venerdì 16 marzo 2012

Gudu's Namibian experience - Parte nona

Il 3 settembre 2011, poco dopo l'alba eravamo già all'ingresso del parco Etosha.
Ci stupì il fatto che subito dopo i cancelli, iniziana un tratto di strada asfaltato che si concludeva qualche chilometro dopo nell'avamposto di Akaukuejo.
Strerrato - 10 Km di asfalto - sterrato... stranissimo.
Appena entrati nel parco, ancora sul tratto asfaltato, incontriamo subito un branco di zebre che attraversava la strada con tranquillità. Erano le mie prime zebre... in effetti ne avevo giù gustato la carne un paio di giorni prima... diciamo che erano le prime zebre vive ed allo stato brado che vedevo.
Dopo almeno 50 zebre e 30 foto della Vigi, potemmo ripartire, per poi fermarci un chilometro dopo per ammirare un albero colonizzato dagli avvoltoi; i miei primi avvoltoi.
Delle zebre mi colpì la loro aria un po' ebete (ecco cosa aveva ispirato la faccia da pirla della zebra del cartone disney Madagascar), mentre degli avvoltoi mi colpì il becco... non so perchè.
La giornata iniziava bene: tanti animali facilmente visibili.
Arrivati ad Akaukuejo, ci fermammo per acquistare una pianta del parco, dell'acqua e dare un'occhiata all'oggettistica per i turisti in quanto era ora di cominciare a pensare a chi era rimasto in Italia.
Dopo lo stop, decidemmo di dedicare la mattinata a visitare la zona Est del parco per poi andare ad Ovest nel pomeriggio, in direzione del Lodge prenotato per notte che era dal lato opposto del parco appena dopo i cancelli di uscita.
Non c'era molta gente sulle strade (che erano ritornate sterrate); c'era una bella atmosfera selvaggia ed io ero ansioso di incontrare nuovi animali.
La zona ad Est era molto arida e pianeggiante, una sorta di pre-antipasto del deserto del Namib. Guidavamo piano alzando poca polvere e fermandoci spesso ad osservare Sprinbok che combattevano, qualche raro Orice e molti volatili fra cui dei bellissimi falchi.
Arrivati alla prima pozza, trovammo solamente qualche erbivoro e così decidemmo di spingerci ancora più ad Est, dove era segnalata una zona ricca di alberi, in cerca di elefanti, giraffe e, perchè no, qualche felino.
Tutte le nostre ricerche furono vane. Analizzammo ogni albero in cerca di leopardi appollaiati sui rami, scrutammo in ogni agglomerato erboso in cerca di ghepardi o leoni e consumammo il binocolo in cerca di rinoceronti od elefanti.
Col passare del tempo la temperatura si era alzata di molto ed il sole era impietoso; cominciammo a vedere erbivori fermi immobili cercando di cogliere l'ombra di magre acace ed i volatili sparirono del tutto.
Essendo io amante delle atmosfere desolate, mi guardavo intorno godendomi i giochi di ombre e colori che l'altipiano ci regalava, ma ammetto che il mio desiderio più grande era quello di vedere degli animali.
Verso l'ora di pranzo tornammo ad Akaukejo per pranzare presso l'unico self-service presente. C'era poca gente e la scelta era minima, ma non eravamo andati in Africa per mangiare e poi la carne era sempre presente e quindi non si moriva di fame.
Durante il pranzo cominciai a sentire strani movimenti intestinali. Poco dopo i movimenti diventarono spasmi e poco dopo ancora ero chiuso nel bagno pubblico dell'avamposto a perdere preziosi liquidi.
Prima di partire il mio grande amico Cristian (fisarmonicista della formazione acustica Bi-Folk nella quale suono, www.bifolk.altervista.org) mi disse: "Quando prendi un virus intestinale tropicale, pisci dal culo".
Devo dire che la descrizione era semplice, ma esauriente: pisciavo letteralmente dal culo, non avevo mai provato una cosa simile. Nei bagni vicino a me, altri fortunati portatori di virus emettevano rumori ed odori... alcuni anche grugniti... era un bel concerto... se quei bagni potessero parlare, probabilmente chiederebbero di essere abbattuti.
Una cosa ci tengo a specificare: ero sul fondo dell'Africa, in un'avamposto di un parco ed i bagni erano pulitissimi e perfettamente areati. Forse nei periodi di maggiore flusso turistico sarebbero stati sovraffollati, sporchi e puzzolenti, ma in quel momento erano ben ventilati, puliti e senza code all'ingresso (per fortuna).
Dovemmo fermarci per due ore all'avamposto. Fortunatamente c'era una pozza frenquentata da vari animali e così potemmo gustarci vari erbivori e degli elefanti che si facevano il bagno.
Ogni venti munuti dovevo correre in bagno e fermarmici un po' di tempo. Ad una delle mie "gite-WC", uscendo dai bagni, vidi un pullman fermarsi ed una signora scendere e correre verso i bagni tenendosi una mano sul culo... l'incubo di ogni persona con la dissenteria "dover cagare ed essere in un parco con animali feroci dove non si può scendere se non nelle aree preposte".
Ci volle un po' di tempo e tanti "Imodium" per bloccare il flusso di acqua dal mio culo, ma quando le mie gite al bagno diventarono più rare, ripartimmo... anche perchè entro sera dovevamo arrivare dall'altra parte del parco e c'erano 100 Km di strada sterrata d apercorrere.
Appena usciti da Akaukuejo facemmo subito un incontro non così usuale: un immenso lucertolone che ci attraversò la strada senza degnarci di uno sguardo.
Questo ci mise di buon umore, io ero distrutto dalla perdita di liquidi e dalle due ore di spasmi... ciò nonostante mi godevo l'avventura.
Arrivati alla pozza in direzione di Namutoni vidi il mio primo leone. Era un esemplare giovane e se ne stava sdraiato all'ombra di un acacia. Riuscimmo ad avvicinare la nostra auto fino a pochi metri dall'albero e lo osservammo e fotografammo a lungo... fu una bella emozione.
Alla seconda pozza ebbi l'occasione di vedere un gruppo di giraffe abbeverarsi.
Le giraffe sono estremamente vulnerabili quando bevono e così c'è sempre un esemplare che scruta l'orizzonte dall'alto, pronta a dare l'allarme in caso di avvistamento di felini mentre gli altri esemplari bevono. Anche gli altri erbivori, approfittano di questa sentinella e così in egenre si raduna un grande numero adi animali ttorno alle giraffe che si dissetano.
Grazie a questo fattore (il "Giraff factor"), ebbi l'occasione di vedere i miei primi facoceri.
Dopo la seconda pozza ebbi la necessità di svuotare nuovamente l'intestino e dovetti accontentarmi di usare i bagni delle zone di sosta disseminate sul tracciato a circa 30 Km una dall'altra.
Lo stato di questi bagni è indescrivibile. Innanzitutto non sono in zone protette e recintate come descritto nei depliant, ma in zone di facile accesso per qualsiasi animale... giusto per capire cosa prova uno gnu quando caga.
Sono un semplice buco nel terreno con una casupola intorno. Prima di me erano passate molte altre persone... c'era merda dappertutto: sul water, per terra, sui muri... non sapevo se vomitare o cagare. Espletai rapidamente i miei bisogni e poi tornai in auto.
L'ora si faceva tarda e rischiavamo di rimanere chiusi nel parco, così tirammo dritto in direzione di Namutoni, senza fare più fermate alle pozze.
Io mi sentivo sempre più debole, ma mi godevo quegli stupendi paesaggi.
L'Etosha pan (vedere wikipedia se non sapete cos'è) era pieno d'acqua ed era uno spettacolo bellissimo: una distesa azzurra e placida circondata da alberi (i primi verdeggianti che vedevo) e ricca di animali lungo i suoi margini.
Il tempo passava e c'era l'effettivo rischio di rimanere chiusi nel parco.
Virginia guidava veloce, ma dovevamo spesso fermarci per l'attraversamento di Zebre, Giraffe, Dik-dik, Springbok, Orici, Scoiattoli, Rettili vari ed una marea di Elefanti che sembrava aspettasero noi per attraversare la strada.
In pratica tutti gli animali che non erevamo riusciti a vedere la mattina, ci attraversavano la strada in massa per raggiungere il pan.
La sera è l'ora migliore per vedere gli animali e noi non potemmo goderceli, anzi, diventarono un impiccio.
Riuscimmo a raggiungere i cancelli dieci minuti prima della chiusura.
Un'ora dopo arrivammo al lodge.
L' "Onguma Bush Camp" era un bellissimo complesso di capanne attorno ad una pozza, ogni capanna era pulita, spaziosa e dotata di confort; il ristorante era a palafitta direttamente sulla pozza ed il profumo preannunciama ottimo cibo.
Arrivato in camera mi lasciai cadere sul letto e dopo aver estratto il termometro dalla mia ascella scoprii di avere la febbre a 40. Lasciai a Virginia il piacere della cena "vista pozza" e mi limitati a farmi portare un the in camera.
Dopo il the e le medicine cercai di prendere sonno, ma tutto il mio apparato digestivo si contorceva in modo nettamente doloroso... alla fine riuscii ad addormentarmi e dormii così duro da non sentire le guide che in piena notte ci avvertivano della presenza di predatori alla pozza... era la seconda comparsata di predatori che mi perdevo... sigh.

venerdì 9 marzo 2012

Gudu's Namibian experience - Parte ottava

La mattina del 2 settembre 2011 ci siamo svegliati spontaneamente prima della sveglia a causa del rumoreggiare degli uccelli... un modo bellissimo per svegliarsi.
Solita colazione continentale per la Vigi ed all'italiana per me e poi subito sul fuoristrada.
Mentre caricavo i bagagli sul fuoristrada mi si avvicinò un ragazzotto allampanato e mi chiese in che direzione eravamo diretti. Dopo aver scoperto che eravamo diretti a Khorixas, mi chiese un passaggio.
A questo punte urge fare una premessa: in Namibia è consuetudine, per chi non possiede un'auto o non ha voglia di usarla, posizionarsi sul ciglio della strada ed attendere che qualcuno si fermi.
Gli abitanti del luogo non necessitano nemmeno di un cenno; se vedono qualcuno sul ciglio, si fermano e lo caricano. Un pick-up (mezzo più utilizzato in namibia, soprattutto quelli ricavati da modelli non fuoristrada) è da considerarsi pieno quando non c'è nemmeno più spazio per un bambino in braccio ad un adulto.
In Namibia non esistono i rapinatori od i maniaci da autostop. In Namibia, se necessiti di un passaggio, il primo che passa si ferma e ti carica... se buchi una gomma, il primo che passa si ferma ad aiutarti... questo vale sia per i bianchi che per i neri. L'integrazione in namibia è pressochè perfetta anche se esiste ancora un certo divario di ricchezza fra bianchi e neri.
Nulla di strano e di preoccupante quindi nella richiesta del giovane namibiano.
Nonostante questo, fin dal primo chilometro mi sentii agitato e quasi in pericolo.
Il Namibiano era molto gentile e ci indicava le strade ad ogni incrocio e per il resto del tempo ascoltava musica afro-tecno col suo telefono cellulare.
Io ero tesissimo... 97 Km di sterrato equivalenti ad un'ora e mezza passati in stato di ansia ed angoscia.
Arrivati a Khorixas, ci siamo fermato alla stazione di servizio per fare rifornimento; il ragazzo è sceso, ci ha ringraziati, ci ha benedetti come tradizione e se ne è andato per la sua strada.
Dapprima mi son vergognato di me stesso, poi mi sono ricordato che a Torino anche dare un passaggio ad una bambina dell'asilo poteva significare essere rapinati o cose anche peggiori.
A questo punto la vergogna ha ceduto il posto alla tristezza. Il pensiero che l'umanità si stava riducendo così, mi mise addosso una tristezza incredibile.
A Torino potevi morire per strada senza che nessuno si fermasse per aiutarti, potevano ucciderti, rapinarti, stuprarti in mezzo alla gente senza che nessuno muovesse un dito.
I torinesi... ggggente dabbbbbene... con i loro cioccolatini e la crema alcolica al cioccolato... terrorizzati ed incapaci di un atto di umanità.
Non era l'umanità a cui volevo appartenere.
Io volevo appartenere all'umanità che non ha mai abbastanza fretta da evitare di dedicare un'ora per aiutare l'autista di un'auto in panne, l'umanità che risponde quando la si chiama per strada, l'umanità che non vive nell'indifferenza.
Dopo questa breve parentesi abbiamo continuato il nostro viaggio in direzione del parco Etosha.
Arrivammo all'Eagle Tented camp poco dopo l'ora di pranzo.
Il campo tendato era ultra lussuoso con tanto di spa, zona relax, coktail bar, ristorante di alta cucina e perfino vasca in stile coloniale sulla veranda per farsi il bagno immersi nella natura.
Eravamo fuori dai soliti cicli turistici ed in tutta la struttura c'eravamo solo noi ed un'altra coppia di tedeschi.
Subito ci siamo fatti un Gin Tonic nell'area relax e poi siamo riusciti a recuperare due panini di carne indefinita dalla cucina del ristorante.
Il pomeriggio è stato noiosetto. Dovevamo attendere le 16.00 per il game drive nella riserva privata del campo e non c'erano altre cose da fare.
Io cominciai ad osservare le colline attorno a noi con il binocolo, poi i molteplici uccelli sugli alberi attorno al nostro tendato e poi decisi di leggere qualche passo del mio libro sul blues.
La Virgi "schiumava": donna ipertattiva bloccata in un tendato con un uomo che legge tranquillo. Fortunamente è arrivata in fretta (per me) l'ora del game drive.
La riserva era famosa poichè ospitava una importante colonia di rinoceronti.
Girammo per tutta la riserva fino a buio calato sperando di avvistare qualche "rhino", ma non ci fu nulla da fare; molti erbivosi, ma nessun altro animale.
A salvare la serata il tipico aperitivo africano.
Al ritorno dal game drive, io e la Vigi ci tuffammo sul letto giocosi facendoci il solletico e poi restammo abbracciati a lungo... mi stavo godendo l'atmosfera pacata quando, alzando gli occhi lo vidi.
Fermo sul lato interno della zanzariera, grosso, colorato, minaccioso... un ragno di cinematografica memoria.
Sollevai Virgi di peso e saltai fuori dal letto posandola su di una sedia e poi mi avvicinai per osservare meglio. Era uno di quei ragnacci che si vedono nei film tipo "Indiana Jhones"; non pensavo che fossero presenti anche nelle zone desertiche.
Ero molto intimorito, ma dovevo fare qualcosa.
Ogni tanto, quando si guarda un film horror, ci si chiede come mai i protagonisti siano così idioti da agevolare costantemente la morte nel suo sporco mestiere.
Se qualcuno avesse visto me, si sarebbe fatto la stessa domanda.
Armato di una rivista, andai all'attacco dell'aracnide.
Che uomo coraggioso! No! Che uomo pirla!
Innanzitutto il ragno era sulla zanzariera, quindi su di una superfice mobile e non rigida... poi era in una posizione sopraelevata rispetto a me... e poi aveva 8 occhi che gli permettevano di vedere in tutte le direzioni.
Mi lanciai sul nemico. Lui schivò il colpo e sfruttò l'elasticità della zanzariera per spiccare un salto sulla mia gamba e poi dalla mia gamba al letto; poi si infilò nel solco fra i due materassi.
Emisi un orlo femmineo e poi cominciai a strepitare "Ce l'ho sulla gamba! Ce l'ho sulla gambaaaaaaaaa"... dopo qualche secondo di follia, non sentendo il dolore del morso, mi ripresi acquisendo dalla Virgi (che aveva uno sguardo descrivibile solo così: " -___- ") la notizia del nuovo nascondiglio del ragno.
Oramai ero fuori di testa. Non ero mai stato aracnofobico, non ho mai amato i ragni, ma non sono mai stato nemmeno un amante degli insetti... e quello era un insetto maledettamente grosso, colorato e minaccioso.
Mi posizionai immobile su di una sedia e non mi mossi più.
Andando a cena, la Vigi (facendo finta di essere lei terrorizzata) chiese al gestore del campo di rimuovere lo sgradito ospite... insistendo quando il tizio le assicurò che non c'erano ragni velenosi in zona.
La cena era di alta qualità: non c'era il solito buffet che tanto amavo, ma una scelta di solo due portate per ogni tipologia di piatto... tutti piatti ricercati.
Non ricordo nulla della cena perchè ero ancora fuori di testa per il ragnazzo.
Al rientro nel tendato, non vedemmo più il ragno colorato, ma parecchi altri grossi ragni neri su tutte le pareti... fottuti campi tendati!
La notte passò praticamente in bianco. Ci perdemmo pure l'inseguimento dei felini in mezzo ai tendati per paura di uscire dalla "zona zanzariera".
Ora ricordo quasi con divertimento questa disavventura, ma quella notte fu veramente tragica.
La mattina seguente, prima che si levasse il sole, eravamo pronti alla partenza.

lunedì 5 marzo 2012

Gudu's Namibian experience - Parte settima

La sveglia dell'ottavo giorno (1 settembre 2011) è suonata poco dopo all'alba.
Poco dopo le sei del mattino gli uccelli già rumoreggiavano nei cespugli secchi e coloratissime lucertole si godevano il sole immobili sulle pietre.
L'aria era tiepida e dal loggiato su cui facevamo colazione la vista era spettacolare.
La Vigi era dedita ad una colazione continentale: uova, salsiccia e spremuta d'arancia; a quell'ora il solo sentirne l'odore mi dava la nausea e mi attenni alla mia classica colazione con te, croissant, marmellata e frutta.
Durante la colazione abbiamo incontrato "il nostro amico" e la sua guida. Parlando, abbiamo scoperto che avevamo lo stesso programma per la mattinata ovvero la visita alla foresta pietrificata.
La guida ci ha spiegato che ci sono molte foreste pietrificate, ma solo una è quella vera ed ufficiale e ci ha consigliato di seguire la sua auto.
Dopo mezz'ora eravamo sulla strada cercando di stare dietro alla guida che, da vera esperta, guidava a velocità per noi folli sulle strade sterrate e dissestate del Damaraland.
La prima cosa che ho notato del Damaraland è stata la notevole diminuzione di animali selvatici in contrapposizione all'aumento dell'attività umana.
Dopo circa 40 minuti di inseguimento, siamo finalmente arrivati alla vera foresta pietrificata. In effetti è stat auna fortuna poter seguire la guida, altrimenti ci saremmo persi in mezzo ai mille cartelli di "Petrified forest".
Abbiamo deciso di fare gruppo insieme ed avvalerci dei servizi di una guida locale ed abbiamo visitato la foresta. Trattasi di tronchi fossilizzati e diventati pietra; interessanti da vedere, ma niente di più.
Dopo la visita, abbiamo salutato i nostri compagni di viaggio temporanei, che si sarebbero mossi in direzione della capitale, ed abbiamo diretto le ruote del nostro Toyota verso le montagne bruciate.
Le montagne bruciate erano colline completamente annerite... non si sa da cosa.
Dopo le montagne bruciate abbiamo visitato le "organ pipes" canne di basalto di origine naturale dalla forma incredibilmente simile a canne di organo.
Dopo le Organ pipes, girando praticamente a caso, siamo arrivati nella zona delle pitture rupestri e, guidati da un'ennesima guida, abbiamo visitato anche quelle.
La zona del Damaraland non ha in verità grandi attrattive se non il Damaraland stesso. Il fascino selvaggio di questa regione meritava davvero la pena di essere ammirato. Gli alberi secchi, l'erba ingiallita, le strade polverose, i letti dei fiumi secchi donavano a questa zona un fascino ancestrale nel quale si inserivano alla perfezione gli ambiti rurali delle popolazioni autoctone.
Siamo tornati al lodge per pranzo poichè alle 15.00 avremmo partecipato ad una delle famose spedizioni alla ricerca degli elefanti della sabbia... motivo per il quale ci eravamo fermati così a lungo nel Damaraland.
Bisogna dire che io e la Vigi siamo molto più interessati al fattore naturalistico nei nostri viaggi e molto meno a quello umano... in questo viaggio abbiamo visitato quasi tutta la Namibia, ma abbiamo tralasciato tutte le visite ai villaggi ed alle "cose umanistiche" cercando invece di godere di ogni possibile esperienza inerente animali e natura.
Alle 15.00 eravamo pronti alla spedizione, eccitati come ad ogni spedizione e con macchina fotografica, videocamera e binocolo pronti.
La nostra guida era un bianco fra i 63 ed i 67 anni, sguardo fiero, capelli e lunga barba bianca e cappello da esploratore.
Ci ha subito anticipato che non c'era certezza di trovare gli elefanti della sabbia, ma che c'erano buone probabilità di avvistarli poichè si muovevano poco a causa di un cucciolo nato da poco.
Il tizio, che io e la Vigi abbiamo classificato subito come un "Duro e puro", ci ha fatti salire su di un camion in stile militare e poi è partito a tutta velocità.
Dopo qualche chilometro ha lasciato la strada principale per seguire dei sentieri stretti ed impervi.
Mentre guidava su sentieri che spesso rischiavano di far ribaltare il camion (con nostro grande spavento e divertimento), il duro e puro chiacchierava e rideva amabilmente raccontando aneddoti sul luogo e sugli elefanti della sabbia. L'amore per la Namibia trapelava da ogni sua parola e dal piacere dei suoi occhi nel godere quel paesaggio che ben conosceva... un duro e puro.
Dopo aver incontrato un locale che aveva avvistato gli elefanti, abbiamo deviato su sentieri ancora più impervi.
Io e la Vigi ci divertivamo come pazzi; accanto a noi un inglese rideva ad ogni "quasi ribalamento" e ci ripeteva in inglese "E' la seconda volta che partecipo, avete capito perchè? E' divertentissimo!". Le altre persone sul camion erano nettamente più preoccupate, ma al ritorno avrebbero raccontato con orgoglio di quella spedizione.
Una cosa che ho notato durante il viaggio e che eravamo praticamente gli unici turisti sotto i 35 anni presenti in tutta la Namibia... noi e la coppia giapponese che avevamo incontrato a a Sandwitch harbour... penso fosse dovuto al costo del viaggio... io e la Vigi abbiamo fatto grandi sacrifici per poterci permettere quell'avventura... ma ne è valsa la pena... i migliori soldi mai spesi insieme all'acquisto della mia testata Mesa Boogie, la mia chitarra elettrica JEM, la mia chitarra acustica Taylor e la mia moto.
Dopo circa mezz'ora arrivammo ad un piccolo e poverissimo villaggio composto da circa cinque edifici (di cui uno crollato) ed una cisterna d'acqua... cisterna che il gruppo di elefanti stava sfruttando per dissetarsi.
Il duro e puro e sceso dal camion ed ha portato ai poverissimi abitanti del villaggio uno scatolone di provviste... un gesto così "umano" da emozionarmi... un bianco che scende da un camion militare e porta del cibo a dei namibiani poverissimi senza chiedergli nulla in cambio e senza chiedergli di cambiare le loro abitudini o le loro credenze... questa è la vera umanità... le braccia che aiutano, sono più utili delle bocche che pregano diceva qualcuno.
Dopo la sosta ci siamo appostati ad una ventina di metri dagli elefanti che si abbeveravano. Il silenzio dell'Africa, quell'atmosfera surreale in cui si poteva sentire a venti metri il rumore degli elefanti che masticano.
Osservavo gli elefanti col binocolo per godere di ogni sfaccettatura.
Degli elefanti mi ha colpito la tranquillità del movimento e gli occhi, quegli occhi pacifici e sereni... quasi ieratici... si ieratici è la parola giusta... mi ricordavano gli occhi delle statue greche.
Gli elefanti, forse antichi dei incarnotisi nei corpi di giganteschi animali.
Dopo qualche minuto gli elefanti se ne sono andati e siamo potuti scendere dal camion per una sosta "bibita/pipì".
Dopo la sosta abbiamo nuovamente raggiunto i nostri amici pachidermi per osservare il loro lento incedere e nutrirsi. Un'infinita pace e calma nei loro movimenti: qualche passo, l'ammirazione (così mi è sembrato) per quello che avevano intorno e poi l'afferrare un ramo per nutrirsi.
Ci siamo avvicinati tantissimo, eravamo proprio vicini, non saprei dire quanto vicini, ma così vicini da sentirli non solo masticare, ma anche respirare.
Eravamo in quel luogo surreale quasi in mezzo agli elefanti, tutti in silenzio... venti essere umani in silenzio: miracolo uno... venti esseri umani in pace: miracolo due... venti essere umani in ammirazione della natura: miracolo tre.
Virginia scattava foto su foto affascinata dalla situazione, io osservavo il branco tentando di coglierne il comportamento: cercavo di capire chi era la sentinella, chi sceglieva il percorso e poi osservavo come il cucciolo era sempre tenuto nel mezzo fra due adulti; totalmente protetto.
Dopo una ventina di minuti il vento probabilmente è cambiato ed un esemplare enorme ha cominciato a muoversi rapido verso di noi agitando le orecchie... ecco qual'era la sentinella.
Il duro è puro ha acceso rapido il camion ed è fuggito attraverso il letto di un fiume in secca poichè l'elefante sentinella ci impediva di tornare sui nostri passi.
Fuggire da un elefante ha dato non poche emozioni a tutti, come anche i vari tentativi di tornare sul sentiero principale.
Al ritorno ci siamo fermati sulla punta di una montagna bruciata.
Era il tramonto, un bellissimo tramonto africano e la nostra guida ha tirato fuori un vino Namibiano prodotto in zona per un aperitivo campestre.

Un altro aperitivo al tramonto... non mi stufavo mai dei tramonti e nemmeno degli aperitivi. Ogni tramonto era diverso dall'altro e di una bellezza troppo bella per essere descritta con le parole. Potrei arrivare a dire che un solo tramonto Namibiano valga il viaggio.

Siamo rientrati al lodge che era già buoio... doccia, riposino e poi a cena.
La cena è stata pantagruelica come la sera prima ed allietata anche questa volta dai canti.
La sera a letto presto... forse ubriaco o forse no... non ricordo... di sicuro ero felice.

giovedì 1 marzo 2012

Gudu's Namibian experience - Parte sesta

Il settimo giorno ci siamo svegliati intorno alle 7.00, abbiamo fatto una placida colazione e poi, dopo saluti commoventi e molti ringraziamenti alla "Serenissima", ci siamo diretti alla "Orange Outback": agenzia che organizzava spedizioni nel deserto con i quad.
L'idea originale era quella di partecipare ad una spedizione nel deserto e poi fare "Sand surfing" ovvero surf sulle dune. Purtroppo ci mancava il tempo e così decidemmo per una spedizione in quad.
Appena entrati nella reception dell'agenzia vedemmo decide di foto di Brand Pitt ed Angelina Jolie che spesso si erano serviti della suddetta agenzia per le loro gite nel deserto.
Eravamo riusciti a prenotare una spedizione di primissima mattina, fuori dagli orari standard, grazie all'intercessione della prorietaria del B&B la sirenetta (La serenissima); nell'agenzia c'eravamo solo noi.
Dopo aver firmato tutta una serie di documenti che dereponsabilizzavano l'agenzia, la nostra guida ci ha prelevati e ci ha portati all'esterno per il breathing inerente la guida dei quad.
Ero molto emozionato, uno dei miei più grandi sogni era sempre stato quello di guidare un quad nel mezzo del deserto; anche la Vigi era molto eccitata, nonostante avesse già fatto un'esperienza simile in altri viaggi.
Era una mattinata splendida, il cielo era terso ed il deserto era di fronte a noi in tutta la sua immensità.
Per i primi 10 minuti, il capo-spedizione ha avuto una guida tranquilla, poi si è fermato e ci ha spiegato che per superare le dune più alte bisognava in pratica lanciarsi su di esse a massima velocità senza esitazioni... un rallentamento nei pressi della cima per paura del salto avrebbe avuto come conseguenza il rimanere bloccati nella sabbia e probabilmente ribaltarsi all'indietro.
Preoccupato per la Vigi, la feci passare in seconda posizione in modo che se fosse caduta o ribaltata io avrei potuto soccorrerla.
Vigi, nonostante fosse una donna, si era sempre dimostrata un'ottima guidatrice, sia in città che nel deserto con la 4x4, ma io ero protettivo.
Dopo la spiegazione, la guida si è lanciata a tutta velocità sulla prima duna.
Vigi attese qualche secondo per avere la giusta distanza di sicurezza e poi senza indugio, diede fondo all'acceleratore lanciandosi anche lei in direzione della duna.
Dopo aver atteso anche io i canonici secondi ho dato gas e mi sono lanciato in direzione della duna.
Mentre mia vvicinavo, vidi Vigi superare indenne la cresta della duna e sparire dalla parte opposta.
La cosa paurosa nello sdunare e che non si sa cosa c'è al di là della cresta, può esserci un altopiano, uppure una discesa scoscesissima... nel momento esatto in cui si raggiunge la sommità, sarà necessario reagire rapidamente ed adeguatamente allo scenario che si incontrarà.
Ovviamente la guida non avrebbe iniziato con una duna difficile, la guida conosceva il deserto come le sue dita, la guida ci avrebbe fatto avanzare per gradi fino alle dune più difficili... però in fondo eravamo in Africa, dove si fa meno attenzione all'anti-infortunistica... e stavamo guidando dei quad nel deserto con espressa richiesta di avere una spedizione avventurosa, attività richiesta da pochi e che ha implicita nel suo essere un amore per il pericolo.
In preda a questi pensieri, diminuii leggermente la pressione sull'acceleratore... solo per qualche secondo... ma fu quasi sufficiente a farmi rimanere bloccato.
La guida aveva scelto una duna scoscesissima in modo che il quad arrivasse in punta a velocità ridotta e non facesse il salto... un modo intelligente per capire se eravamo in grado di effettuare manovre più estreme e per farci capire il comportamento della sabbia sotto le ruote dei quad.
Riuscii per un pelo a superare la duna... ma proprio per un pelo.
La guida e Vigi erano già lontani e stavano facendo delle curve a parabolica su altissime e scoscesissime dune.
Mi lanciai al loro inseguimento un po' umiliato per essermi quasi piantato nella sabbia ed un po' impaurito di essere stato lasciato indietro.
Quando arrivai sulla prima parabolica, capii che queste curvone sembravano semplici da affrontare a guardare gli altri, ma non lo erano. Rischiai di ribaltarmi nelle prime tre curve e fui costretto di nuovo a rallentare; intanto il casco di Vigi spariva dientro l'ennesima duna ed a me non restava che seguire le tracce lasciate dal suo quad.
Dopo un paio di affannose dune, trovai i miei compagni di spedizione quasi fermi per aspettarmi; feci segno alla guida che era tutto ok e mi misi in coda.
Col tempo mi abituai alla guida e lasciai da parte le tensioni divertendomi come un pazzo.
Guidare il quad nel deserto è stato davvero emozionante, la tensione nell'affrontare le manovre, ma anche la sensazione del deserto che ti avvolge e del tuo guidare che sparisce nell'immensità di tutta quella sabbia.
A metà della spedizione abbiamo fatto una sosta, bevuto una bibita e scattato qualche foto. In Namibia, ad ogni spedizione, ad ogni gita, ad ogni safari organizzato arrivava il momento della bevuta.
Quella volta, essendo mattina, non era disponibile il gin-tonic e così ci accontentammo di una bibita gassata.



Dopo la pausa, ci siamo mossi in direzione dell'agenzia, seguendo un'altro percorso e dopo alcune discese da brivido, siamo tornati a Swakopmund.
Dopo i saluti e le mance (molto sontuose per la guida), siamo partiti alla volta di Twyfelfontein.
Dopo un'oretta di noiosissima strada asfaltata vista mare, ci siamo fermati in un avamposto in mezzo al nulla per comprare del cibo per il pranzo.
L'avamposto (è il termine corretto) era un capannone che avrebbe voluto imitare uno dei nostri centri commerciali, solo che era completamente deserto ed erano vuoti anche il 90% degli spazi espositivi; sul fondo del capannone un minuscolo bar con poco o niente a disposizione.
Il luogo non era per niente piacevole e non ci si sentiva i benvenuti; svolgemmo i nostri affari il più rapidamente possibile e poi tornammo sulla strada.
Dopo l'avamposto la strada prese la direzione dell'entroterra e tornò ad essere sterrata, il percorso era dritto ed all'orizzonte non si vedeva nulla se non il sole; unici oggetti verticali erano i pali della corrente che correvano paralleli alla strada.
Sulla strada nessun'altra auto; il percorso era così deserto che la Vigi ha potuto fare la pipì praticamente sulla strada... tanto la visuale spaziava per chilometri su tutti i lati e non c'era traccia di vita, ne umana, ne animale ed in alcuni punti neanche vegetale... ovunque solo terra asciugata dal sole.
Le due ore passate su quel percorso sono state l'unico percorso Namibiano che non mi è piaciuto.
Passate le due ore, ci siamo trovati nel Damaraland. Ai lati delle strade cominciammo ad incontrare persone che guidavano carretti trainati da asini denutriti, sparuti gruppi di capre malconce e poi più avanti piccole e cadenti baracche che fungevano da negozi di souvenir gestiti dalla gente del luogo intervallati da bambini con taniche vuote che chiedevano acqua.
Per la prima volta nel nostro viaggio intravamo la povertà... quella vera... quella che rende più importante una tanica d'acqua che un biglietto da 10 euro.
Fui sconvolto e spaventato da questa visione.
In televisione si vedono ovunque bambini denutriti, gente vestita di stracci, persone con le mosche che gli ricoprono la faccia... la televisione però è un filtro, rende tutto come un film e trasforma le cose più aberranti in semplici immagini lontante. Trovarsi a tu per tu con la povertà è invece come ricevere un pugno nello stomaco da un pugile professionista: ti lascia senza fiato, senza riferimenti, impaurito.
Passi la tua esistenza a farti lunghe docce, bagni rilassanti, gite in piscina ed altre mille cose dando per scontata l'acqua... poi ti ritrovi in un posto dove la gente muore di sete, non è che non ha l'acqua per farsi una doccia o per lavarsi i denti... non ha l'acqua per bere!
Mi colse la paura e mi venne il panico... se fossi stato nei loro panni avrei assaltato ogni auto per rubare cibo ed acqua... avevo paura che si bucasse una gomma o si guastasse il motore con conseguente assalto di quelle persone, ogni volta che qualcuno mi faceva segno di fermarmi per vendermi un souvenir mi veniva il batticuore, ogni volta che una capra rachitica attraversava la strada cercavo di non fermarmi. Fu un percorso sconvolgente.
Verso sera arrivammo al "Twyfelfontein Country Lodge": luossissima struttura posizionata nel mezzo di questi monti bruciati dal sole.
Dopo aver lasciato i bagagli in camera ed aver fatto una breve passeggiata, raggiungemmo il bar.
Tutta la struttura principale (reception, negozio di souvenir, bar, ristorante, piscina) era inserita e si inerpicava su di una parete rocciosa.
Il bar non aveva pareti (a parte la parete posteriore che era la parete di roccia stessa) e spaziava sull'immensità del Damaraland.
Ci sedemmo di fronte a quel panorama meraviglioso e sorseggiammo gin-tonic fino all'ora di cena (alla quale io arrivai un po' brillo).
Seduto su quelle poltrone comode, di fronte a quel panorama meraviglioso, col mio gin-tonic in mano e la mia bellissima fidanzata di fianco mi sentii l'uomo più ricco e fortunato del mondo.
Nella lunga fase di aperitivo ri-incontrammo "Il nostor amico".
Aveva cambiato guida e scoprimmo che aveva fatto il nostro stesso itinerario e ci aveva visto da lontano... scoprimmo che aveva sorvolato la Dead-vlei in aereo e si era chiesto chi erano quei due pazzi che scalavano la duna nel punto più impossibile e che aveva sorvolato in aereo Sandwich harmbour chiedendosi chi erano quelli che con i fuoristrada saltavano le dune.
Ci raccontò qualcosa in più su di lui e ci disse che si sarebbe fermato in Namibia ancora qualche giorno. Poi cominciò a parlare la sua guida che ci raccontò di essere un italiano innamoratosi di una namibiana Himba che aveva abbandonato l'occidente per venire a fare la guida in Namibia e sposare la sua bella.
Era un tipo simpatico e piacevole, sempre allegro, positivo e propositivo.
Ci accordammo per farci un whiskey dopo cena tutti insieme.
La cena fu pantagruelica e di grande qualità, assaggiamo vari tipi di carne, dalla zebra allo springmbok ed era tutto ottimo.
Alla fine della cena i cuochi ed i camerieri cominciarono a cantare dei brani della tradizione locale ed io ritrovai in questi canti, le origini dello spiritual... fu emozionante, anche perchè durante il viaggio stavo leggendo un libro sul blues e la black music in genere.
Dopo la cena, ci facemmo un whiskey con la guida ed "il nostro amico" e poi ce ne andammo a letto felici e soddisfatti.

Un altro giorno pieno di emozioni era passato ed io amavo sempre di più la Namibia ed in generale il viaggio.