venerdì 12 agosto 2016

The Gudu's China Voyage Part 4

L'ultima parte del nostro soggiorno in Cina l'abbiamo passata nella città di Yánshuò... o meglio, a zonzo nelle campagne vicine nella zona del  fiume Yùlóng.
Si tratta di una zona dalle incredibili meraviglie naturali.
Tutta la valle era costellata da centinaia di piccoli picchi montagnosi che si ergevano come aculei dalla terra. In mezzo ai picchi scorreva lento e placido il fiume.
Purtroppo negli ultimi anni quella zona era diventata una famosa meta per il turismo locale con uno sviluppo edilizio tutt'altro che sostenibile.
L'atmosfera era parzialmente rovinata dal becero turismo cinese, quel turismo che ricorda le gite dell'IMPS degli anni '70 in Italia.
Gente che arrivava in pullman e sciamava nelle zone di sosta per fare quattro foto, comprare due ricordini e poi risalire sul pullman.
Al massimo si concedevano piccole gite sul fiume o visite alle terme.
Il tutto facendo semplicemente casino senza nemmeno curarsi di ciò che il luogo davvero poteva dare. C'erano poi anche i cinesi ricchi che se ne andavano di qua e di là a provare ogni cosa senza particolare interesse, ma solo per spendere soldi e sentirsi benestanti.
Un luogo che fino a pochi anni fa era un paradiso ora mi ricordava molto la Liguria delle spiagge a caro prezzo e dei turisti maleducati.
Ciò nonostante, grazie alla Virgi che si era informata per benino, riuscimmo spesso ad evitare la bolgia.
Appena arrivati, ci dedicammo ad un mini trekking per raggiungere uno dei picchi più noti, diventato famoso a causa di una cavità a forma di luna sulla sommità.
Una piccola sfacchinata per godere di una splendida vista sulla valle.




Il secondo giorno abbiamo fatto un lungo giro in mountain bike per le vecchie strade di campagna visitando piccoli villaggi ed attraversando il fiume mediante piccole barche guidate a traghettatori in stile libro fantasy.
Il giro fu abbastanza faticoso perché in tutto macinammo una sessantina di chilometri fra zone pianeggianti cotte dal sole e piccoli colli pieni di sali-scendi, ma fu davvero interessante visitare i vari villaggi.






Soprattutto il villaggio di Fulì, famoso in tutta la Cina per la produzione dei ventagli, fu una bella sorpresa poiché visitammo una tipica bottega di produzione ventagli e teli decorati.
Ci innamorammo praticamente di tutti quei teli dipinti a mano, erano di una bellezza e finezza incredibili ed era come se ognuno di loro contenesse all'interno l'anima dei paesaggi ivi ritratti.
Ovviamente ne comprammo uno e comprammo svariati ventagli per parenti ed amici.
Alla sera ci sedemmo esausti sulla terrazza del ristorante dell'hotel per un bel Gin Tonic... eeeh si, finalmente un posto in cui potevo ritrovare il mio amato Gin Tonic... ed ubriacatura fu.


Il giorno seguente affittammo uno scooter elettrico.
Un capitolo a parte merita la mobilità delle zone rurali cinesi... c'è di tutto... molti "ape" di fattura cinese, poche vecchie automobili, alcuni trattorini trasformati in utilitaria e tantissimi, ma proprio tantissimi scooter elettrici.
In Italia se provavi a comprare uno scooter elettrico dovevi fare i salti mortali col tripo avvitamento per pagare 8000 euro uno scooter che faceva al massimo i 40 Km/h per un'indipendenza di 30 Km.
In Cina c'erano ovunque negozi che vendevano scooter dall'estetica bellissima, che facevano i 70/80 Km/h con indipendenza dai 60 ai 100 Km... il tutto ad un costo accessibile a qualsiasi cittadino.
Guidare lo scooter elettrico fu divertentissimo e rilassante... giravamo per le strade della valle senza rumore e senza inquinare con prestazioni notevoli.
Certo in centro città era come in quei film dove agli incroci ci sono 50 scooter, 100 bici, 5 camion e 10 auto tutti affiancati pronti a partire con il verde per poi "ingorgarsi" al centro dell'incrocio ed uscirne miracolosamente illesi.
Noi non eravamo abituati e la cosa fu stressante... ma una volta usciti dalla città era un paradiso.
Visitammo l'incredibile villaggio di XingPing pieno di viuzze che sembravano uscite da film storici piene di botteghe e ristoranti e risalimmo il fiume su una improbabile imbarcazione in compagnia di due ragazze cinesi ed uno strano barcaiolo.



A pranzo ci fermammo in un ristorantino molto caratteristico e concludemmo la visita con l'acquisto di una teiera tradizionale cinese.
L'acquisto merita di essere raccontato in quanto la vecchietta proprietaria del negozio non aveva il POS per la carta di credito, allora chiese al vicino che mi accompagno in tutti i negozi del villaggio per poter usare la carta di creadito (si sarebbero poi arrangiati fra di loro).
La mia VISA però non era accettata... allora mi caricò su di una motoretta e fra spericolate peripezie mi porto alla banca del villaggio dove tutti furono a dir poco terrorizzati dal vedermi arrivare.
Comunicando a gesti (nessuno che parlasse inglese) capimmo che anche in quel caso non funzionavano carte e bancomat occidentali.
Ritornammo al negozio dove mi attendeva Virgi in compagnia della vecchina che le raccontava chissà cosa in cinese.


Dopo mille ttattative (a gesti), ci accordammo per un pagamento in euro e noi potemmo risalire sullo scooter e ritornare in città con la nostra bella teiera.
Il giorno dopo ancora ce ne andammo di nuovo un po' a zonzo con lo scooter elettrico e poi esplorammo un tratto di fiume su di una piccola chiatta di bamboo.
Uno strano tizio incontrato in un punto turistico ci carico su di un minivan e ci portò molto a monte del fiume dove c'era una specie di porto.
Sembrava uno di quei porti fluviali che si vedono nei film di avventura anni '80... rumore, gente che gridava, strani ceffi seduti a terra a mangiare riso e fissare i passanti, altri loschi individui che cercavano di vendere varia merce ed ovunque sporcizia.
Restammo in quel luogo per circa un'ora ad attendere che qualcuno ci prelevasse... nessun occidentale, nessuno che parlasse inglese... alla fine fummo prelevati e ci indicarono di salire su di una chiatta.
Il giro sul fiume era il classico e becero giro iperturistico con vista sui fantastici picchi, piccole ed innocue rapide per dare un senso di avventura e miriadi di piccole zattere che si avvicinavano per provare a venderci bevande.









Devo dire che però fu molto rilassante.
Il giorno dopo ancora un'autista ci portò a Guilin dove visitammo la cittadina e la mattina seguente salimmo sul volo per Pechino e poi da Pechino volammo a Monaco e poi Milano.


Della Cina (o meglio della piccola parte di Cina che abbiamo visto) posso dire questo:
Meraviglie della natura che stavano sparendo per fare spazio a palazzi che restavano poi vuoti... nemmeno mettevano le finestre... costruivano solo le parti in muratura per fare PIL.
Tradizioni bellissime in via di estinzione per una voglia di... di non so neanche cosa.
Totale incoscienza di quanta bellezza (sotto tutti i punti di vista) era presente.
E' stato un viaggio... come tutti i viaggi... che ci ha resi più ricchi dentro, più consapevoli e più pieni di bellezza.

venerdì 29 luglio 2016

The Gudu's China Voyage Part 3

Stiamo quasi per partire per il Costarica ed ancora non ho finito di raccontare della Cina.
E' quasi passato un anno, ma fortunatamente ho ancora un vividissimo ricordo del viaggio.

La terza parte del nostro viaggio si sarebbe sviluppata nel Sud Est della Cina nella zona rurale delle risaie quasi al confine col Vietman chiamata "Spina dorsale del drago".

Si tratta di una zona in fondo non troppo dissimile dalle nostre Langhe dove però le colline sono piccole montagne ed invece dell'uva si coltiva il riso.
Per raggiungere questa zona abbiamo dovuto prendere un volo interno di tre ore e poi servirci di un autista che in poco più di altre tre ore ci avrebbe portato in un piccolo villaggio in cima ad una delle vertebre della Spina dorsale del drago.

La partenza da Pechino fu piuttosto movimentata in quanto nessuno parlava inglese e fummo pure rallentati all'imbarco dei bagagli a causa di una serie di gruppi di cinesi che spedivano giganteschi scatoloni pieni di ogni cosa... dalle stoviglie fino ad un groppo che aveva con se una serie di droni.
Riuscimmo a prendere l'aereo per Guilin solo grazie ad un ritardo nelle partenze.

L'aeroporto in cui atterrammo (Guilin) era piccolo ed anonimo come anche l'autista che ci aspettava per caricarci su di una non troppo pulita monovolume.

Fin dall'uscita dal parcheggio ci rendemmo conto che non eravamo più nella Cina delle grandi città e del business filo-occidentale.
La strada era un mix di asfalto e sterrato mentre i villaggi che attraversavamo erano un ammasso di catapecchie semi-finite dotate di antistante parcheggio in terra battuta stile post-bombardamento.
L'autista guidava come un pazzo e ben presto, quando raggiungemmo le strade di montagna, cominciai a pensare che sarebbe stata una fortuna arrivare alla meta vivi.
Il pazzo superava in piena curva arrivando a pochi centimetri dal posteriore della auto prima di sterzare di colpo... il tutto sorseggiando redbull... ci muovevamo in mezzo alle altre auto come un ghepardo fatto di coca.

Furono tre lunghe ore, ma la nostra sofferenza fu ben ripagata.

Giungemmo in un piccolo villaggetto dove la strada finiva chiamato Ping'an.

Sembrava la versione "in tempo di pace" di quei villaggi che si vedono nei film anni '80 ambientati nella guerra del Vietnam.
La gente vestita in modo tradizionale si muoveva per le strade lenta e piegata dal caldo; alcuni erano accompagnati da asini carichi come muli... e per chi non sapesse cosa fa il mulo cinese: mu-raglia... momento simpatia.

La nostra guest house era a circa 500 metri in cima ad una salita davvero notevole.
L'autista scaricò le nostre borse e chiamò un portatore.
Cazzo un portatore! Di quelli che si vedono nei film! Altro un metro ed un cazzo (che in confronto io sono un titano) e così gobbo da sembrare un troll.
Il piccolo uomo si caricò le nostre due borse su di una cesta che portava sulla schiena e si avviò verso l'albergo.
La prima parte del percorso passava in mezzo ad un mercato pieno di cianfrusaglie e cose mangerecce curiose; io guardavo, annusavo e mi stupivo.
Cominciai presto a sentirmi una merda poiché camminavo sbuffando e sudando mentre il portatore viaggiava sereno con le nostre borse sulle spalle... poi quando vidi grassi cinesi farsi portare su in portantina, mi sentii un po' meglio.
In 15 circa minuti arrivammo alla nostra temporanea dimora.
Uno spettacolo!
Era una piccola casetta letteralmente aggrappata alla montagna con una vista spettacolare sulle risaie che solo in quel momento si presentarono a noi in tutta la loro bellezza.
Ci fu offerta una bibita e poi fummo accompagnati in camera. La camera aveva la vista sul villaggio che sembrava anch'esso uscito da un film ed era composto da casette addossate alla montagna in modo così bizzzarro de sembrare quasi "barcollanti".


Tutto intorno c'erano solo risaie con piccole figure gobbe che si muovevano in mezzo a quel verde così verde da far male agli occhi.

Cosa c'è da dire sul nostro soggiorno nella zona di Longsheng (Spina dorsale del drago in cinese)?
Niente di particolarmente vario, per tre giorni abbiamo passegiato in questi luoghi pazzeschi che sembravano usciti da tempi remoti.
Ci siamo svegliati all'alba per ammirare la nebbia salire dalle coltivazioni e diradarsi lenta con l'arrivo del sole, ci siamo stupiti per i mille volti che ogni collina assumeva al cambiare della luce, ci siamo rilassati e rinfrescati in piccoli chioschi sulle cime delle colline succhiando l'interno dei frutti della passione ed abbiamo goduto di quei paesaggi magnifici.








Nella più lunga delle nostre passeggiate finimmo in una zona più remota dove in mezzo ai campi c'erano antiche tombe, davvero suggestivo.
Un'altra volta siamo rimasti bloccati su di un ponte coperto poiché colti da un acquazzone così pazzesco da trasformare un rivolo d'acqua in un torrente così impetuoso da convincerti a tirare fuori le mantelline e levarci di torno.
Un'altra volta ancora siamo stati quasi rapiti da due vecchie contadine che hanno voluto passeggiare con noi parlandoci in cinese ed accarezzandoci, soprattutto una delle due vecchiette si avvinghiò a Virginia continuando ad accarezzarle il braccio e parlarle dolcemente.
I turisti cinesi ci fermavano in continuazione per chiederci di fare foto con loro... soprattutto Virginia aveva un successo incredibile... una volta perdemmo quasi mezz'ora a fare foto con tutti i componenti di una numerosa famiglia che voleva le foto di gruppo ed in singola con noi... i bambini ci indicavano ed a volte cercavano di toccarci di nascosto, ma più spesso erano gli adulti a volere delle foto con noi.
Gli autoctoni invece erano molto discreti e molto concentrati sulla loro quotidianità.



Era incredibile vedere gente vivere ancora come forse in occidente si viveva 50, 60, 70 anni fa nelle zone rurali.
Essendo in una zona rurale bisognava adattarsi un po'... ad esempio ad ogni acquazzone la corrente elettrica se ne andava per mezza giornata e l'acqua entrava dalle finestre... e poi bisognava abituarsi al fatto di avere dei buchi nel soffitto sul quale si appollaiavano uccelli e correvano i topi.
Per noi era divertente e ci dava un gusto di avventura, ma una coppia di turisti tedeschi (fra i pochi occidentali che incontrammo) furono molto turbati dalle mancanze di corrente... per capire la loro reazione (e le mie risate sguaiate) dovreste vedere il film "Ricomincio da capo", la scena dell'acqua calda nella pensione.
Si sa che io sono un maniaco dei tramonti e quindi una descrizione a parte la faccio sempre.
Come sono i tramonti nella zona di Longsheng?
Sono "rurali".
Il sole scende lentamente creando impressionanti giochi di luce sulle risaie, mentre si sentono ancora i rumori dei contadini che tornano dai campi o riparano le loro casette in legno.
Man mano che l'oscurità aumenta, tutti i rumori umani diminuiscono fino a lasciare totale dominio ai suoni della natura.
Un'atmosfera serena, ma per non so quale motivo frenetica.
Quando poi l'oscurità diventa totale, improvvisamente si accendono le piccole luci che illuminano le abitazioni del paese con i suoi ristorantini.
Così mi ricordo io quei tramonti.
Questa bellissima atmosfera, dopo le 20.30 veniva parzialmente rovinata dal rumore dei turisti che uscivano per cena e da qualche locale che cercava di attirare clienti con improbabili karaoke o musica dance altrettanto improbabile.
Ma parlando di locali e di pasti... cosa dire della cucina locale?
La cosa più tipica era il riso cotto nel bambù ovvero, come dice il nome, del riso infilato in un tronco di bambù e cotto sulla brace.
Lo si trovava ovunque, vicino ad ogni locale c'era un addetto che arrostiva del riso nel bambù.
Pittoresco, non cattivo, ma nemmeno stupendo il riso cotto nel bambù era uno dei piatti più leggeri della cucina locale.



Tanto cibo fritto, dall'onnipresente pesce di fiume alle verdure. Nulla da segnalare in particolare se non il frutto della passione servito in modo semplice ovvero togliendo la parte superiore del frutto per poi pescare col cucchiaino o succhiarne l'interno.


Meritano una nota di bizzarria delle pietre locali lavorate fino a sembrare pezzi di pancetta, altre pietre molto più suggestive dette "sangue di gallina" ed i corni di bue intagliati.
Nota di merito per le donne dell'etnia Zhuang che si vestivano ancora in modo tradizionale, ma soprattutto si acconciavano i capelli nello spettacolare modo tradizionale.
Tre giorni passarono in fretta e ci ritrovammo di nuovo sull'auto del pazzo per raggiungere la zona di Yánshuò dove avremmo passato l'ultima parte del nostro viaggio.

giovedì 7 luglio 2016

The Gudu's China Voyage Part 2

Devo dire che in assoluto la Muraglia cinese è una delle cose più belle ed incredibili che abbia mai visto, soprattutto se vista nel modo in cui abbiamo potuto ammirarla noi.
Ci sono due muraglie cinesi: la parte (o sarebbe meglio dire LE parti) ristrutturata, maestosa, impressionante e piena zeppa di turisti e la parte (teoricamente) vietata ovvero la parte non aperta ufficialmente al pubblico.
Un qualsiasi sito internet o rivista può descriverne l'incredibile lunghezza, la impressionanti caratteristiche architettoniche e la storia pazzesca... tutte cose che possono stimolare la curiosità, permettere di ammirare meglio le foto e dire che effettivamente i Cinesi qualcosa di grande l'hanno fatto nel loro passato, prima di auto-schiavizzarsi.
Però c'è una sola azione che permette di comprenderla in modo interiore e rimanere letteralmente senza fiato: vederla dal vivo.
Andiamo con ordine: io e Virgi, si sa, se non andavamo a ficcarci in situazioni singolari non eravamo soddisfatti. Dopo varie ricerche su internet, riuscimmo a contattare una guida che ci garantì di portarci in un punto non turistico della muraglia sulla quale avemmo potuto fare un percorso di "quasi trekking" in solitudine sulla muraglia fino a raggiungere poi la parte turistica.
La guida venne a prenderci la mattina presto all'uscita degli Hutong con un pulmino.
Ci vollero più di due ore per raggiungere le montagne a Nord di Pechino dove la natura era incredibilmente simile a quella delle nostre zone.
Arrivammo all'ingresso di un parco dove sulla sottile linea di asfalto tiranneggiava un cartello di divieto di ingresso ai non addetti; un po' più avanti un funzionario faceva la guardia alla sbarra che chiudeva la strada.
La scese dal pulmino, sorrise al funzionario e diede dei soldi al funzionario che ci rilasciò pure una specie di biglietto di ingresso.
Parcheggiammo poco più avanti il pulmino, zaini in spalla e cominciammo ad inerpicarci su improbabili sentieri in mezzo allo sconfinato bosco.
La guida portava nello zaino uno qui lettori mp3 che hanno anche le casse, lo accese a volume alto e cominciò a muoversi rapido fra gli alberi lasciandoci indietro.
Noi seguivamo la musica senza preoccuparci troppo di perderlo; in fondo doveva ancora prendere i soldi e sarebbe stato sciocco lasciarci troppo indietro. Provavo un fastidio gigantesco per quella musica ad alto volume che stuprava l'atmosfera serena del bosco, avrei voluto prenderlo a calci.
Dopo circa 40 minuti lo raggiungemmo seduto a terra e senza fiato... pirla... ci fece segno di seguire il sentiero. Il percorso durò ancora una mezz'oretta durante la quale incontrammo un gruppo di tre spagnoli che tentavano la nostra stessa impresa e che si unì a noi.
Dopo tanto salire, improvvisamente apparve di fronte a noi la muraglia.
Bassa, ricoperta di vegetazione e semi-crollata non sembrava u gran che.
Una scaletta rudimentale portava alla sommità dove un vecchi sdentato ci aspettava.
Pagammo il "pedaggio per la scala" al vecchio e fummo in cima.
Faccio veramente fatica  a descrivere quello che ci trovammo davanti.
La muraglia cinese è come un gigantesco serpente... anzi... drago che appoggia il suo gigantesco corpo sulle montagne della cina a perdita d'occhio.
E sembra davvero viva, come se da un momento all'altro questo gigantesco mostro di altri tempi potesse decidere di strisciare a volare via.



La muraglia seguiva perfettamente la forma delle montagne, non cercava di avere una forma regolare o di agevolare i soldati del passato nelle loro ronde... era solo un gigante stanco posto a protezione della cina. Un gigante che non si accontentava di adagiarsi mollemente sulle montagne, ma aveva avuto l'ambizione di posare il suo gigantesco corpo su ogni singola cime di ogni montagna.



Guardando verso il basso ci accorgemmo che quei 5-6 metri dai quali avevamo avuto accesso erano uno dei punti più bassi, dalla nostra posizione potevamo vedere alberi giganteschi tentare invano di lambire le sommità della muraglia senza riuscirci.
La guida consegnò tre bottiglie d'acqua e tre banane a testa e ci disse "Seguite la muraglia, non abbandonate mai la muraglia, sono circa 10 chilometri prima di raggiungere la parte turistica, poi seguite la parte turistica fino alla zona di ristoro dove io vi aspetterò". Detto questo sparì fra il fogliame.
Fu così che cominciammo la nostra scarpinata.
All'inizio ci sembrò di inoltrarci in buffo boschetto sospeso nell'aria poiché sulla muraglia crescevano parecchi alberelli e molto molto sottobosco... era divertente ed aveva un non so che di magico.
Ogni due minuti eravamo fermi ad ammirare quell'incredibile spettacolo... così incredibile che nono sembrava nemmeno opera del'uomo.



Col tempo ci trovammo ad affrontare la prima salita che portava il "serpentone" in cima ad una montagna. La salita era dura ed il sole cominciava a scaldare. Non c'erano scalini ma solo un percorso molto accidentato e molto scosceso. Verso metà della salita cominciammo ad aggrapparci al bordo per non scivolare e anche a sudare per lo sforzo.


Arrivati in cima ci sentivamo i padroni del mondo. Ci fermammo per bere e per guardare la muraglia che si arrampicava su mille cime fino a perdita d'occhio. Fummo esaltati e preoccupati allo stesso tempo... quante di quelle cime avremmo dovuto risalire prima di raggiungere la nostra meta?




Ricominciammo il percorso che fu a tratti impegnativo e sempre faticoso.
Eravamo sudati, stanchi ed accaldati, ma davvero estasiati da questa piccola avventura.
Era pazzesco essere li da soli in mezzo a quella natura davvero selvaggia sormontata da una delle più grandi costruzioni dell'uomo, per quel tratto dimenticata, ma ancora maestosa e carismatica.
In realtà sul sentiero che conduceva alla muraglia incontrammo un gruppo di spagnoli che si era perso in cerca dell'accesso di salita, ma fortunatamente erano lenti e li avevamo apposta seminati per essere davvero soli in questa avventura. Venne mezzogiorno e ci fermammo all'ombra di una torretta di sorveglianza mezza distrutta e ci mangiammo le banane. Dopo una ventina di minuti ripartimmo verso la meta. Mentre camminavo, scalavo, scivolavo e ridevo ogni tanto mi meravigliavo a voce alta immaginando quando su questo percorso soldati, cavalli e perfino carretti avevano la loro quotidianità. Passarono le ore senza incontrare anima viva. Quasi scalammo le ripidissime salite, scivolammo pericolosamente un paio di volte e ci godemmo quei momenti di pura magia.
Ad un certo punto ci venne incontro un francese in infradito che seguiva il nostro percorso in senso inverso correndo... lo lasciammo passare scambiandoci qualche parola in francese per poi scoppiare a ridere... fu in quel momento che trovò in modo definitivo applicazione la leggenda del francese in infradito... infatti... in qualunque posto del mondo ci si trovi, si potrà sempre trovare un francese che percorre sentieri avversi in infradito.
Intorno alle 16.00 raggiungemmo la parte turistica e restaurata della muraglia.


I turisti in verità non erano molti anche perchè il sole ed il caldo erano tremendi.
Io facevo ruotare due magliette... quando una era fradicia di sudore, indossavo l'altra e mettevo quella appena usata ad asciugare sullo zaino.
Anche la parte turistica della muraglia era spettacolare. Migliaia di scalini portavano il serpentone di pietra su e giù per dislivelli anche di 200 metri. Uno spettacolo ed una fatica incommensurabili.







Quando arrivammo alla fine eravamo distrutti... avevamo finito l'acqua ed esaurito le forze.
Pagammo una soma notevole per discendere la montagna su dei carrelli in stile parco dei divertimenti e letteralmente crollammo nell'auto della guida (che fortunatamente non ci aveva abbandonato).
Posso solo dire che tutte le ore di viaggio e la spesa sarebbero bastati a giustificare la visita alla muraglia. Una delle cose più belle che abbia mai visto. Una camminata memorabile fra natura e storia. La sera ce ne andammo in un ristorante frequentato solo dai locali portando come sempre il panico fra i camerieri e godendoci delle ottime zuppe. Tornati nella nostra camera ci lasciammo cadere felici ed esausti sui nostri letti e ci addormentammo all'istante.

martedì 31 maggio 2016

The Gudu's China Voyage Part 1

E' quasi passato un'anno dal nostro viaggio in Cina ed ancora non ho scritto nulla... accidenti al poco tempo.

In questa prima parte di questo diario di viaggio andrò a descrivere lo spostamento Italy-China e la città di Pechino (in cinese Beijing).

Sul trasferimento ho solo da segnalare il grave errore di fare scalo a Monaco; siamo atterrati alle 10.00 un po' affamati.
Ci siamo fermati a mangiare pretzel e bere birra e ci siamo imbarcati intorno alle 12.00 ubriachi.
Non so chi ricorda lo spot di un famoso dolce: "Ci siamo svegliati alle 4.30 per prendere l'aereo a Malpensa... tre ore di macchina, imbarco, volo... ed adesso non ci vedo più dalla fame";
la differenza sta nel fatto che avevamo a disposizione i mitici pretzel e tanta tanta tanta birra.
Altra cosa che ci tengo a segnalare e che acquistammo i biglietti con Lufthansa e poi ci fecero volare con l'Air China... aereo scadente, servizio di più.

Detto questo siamo atterrati ed abbiamo preso un taxi a casaccio per arrivare all'albergo che era nella zona tradizional/storica di Pechino fra gli Hutong.
Abbiamo scelto, come sempre, una location diversa dalle solite grandi catene di alberghi tutte uguali ed inoltre volevamo "vivere" Pechino il più possibile come la vivevano i locali.
Il taxista non riuscì a capire come entrare nel dedalo di stradine degli hutong (forse abituato a scarrozzare i turisti nei soliti hotel) e ci lasciò a casaccio davanti ad una via.
Subito la cosa ci sembrò strana, ma poi conoscendo meglio i cinesi capimmo che tutto rientrava nella normalità. Fortuna che la Vigi si orientava ovunque, anche a Pechino.

Al contrario di quello che pensavamo, Pechino si rivelò a noi come una città moderna, ma non iper-industriale e con un modo di inglobare la modernità nella tradizione molto personale.
La prima cosa che notammo fu la gente che viveva per strada. I cinesi più giovani sostavano nelle miriadi di piccoli e fatiscenti locali che si affacciavano sulle stradine, mentre i più anziani se ne stavano a giocare rumorosamente a giochi di società attorno a vecchi tavoli posizionati agli usci delle abitazioni.


Quella zona era molto frequentata dal turismo, ma era per la maggiorparte turismo locale... da quanto siamo riusciti a cogliere si trattava di gente che dalle campagne veniva a fare festa nella grande città.
L'atmosfera era frenetica ed ovunque regnava un senso di disordine; era come essere in un formicaio di formiche anarchiche.


Gente ovunque, sporco tanto, odori vari... ed i temibili "Bambini con fessura".
I "Bambini con fessura" meritano una capitolo a parte.
In China i bambini piccoli non hanno il pannolone.
Semplicemente quando devono urinare o defecare, fanno tutto attraverso la fessura che hanno nei pantaloni.
Ergo per le vie delle zone "non occidental-turistiche" (ed avremmo scoperto ovunque nelle zone rurali) ci sono questi temibili bambini che producono materia organica ovunque, con preferenza di fronte ai negozi dove le mamme fanno acquisti.
Il "Bambino con fessura" colpisce a tradimento senza un minimo segno di premonizione... un secondo prima sta correndo di qua e di la ed un secondo dopo produce un 2-3 chili di merda fresca dall'odore potente.
Fortuna vuole che ci sia un efficace (si fa per dire) servizio di pulizia pubblica... od almeno abbiamo ipotizzato questo in quanto le strade erano abbastanza sgombre dagli escrementi.
A volte una mamma educata raccoglieva le fatte dei figli come noi facciamo con quella dei cani... alcune mamme illuminate ed attente, vedendo l'occhio improvvisamente vacuo del figlio, intuiscono una "defecatio tradimentis" e mettono sotto al pupo accovacciato un pezzo di carta.
Il "Bambino con fessura" è bastardo dentro perchè colpisce nel momento in cui sei più debole ovvero quando stai mangiando qualcosa in un locale oppure quando ti stai godendo il sacrosanto Gin-Tonic delle 17.00 rovinandoti il momento... motivo per cui imparammo in fretta ad evitare i locali con dehor a piano terra.

Pechino è una città carismatica.
Si sente che ha un respiro tutto suo, un modo di vivere tutto suo, un modo di imporsi agli occhi tutto suo.
Architettonicamente è una evoluzione disordinata della Pechino antica.
Città volutamente dimentica di ogni regolamento urbanistico, si sviluppa "a cazzo" a seconda delle necessità.
Questa cosa la rende incredibilmente affascinante e rende ogni angolo, ogni via una sorpresa per gli occhi.
Ovviamente io parlo del centro storico, non della "Pechino Busisness"... quella è uguale a tutte le grandi città.

Cosa c'è da vedere a Pechino?
Di cose ce ne sono un bel po'

1. CITTA' PROIBITA
Monumentale complesso architettonico di incredibile bellezza, ma praticamente ingodibile per la quantità mostruosa di persone che la visitano. Il complesso apriva alle 9.00 e così non abbiamo potuto nemmeno usare la nostra classica "Modalità anti turisti" che consiste nel visitare i monumenti all'alba.
Era come stare ad un immensa fiera: costantemente a contatto con i corpi degli altri, spintonati, soffocati dal caldo e dal sudore dei vicini. Inoltre i cinesi sono maleducatissimi e per loro è normale spingere ed essere discretamente colpiti dagli altri. Dopo le prime due ore ho cominciato a rispondere agli spintoni con gomitate e calci bassi e nessuno si è lamentato.
Quando poi siamo saliti sulla collina di fronte alla città ed ho potuto ammirare la costruzione dall'alto e senza persone sono rimasto senza parole. Devo essere sincero: a saperlo non sarei entrato ed avrei ammirato la città proibita solo dall'alto.



2. TEMPIO DEL CIELO E RELATIVO PARCO
Un'altra costruzione monumentale e bella da vedere.
Gli spazi sono più aperti e quindi la gente è meno noiosa, ma anche in questo caso tutto il carisma e tutta l'energia mistica del luogo vengono meno a causa del baccano della folla.

3. TEMPIO DEI LAMA
Bellissimo tempio anche lui affollatissimo, ma dove sembrava esserci una maggiore spiritualità ed un maggiore rispetto da parte di chi lo visita.
E' una delle mete secondo me più spirituali e caratteristiche della vecchia cultura cinese.
Fin dall'ingresso siamo stati colpiti colpiti dal fumo di migliaia di bacchette di incenso che la gente bruciava per pregare. Ovunque gente che brucivaa incenso e pregava.
Anche qui una calca di persone incredibile, ma tutto sembrava più spirituale e meno turistico.



4. TEMPIO DI CONFUCIO
Lo visitammo quasi al tramonto.
La presenza di persone era molto ridotta.
Abbiamo potuto respirare l'aura di misticismo che emanava dal luogo e sederci sotto gli alberi secolari per riposarci ed assimilare la pace del luogo.



5. TORRE DEL TAMBURO E DELLA CAMPANA
Le due torri sorgono in una piccola piazza nella zona storica di Pechino in mezzo agli hutong.
Quella piazza è uno dei luoghi che più ho amato di Pechino.
Le due torri si guardano in faccia, maestose più che alte, ai due lati della piazza.
L'atmosfera era pacata e sapeva di "quotidianità": gente che passeggiava, bambini e giovani che giocavano a pallone o frisbee, persone sedute sulle panchine ed un paio di bar "non turistici" sui lati.


6. PALAZZO D'ESTATE
Una delle mete più spettacolari di Pechino.
Più che palazzo io lo chiamerei "Parco d'estate" poiché si trattava di varie costruzioni immerse in una natura quasi selvaggia ed ancora prepotente. Un luogo carismatico ed incredibilmente bello da vedere. Un luogo dove è possibile ammirare l'antica arte cinese delle costruzioni in modo completo e con tutta la calma del caso. I colori sgargianti, i componenti scultorei, le caratteristiche architettoniche... tutti componenti che aiutano a capire la filosofia antica di questo popolo.




7. HUTONG
Sono le vie della Pechino antica.
Le ho già descritte poiché noi ci abbiamo soggiornato.
Meritano però di essere inserite a pieno titolo fra le cose da vedere assolutamente a Pechino.
Una passeggiata al mattino presto od alla sera in queste vie, permette di stare a contatto con quella Cina un po' antica, un po' moderna, un po' magica che vale la pena vedere.




Cose di cui tenere conto.
1) Attenti ai baristi intelligenti.
Se trovi in un bar una birra trappista belga non stupirti e non gridare al miracolo... non è trappista... hanno semplicemente preso una bottiglia vuota e l'hanno riempita nel retro del locale con "non si sa cosa stouth".
Soprattutto, a volte è meglio non sapere... dopo aver guardato nei retrobottega e nelle cucine cinesi, la mia visione del sistema immunitario umano è cambiata drasticamente.
2) Mangiare solo cibo locale.
Pechino è piena di cibo ottimo, ma bisogna mangiare solo quello che mangiano i cinesi.
Ordinare qualcosa che non vedi nei piatti degli autoctoni oppure addirittura ordinare una bistecca potrebbe essere un "Fatal error".
3) Nei locali non si caga.
Il 90% dei ristoranti e bar hanno un bel cartello appeso nei cessi (incredibilmente anche in inglese) "Do not defecate" e poi c'è una bella rete sul buco del water onde scoraggiare i ribelli.
Ci sono tantissimi bagni pubblici, ma li sconsiglio per ciò che descrivo al punto 4.
Gli occidentali che trasgrediscono il punto "2" di questa lista non avranno problemi in quanto il loro "prodotto interno lordo" sarà liquido e passerà attraverso la rete.
4) I cinesi buttano la carta igienica nel cestino.
Ebbene si. Si puliscono il culo e poi buttano la carta nel cestino.
Ergo in qualunque bagno pubblico c'è un'odore indescrivibile... secondo solo a quello dei i cessi Namibiani scavati nella terra.

Questo è tutto riguardo i nostri giorni a Pechino