martedì 6 dicembre 2011

Gudu's namibian experience - Parte seconda

27 agosto 2011

La luce che filtrava dalla veranda mi svegliò.
Mi alzai lento ed andai alla porta della veranda per aprire le tende.
La veranda si affacciava direttamente sui campi da golf: davanti a me tanto verde e le prime attività degli addetti ai campi... una visione piuttosto occidentale.
Piccola passeggiata per saggiare l'aria frizzante delle mattine namibiane e poi pantagruelica colazione... e fino a qui, tutto molto occidentale.
Alle 8 precise mettevo in moto la nostra Toyoya 4x4 e mettevo in moto l'avventura.
La prima tappa era ad un distributore appena fuori città; 20 Km di rarissima strada asfaltata che ci avrebbe portati all'incrocio verso le strade montane.
Io ero alla guida, ero nervoso, ero preoccupato. Non ero mai uscito dall'Europa, dal salubre e civilizzato occidente. Sulla strada poche macchine, quasi tutte piccoli pick-up col cassone pieno zeppo di persone, ai lati della strada piccolo gruppi di babbuini guardavano le macchine passare come dalle mie parti fanno i vecchi.
Fu quello il primo momento in cui realizzai davvero di essere in Africa, in un posto totalmente diverso dal mio normale habitat di vita; un posto dove le scimmie stanno ai lati della strada e guardano le macchine passare.
Arrivammo in fretta al distributore dove erano fermi altri avventurieri con i loro fuoristrata.
Mi sentivo davvero un avventuriero, non ero li con una gita organizzata; ero li solo con la mia fidanzata... noi due da soli... senza guida, senza autista, senza navigatore satellitare... solo un fuoristrada ed una piantina.
Decine di autoctoni ci guardavano, sentivo i loro sguardi minacciosi, ero pronto a difendere me stesso, ma soprattutto la Vigi da qualunque attacco... conoscevo il kung-fu e non avrei avuto paura di usarlo. Ovviamente gli autoctoni si stavano facendo i cazzi loro ed al massimo ci guardavano con lo stesso sguardo con cui io ero solito guardare i turisti che venivano a fare i pin-nic nella mia valle, i cosiddetti "Merenderos"; ovviamente non ci accadde nulla, se non essere fregati sul pagamento del gasolio della cifra astronomica di 10 centesimi.
Usciti dalla stazione di servizio imboccammo finalmente la strada sterrata per le montagne.
Guidare un fuoristrada per la prima volta su di una strada sterrata è semplice da descrivere: Terrore. Ad ogni sbalzo la piena coscenza dell'instabilità del mezzo, ad ogni pietra la paura di forare, ad ogni curva la sensazione della macchina che perde aderenza... e mentre io procedevo ai 40 Km/h concentrato come un pilota di formula 1, auto autoctone e fuoristrada mi superavano al doppio della mia velocità.
Dopo un giorno di guida, i salti e gli sballonzolii diventano naturali e non ci si spaventa più di nulla... anzi... la terra battuta è molto meno ingannevole di certi asfalti, è sincera, diretta, viscerale... ma i primi chilometri sono davvero da cardiopalma.
Lì cominciò la vera avventura.
La strada correva inerpicandosi sulle montagne come un enorme serpente, tutto attorno un paesaggio indescrivibile, davvero indescrivibile. Ci sono cose che nessuna foto, nessun filmato, nessuna descrizione può rendere; bisogna esserci dentro.
Guidavamo attraverso montagne semidesertiche con una panorama così ampio da non poter essere abbracciato con soli due occhi.
In questi luoghi tutto si fondeva insieme: l'odore dell'erba secca e della polvere, i colori della vegetazione, il rumore del vento, la luce surreale. Ci vuole del tempo per concepire tutti i milioni di imput che arrivano dall'esterno; aggrediscono con violenza occhi troppo piccoli per vedere, bocche troppo strette per assaportare, cuori troppo aridi per assorbire.
All'inizio mi concentravo solamente sulla guida per non essere aggradito da tutto questo "essere"... poi ad un certo punto ci siamo fermati per una pisciata... anche solo la descrizione di una fermata per la piscia rende l'idea del posto: macchina appena accostata e nessun segno di presenza umana, solo il rumore del vento che muove l'erba secca e la polvere della strada; ogni tanto il rumore di un babbuino che si lascia cadere da un ramo od i passi leggeri di qualche erbivoro. E' stato durante questa fermata che mi sono lasciato aggredire dall'Africa; ho lasciato che i miei sensi occidentali fossere violentati e rieducati a quello che veramente è l'esistenza.
In quel posto, lontano dai filtri della civiltà occidentale... lontano centinaia di chilometri dalla prima presa elettrica e lontano 10000 chilometri dal mio lavoro, dalle mie pratiche sociali, dalle mie abitudini, dalle mie fissazioni... lì... in quel momento... sono stato libero... libero di essere un granello di polvere in un deserto infinito. Se il tuo cuore è arido, in Namibia troverai solo rocce, polvere ed erba bruciata dal sole, ma se esiste in te ancora uno spiraglio di vero "essere", potrai connetterti con la terra e sentirti davvero vivo.
Da qual momento in poi facemmo parecchie fermate, soprattutto per fare foto ed osservare il panorama.
La vigi possedeva la sua reflex da circa tre anni; aveva fatto un corso professionale di fotografia, fotografato Vienna, Bruxel, Parigi, Bruges, Londra, Santiago, Roma, Venezia e mille altri posti, ma non aveva ancora potuto fotografare la sua amata Africa. Virginia era stata molte volte nell'Africa del sud... Sud Africa, Zambia, Kenia, Namibia, Botzwana, ma quando era andata non aveva ancora la sua fidata ed amata macchina fotografica.
Virginia amava profondamente l'Africa ed era un piacere vederla eccitata scalare creste, sporgersi da dirupi o scendere nei kanion per fare delle foto. Io dal mio canto, mi godevo quelle stupende atmosfere e col mio bionocolo provavo ad esplorare con la vista quelle distese, distese così immense da sembrare irraggiungibili anche se viste con un binocolo di ottima qualità.
Dopo tre orette ci trovammo dalla parte opposta delle montagne raggiungendo la zona del deserto del Namib. Gli avvistamenti degli animali cominciarono a farsi più frequenti (spesso dovevamo fermarci per l'attraversamento di qualche erbivoro) e così anche le nostre soste di osservazione... ogni animale avvistato era un'avventura, una foto, un'esclamazione di gioia, una scoperta grandiosa.All'ora di pranzo... evito appositamente l'uso di ore precise, perchè in Africa ci si può permettere di non guardare costantemente l'orologio... all'ora di pranzo arrivammo al mitivo Solitaire.
Solitaire è uno dei luoghi più famosi della Namibia e non a torto; è uno dei luoghi più caratteristici che io abbia mai visto in tutta la mia vita.
Solitaire è in pratica una stazione di servizio nel mezzo del deserto del Namib. 250 Km la separano dalla stazione di servizio più vicina e 350 Km la separano dalla città più vicina.
Solitaire è composta da due vecchie (ma funzionanti) pompe di benzina, un officina meccanica stile filmaccio d'avventura anni '80, uno sgangherato ristorante in stile "film di Bud & Spencer anni '70", un bazar di oggetti vari ed un panettiere. Ebbene si. Li, nel mezzo del deserto, nel mezzo del nulla, un pazzo crucco emorme e rubizzo aveva deciso di aprire una panetteria... e che panetteria... ho contato almeno dieci tipi di torte, quindici tipi di biscotti e pasticcini ed il mitico pane namibiano. Il pane namibiano esiste di un solo formato: parallelepipedo di sezione 10x10 centimetri ed altezza 18 centimetri. Il pane namibiano mantiene le stesse caratteristiche anche per una settimana senza bisogno di particolari artifizi conservativi; è gustoso e riempie la pancia che è un piacere. Immaginatevi di essere in mezzo al deserto e di trovarvi in una semibaracca davanti ad un ciccione biancobarbuto, rubizzo e sorridente che ti propone di assaggiare la sua torta di mele... non ha prezzo... un babbo Natale nel deserto.
Dopo un buon pranzo nel ristorantino di Solitaire, riprendemmo la strada verso il primo lodge che ci avrebbe ospitati. Non ho mai capito come facesse Virginia a capire dove eravamo e dove dovevamo andare guardando la piantina, io ci provai più volte senza mai capire nulla. Quando guidavo io, Virginia mi indicava la strada mentre quando guidava Virginia doveva essa stessa consultare la piantina per decidere che direzione prendere.
Intorno alle 15.00 arrivammo al "Namib Desert Lodge", lussuoso lodge che ci accolse con un'ottimo succo di limone. Non perdemmo l'occasione di prenotare subito un spedizione guidata al tramonto presso le dune pietrificate presenti in zona. Le dune pietrificate sono dune che col passare del tempo (milioni di anni), a causa del peso della sabbia e degli eventi atmosferici, sono diventate dure come la roccia. In attesa della partenza ci sistemammo nella nostra capanna (io scrivo capanna perchè quello era lo stile architettonico, ma si strattava di sistemazioni molto lussuose) e poi andammo a rilassarci in piscina. C'erano due piscine, una d'acqua dolce e l'altra d'acqua salata; la temperatura media dell'acqua era di 10°C. La Vigi, una volta saggiata la temperatura, decise evitare il bagno, mentre io mi tuffai nell'acqua gelida ottento un totale rilassamente di muscoli ed una sensazione di grande benessere. In verità lo feci come sfida ad una cicciona inglese che si era tuffata in quell'acqua gelida senza farsi problemi... come potevo farmi superare da una balenottera inglese?
Poco prima del tramonto saltammo sulle 4x4 delle guide e partimmo alla volta delle dune pietrificate. Non dovendo guidare, potemmo goderci appieno l'atmosfera ed il panorama. Guidavamo in mezzo all'erba secca alta più di un metro a velocità ridotta godendoci tutto quello che ci circondava.Il tramonto nel bush è quieto e rilassante: l'aria è tiepida, gli odori intensi ma delicati, i colori caldi ed avvolgenti. Avvistammo anche alcuni erbivori: coloratissimi sprinbock ed eleganti Orici e ci godemmo il mare d'erba che ballava guidato dal vento. Al tramonto ci fermammo in cima ad una delle dune più alte e le guide servirono un aperitivo per tutti i presenti (circa 15 persone).
Io e Virginia, oramai galvanizzati dall'atmosfera, buttammo le scarpe vicino ad un cespuglio e ci godemmo la sensazione della sabbia fresca sotto i piedi (piedini nel caso della Vigi). Mentre lei fotografava l'immensità del panorama ed i colori del tramonto io mi sedetti a terra col mio gin-tonic in mano e mi misi ad osservare tre Orici che apparvero da tre direzioni differenti e, muovendosi con estrem alentezza, arrivarono ad incontrarsi; poi volsi lo sguardo verso il sole. Non ci si stufa mai dei tramonti Africani. Il sole si muove così rapidamente che è possibile scorgerne il movimento; i colori sono accesi e caldi, ma tenui e catturano gli occhi con delicatezza fino a rapirli completamente... anche la Vigi smise di fare fotografie e rimase a godersi il tramonto. Come ho già scritto, il tramonto è rapido: in quindici minuti era buio e nel notturno del bush rientrammo al lodge un poco infreddoliti per la temperatura calata anche lei repentinamente (in quella zona del deserto si passa da +30 a +10 in poco più di un'ora).
Prima di cena ci fu il mio famoso avvistamente della "Testa che si inabissa". Descrivo la scena: io svaccato su di una sedia fuori dalla capanno vedo una testa tonda inabissarsi nell'erba a poche centinaia di metri dalla nostra capanna; dico a Virginia (che sta pulendo l'armamentario fotografico) "Hei, ho visto una testa inabissarsi" e lei "Testa? era tonda" ed io "Si, bella tonda, carina con le orecchiette tonde" e lei "Cazzo, ma allora era un leopardo od un ghepardo!". In un nanosecondo ero nella capanna con la porta sprangata.
La cena fu ottima: zuppa, carne di orice e patate al forno; il tutto accompagnato dalla mitica Windoek lager, la birra che ci ha accompagnati per tutto il viaggio. Quando siamo usciti dalla sala comune ci attendeva un percorso di 200 metri al buio in mezzo al bush e, dopo la storia della "Testa che si inabissa", un po' ci turbava questa distanza, ma poi fummo rapiti dal cielo.
Cacchio! Nell'altro emisfero si vede la via lattea... con tanto lattiginosità. In mezzo al deserto, senza inquinamento atmosferico e luminoso, il cielo era cosparso da migliaia di stelle sconosciute. Uno spettacolo di cui non sono mai stato sazio durante tutto il viaggio.
Rientrati nella capanna abbiamo fatto l'amore e ci siamo addormentati esausti e felici.

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