tagliate a metà" per allargare la strada, cavi elettrici a penzoloni dai pali o direttamente a terra, nebbia di smog e suono continuo di clacson.

Riuscimmo a raggiungere il quartiere dei negozietti dove si poteva trovare ogni sorta di attrezzatura per il trekking a prezzi ridicoli.
Ovviamente si trattava di falsi, ma di falsi di qualità (come li dichiarava l'avventuriero).


Tornammo in albergo, arrivammo all'aeroporto e salimmo sull'aereo.

Sull'aereo la prima bella sorpresa: le hostes erano in abito tradizionale e di una gentilezza squisita.
Per un volo di 50 minuti ci furono forniti cibo e bevande.
Durante il volo potemmo ammirare l'Everest e la catena Himalaiana in generale (per chi facesse questo volo, prenotate all'andata i posti sulla sinistra dell'aereo).

L'aeroporto di Paro è inserito fra i 10 aeroporti più "difficili" al mondo poichè è letteralmente sovrastato dai picchi himalayani. Fino a poco tempo fa, solo 8 piloti in tutto il mondo avevano l'autorizzazione per l'atterraggio, che richiede un vero e proprio slalom tra le vette prima di arrivare in vista dello scalo.

All'aereoporto trovammo la nostra guida ed il nostro autista.
Saliti in auto fummo aggrediti dalla stanchezza.
Ci aspettavano ancora quasi due ore di macchina per arrivare a Thimphu, la capitale del Bhutan.
Ci addormentammo in auto e ci svegliammo giusto in tempo per l'arrivo in hotel.
La guida ci prenotò la cena all'hotel e ci disse che ci sarebbe venuto a prendere il giorno successivo alle 9.00 del mattino.
L'hotel era bellissimo e la camera davvero confortevole.
Dopo esserci rimessi in sesto scendemmo nella zona di ristoro per la cena.

In Bhutan il cibo è ottimo, ma poco vario e quasi sempre piccante... cosa che io adoravo, ma che piaceva meno alla Virgi che mal tollera il piccante.
In Bhutan si mangia a buffet oppure, in caso di poche persone presenti, vengono portati dei piatti sul tavolo dai quali poi i commensali si servono.
Durante il pasto si è soliti bere the caldo ed a fine pasto viene portato un mandarino (od almeno a noi hanno sempre portato quello a fine pasto).
La carne è poca, ma presente... di pollo o di vitello, no maiale od altri animali.
Al posto del pane viene fornita specie di focaccia fatta in forno non lievitata molto buona.
Al posto delle patatine fritte vengono serviti dei peperoncini spesso accompagnati da salsa di formaggio.
E' facile trovare birra ed altre bevande occidentali, ma vanno chieste in modo specifico come anche l'acqua... impossibile trovare del vino.
Quella sera abbiamo gustato un'ottima zuppa piccante di verdure, dell'altrettanto ottimo stufato, peperoncini, vari altri piatti di verdura ed un'ottima torta al cioccolato... uno dei pochi dolci che ci è stato possibile gustare in Bhutan.
L'atmosfera era molto calda ed accogliente.
L'Hotel in cui soggiornavamo era per gli occidentali anche se le architetture (interne ed esterne) erano squisitamente bhutanesi.
L'atmosfera era davvero piacevole: c'era un gruppo musicale acustico composto da ragazzini del luogo che si esibiva in standard occidentali (dai Beatles ad Hotis Redding), i profumi del cibo e l'arredamento molto "legnoso" davano un senso di calore.
Tutto era molto placido e rilassante, compresa la cadenza della parlata inglese del personale.
Dopo cena avrei voluto gustarmi un whiskey ascoltando un po' di musica dal vivo, ma eravamo tutti e due troppo stanchi e così abbiamo deciso di andare a dormire per essere in massima forma il giorno successivo.

La prima notte in Bhutan è stata all'insegna dei latrati delle centinaia di cani che girovagano per le vie delle città.
I cani randagi (randagi, ma vaccinati e controllati dallo stato) sono una delle caratteristiche del Bhutan.
Vivono in mezzo alla gente come se fossero cani domestici di proprietà di qualcuno, ma in realtà sono randagi o meglio: "cani liberi".
A volte decidono di seguire qualcuno nel suo peregrinare per le strade, altre volte chiedono una carezza... sono molto discreti... tranne la notte dove abbaiano, ululano, giocano e combattono facendo un rumore pazzesco.
La cosa strana e che ci si abitua molto in fretta a questo baccano... come se fosse una cosa naturale.
Quella notte la stanchezza ci aiutò ad ignorare i cani... poi ci vollero comunque un paio di notti per abituarci.

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