Il settimo giorno ci siamo svegliati intorno alle 7.00, abbiamo fatto una placida colazione e poi, dopo saluti commoventi e molti ringraziamenti alla "Serenissima", ci siamo diretti alla "Orange Outback": agenzia che organizzava spedizioni nel deserto con i quad.
L'idea originale era quella di partecipare ad una spedizione nel deserto e poi fare "Sand surfing" ovvero surf sulle dune. Purtroppo ci mancava il tempo e così decidemmo per una spedizione in quad.
Appena entrati nella reception dell'agenzia vedemmo decide di foto di Brand Pitt ed Angelina Jolie che spesso si erano serviti della suddetta agenzia per le loro gite nel deserto.
Eravamo riusciti a prenotare una spedizione di primissima mattina, fuori dagli orari standard, grazie all'intercessione della prorietaria del B&B la sirenetta (La serenissima); nell'agenzia c'eravamo solo noi.
Dopo aver firmato tutta una serie di documenti che dereponsabilizzavano l'agenzia, la nostra guida ci ha prelevati e ci ha portati all'esterno per il breathing inerente la guida dei quad.
Ero molto emozionato, uno dei miei più grandi sogni era sempre stato quello di guidare un quad nel mezzo del deserto; anche la Vigi era molto eccitata, nonostante avesse già fatto un'esperienza simile in altri viaggi.
Era una mattinata splendida, il cielo era terso ed il deserto era di fronte a noi in tutta la sua immensità.
Per i primi 10 minuti, il capo-spedizione ha avuto una guida tranquilla, poi si è fermato e ci ha spiegato che per superare le dune più alte bisognava in pratica lanciarsi su di esse a massima velocità senza esitazioni... un rallentamento nei pressi della cima per paura del salto avrebbe avuto come conseguenza il rimanere bloccati nella sabbia e probabilmente ribaltarsi all'indietro.
Preoccupato per la Vigi, la feci passare in seconda posizione in modo che se fosse caduta o ribaltata io avrei potuto soccorrerla.
Vigi, nonostante fosse una donna, si era sempre dimostrata un'ottima guidatrice, sia in città che nel deserto con la 4x4, ma io ero protettivo.
Dopo la spiegazione, la guida si è lanciata a tutta velocità sulla prima duna.
Vigi attese qualche secondo per avere la giusta distanza di sicurezza e poi senza indugio, diede fondo all'acceleratore lanciandosi anche lei in direzione della duna.
Dopo aver atteso anche io i canonici secondi ho dato gas e mi sono lanciato in direzione della duna.
Mentre mia vvicinavo, vidi Vigi superare indenne la cresta della duna e sparire dalla parte opposta.
La cosa paurosa nello sdunare e che non si sa cosa c'è al di là della cresta, può esserci un altopiano, uppure una discesa scoscesissima... nel momento esatto in cui si raggiunge la sommità, sarà necessario reagire rapidamente ed adeguatamente allo scenario che si incontrarà.
Ovviamente la guida non avrebbe iniziato con una duna difficile, la guida conosceva il deserto come le sue dita, la guida ci avrebbe fatto avanzare per gradi fino alle dune più difficili... però in fondo eravamo in Africa, dove si fa meno attenzione all'anti-infortunistica... e stavamo guidando dei quad nel deserto con espressa richiesta di avere una spedizione avventurosa, attività richiesta da pochi e che ha implicita nel suo essere un amore per il pericolo.
In preda a questi pensieri, diminuii leggermente la pressione sull'acceleratore... solo per qualche secondo... ma fu quasi sufficiente a farmi rimanere bloccato.
La guida aveva scelto una duna scoscesissima in modo che il quad arrivasse in punta a velocità ridotta e non facesse il salto... un modo intelligente per capire se eravamo in grado di effettuare manovre più estreme e per farci capire il comportamento della sabbia sotto le ruote dei quad.
Riuscii per un pelo a superare la duna... ma proprio per un pelo.
La guida e Vigi erano già lontani e stavano facendo delle curve a parabolica su altissime e scoscesissime dune.
Mi lanciai al loro inseguimento un po' umiliato per essermi quasi piantato nella sabbia ed un po' impaurito di essere stato lasciato indietro.
Quando arrivai sulla prima parabolica, capii che queste curvone sembravano semplici da affrontare a guardare gli altri, ma non lo erano. Rischiai di ribaltarmi nelle prime tre curve e fui costretto di nuovo a rallentare; intanto il casco di Vigi spariva dientro l'ennesima duna ed a me non restava che seguire le tracce lasciate dal suo quad.
Dopo un paio di affannose dune, trovai i miei compagni di spedizione quasi fermi per aspettarmi; feci segno alla guida che era tutto ok e mi misi in coda.
Col tempo mi abituai alla guida e lasciai da parte le tensioni divertendomi come un pazzo.
Guidare il quad nel deserto è stato davvero emozionante, la tensione nell'affrontare le manovre, ma anche la sensazione del deserto che ti avvolge e del tuo guidare che sparisce nell'immensità di tutta quella sabbia.
A metà della spedizione abbiamo fatto una sosta, bevuto una bibita e scattato qualche foto. In Namibia, ad ogni spedizione, ad ogni gita, ad ogni safari organizzato arrivava il momento della bevuta.
Quella volta, essendo mattina, non era disponibile il gin-tonic e così ci accontentammo di una bibita gassata.
Dopo la pausa, ci siamo mossi in direzione dell'agenzia, seguendo un'altro percorso e dopo alcune discese da brivido, siamo tornati a Swakopmund.
Dopo i saluti e le mance (molto sontuose per la guida), siamo partiti alla volta di Twyfelfontein.
Dopo un'oretta di noiosissima strada asfaltata vista mare, ci siamo fermati in un avamposto in mezzo al nulla per comprare del cibo per il pranzo.
L'avamposto (è il termine corretto) era un capannone che avrebbe voluto imitare uno dei nostri centri commerciali, solo che era completamente deserto ed erano vuoti anche il 90% degli spazi espositivi; sul fondo del capannone un minuscolo bar con poco o niente a disposizione.
Il luogo non era per niente piacevole e non ci si sentiva i benvenuti; svolgemmo i nostri affari il più rapidamente possibile e poi tornammo sulla strada.
Dopo l'avamposto la strada prese la direzione dell'entroterra e tornò ad essere sterrata, il percorso era dritto ed all'orizzonte non si vedeva nulla se non il sole; unici oggetti verticali erano i pali della corrente che correvano paralleli alla strada.
Sulla strada nessun'altra auto; il percorso era così deserto che la Vigi ha potuto fare la pipì praticamente sulla strada... tanto la visuale spaziava per chilometri su tutti i lati e non c'era traccia di vita, ne umana, ne animale ed in alcuni punti neanche vegetale... ovunque solo terra asciugata dal sole.
Le due ore passate su quel percorso sono state l'unico percorso Namibiano che non mi è piaciuto.
Passate le due ore, ci siamo trovati nel Damaraland. Ai lati delle strade cominciammo ad incontrare persone che guidavano carretti trainati da asini denutriti, sparuti gruppi di capre malconce e poi più avanti piccole e cadenti baracche che fungevano da negozi di souvenir gestiti dalla gente del luogo intervallati da bambini con taniche vuote che chiedevano acqua.
Per la prima volta nel nostro viaggio intravamo la povertà... quella vera... quella che rende più importante una tanica d'acqua che un biglietto da 10 euro.
Fui sconvolto e spaventato da questa visione.
In televisione si vedono ovunque bambini denutriti, gente vestita di stracci, persone con le mosche che gli ricoprono la faccia... la televisione però è un filtro, rende tutto come un film e trasforma le cose più aberranti in semplici immagini lontante. Trovarsi a tu per tu con la povertà è invece come ricevere un pugno nello stomaco da un pugile professionista: ti lascia senza fiato, senza riferimenti, impaurito.
Passi la tua esistenza a farti lunghe docce, bagni rilassanti, gite in piscina ed altre mille cose dando per scontata l'acqua... poi ti ritrovi in un posto dove la gente muore di sete, non è che non ha l'acqua per farsi una doccia o per lavarsi i denti... non ha l'acqua per bere!
Mi colse la paura e mi venne il panico... se fossi stato nei loro panni avrei assaltato ogni auto per rubare cibo ed acqua... avevo paura che si bucasse una gomma o si guastasse il motore con conseguente assalto di quelle persone, ogni volta che qualcuno mi faceva segno di fermarmi per vendermi un souvenir mi veniva il batticuore, ogni volta che una capra rachitica attraversava la strada cercavo di non fermarmi. Fu un percorso sconvolgente.
Verso sera arrivammo al "Twyfelfontein Country Lodge": luossissima struttura posizionata nel mezzo di questi monti bruciati dal sole.
Dopo aver lasciato i bagagli in camera ed aver fatto una breve passeggiata, raggiungemmo il bar.
Tutta la struttura principale (reception, negozio di souvenir, bar, ristorante, piscina) era inserita e si inerpicava su di una parete rocciosa.
Il bar non aveva pareti (a parte la parete posteriore che era la parete di roccia stessa) e spaziava sull'immensità del Damaraland.
Ci sedemmo di fronte a quel panorama meraviglioso e sorseggiammo gin-tonic fino all'ora di cena (alla quale io arrivai un po' brillo).
Seduto su quelle poltrone comode, di fronte a quel panorama meraviglioso, col mio gin-tonic in mano e la mia bellissima fidanzata di fianco mi sentii l'uomo più ricco e fortunato del mondo.
Nella lunga fase di aperitivo ri-incontrammo "Il nostor amico".
Aveva cambiato guida e scoprimmo che aveva fatto il nostro stesso itinerario e ci aveva visto da lontano... scoprimmo che aveva sorvolato la Dead-vlei in aereo e si era chiesto chi erano quei due pazzi che scalavano la duna nel punto più impossibile e che aveva sorvolato in aereo Sandwich harmbour chiedendosi chi erano quelli che con i fuoristrada saltavano le dune.
Ci raccontò qualcosa in più su di lui e ci disse che si sarebbe fermato in Namibia ancora qualche giorno. Poi cominciò a parlare la sua guida che ci raccontò di essere un italiano innamoratosi di una namibiana Himba che aveva abbandonato l'occidente per venire a fare la guida in Namibia e sposare la sua bella.
Era un tipo simpatico e piacevole, sempre allegro, positivo e propositivo.
Ci accordammo per farci un whiskey dopo cena tutti insieme.
La cena fu pantagruelica e di grande qualità, assaggiamo vari tipi di carne, dalla zebra allo springmbok ed era tutto ottimo.
Alla fine della cena i cuochi ed i camerieri cominciarono a cantare dei brani della tradizione locale ed io ritrovai in questi canti, le origini dello spiritual... fu emozionante, anche perchè durante il viaggio stavo leggendo un libro sul blues e la black music in genere.
Dopo la cena, ci facemmo un whiskey con la guida ed "il nostro amico" e poi ce ne andammo a letto felici e soddisfatti.
Un altro giorno pieno di emozioni era passato ed io amavo sempre di più la Namibia ed in generale il viaggio.
3 commenti:
Bellissimo questo tuo diario del tuo viaggio in Namibia.
Alcuni particolari mi hanno colpito:
l'entusiasmante racconto della scalata alle dune a bordo del quad, esaltante. La descrizione della povertà e della necessità dell'acqua per queste popolazioni (pensiamo un pò a quanta ne sprechiamo ogni giorno noi occidentali). Il panorama dall' hotel nella roccia e la carne di zebra, era buona? ben cucinata?
Forse ti è mancato un "scalfirot" di Lambrusco?
... bhe essendo langarolo mi sarebbe dovuto mancare la Barbera... ma in Namibia si beveva sempre gin-tonic... dicono protegga da svariate malattie ed è molto buono...
cavolo, un grande viaggio!
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