martedì 21 maggio 2013

The gudu's "Provence" experience

In occasione dei compleanni mio e della Vigi, invece del classico regalo, si è deciso di regalarci una piccola gita in Francia nella Provenza.

Il venerdì sera (5 apriel 2013), dopo il lavoro, siamo partiti in direzione del colle di Tenda.
Superare il colle di Tenda mi da sempre una piacevole sensazione, molto simile a quella che mi danno gli aeroporti... una specie di portale che mi proietta verso le avventure.

Intorno alle 20.00 ci siamo fermati in un piccolo paese subito dopo il confine con la Francia per cenare.
Le zone francesi a ridosso delle valico mi affascinano. Piccoli centro abbarbicati sulle rocce, silenzioni, semideserti... location ideali per film horror, noir, gotici et similia.
Abbiamo gustato una bistecca (io) e del pesce (Vigi) in un piccolo ristorante deserto e poi siamo ripartiti alla volta di un piccolo b&b nei pressi di Toulon prenotato dalla Vigi.
Dopo una notte tranquilla e riposante ci siamo avviati verso "Presu'ile de giens" dove abbiamo passato la mattinata visitanto il centro storico e la famosa lingua di terra in mezzo al mare popolata di svariati tipi di uccelli (in quel periodo però disabitata).
A dire il vero in quella zona non ci sono molte cose da vedere, soprattutto nella stagione primaverile. Penso che il fascino del luogo derivi da quella sensazione di placida desolazione che emana da ogni cosa: vecchie case dai serramenti multicolori, strade deserte, persone silenziose, il mare placido e meno rumoroso del solito ed infine quella lingua di terra che si estende verso il mare come un'estrema emanazione di questi silenzi.
Per un amante come me dei luoghi desolati e silenziosi è stata una tappa che ha riscosso un certo successo.
E' stato inoltre estremamente rilassante osservare il panorama dalla cima delle collina, passeggiare per mano con la Vigi per le vie ed i parchetti deserti e poi sulla riva del mare non ancora riecheggiante dei versi degli uccelli.
Il tempo non era nostro amico, nubi basse si addensavano e diradavano senza mai dare troppo spazio al sole. Insomma, tutto concorreva a creare quell'atmosfera lugubre simil-gotica che io ho trovato cosi piacevolmente pittoresca e rilassante.
Per pranzo abbiamo raggiunto Toulon dove abbiamo pranzato in una vineria accompagnando ottimi piatti ad ottimo vino (nostro fedele compagno in tutti i pasti del viaggio).
Siamo usciti parecchio alticci dalla vineria ed abbiamo passeggiato per la cittadina.
Una volta ripresi dall'ebrezza (aiutati anche dall'abbondante pioggia), abbiamo raggiunto Marseille.

Marseille sarebbe un luogo piacevole da visitare se non fosse sporca, mal abitata ed in stato manutentivo pessimo.
Siamo arrivati in centro sotto una pioggia scrosciante.
Poche persone camminavano sfrezate dala pioggia e sembrava di essere in una versione francese di Blade Runner.
Raggiungendo il parcheggio sotterraneo ho adocchiato in lontananza una cattedrale gotica bellissima, ma la pioggia ci ha scoraggiati a rintracciarla.
Nel parcheggio sotterraneo piccoli autoparlanti emettevano cinguettii di uccelli, cosa che ha ulterirmente aumentato la mia sensazione di Citta post-apocalittica decadente.
Sotto una noiosa e fredda pioggia ci siamo mossi all'interno del famoso "Panier" ovvero il centro storico.
Il centro storico era paragonabile a qualsiasi centro storico, solo molto più sporco.
Abbiamo raggiunto in fretta il b&b per scoprire che non c'era nessuno.
Un po' di telefonate e siamo riusciti a parlare ad uno dei gestori ci ha chiesto di attendere una mezzoretta o poco più.
Dopo aver visitato la struttura museo di archeologia mediterranea, alle 17.30 precise il museo ha chiuso i battenti ed anche tutti i chioschi. Ci così siamo chiusi in un infimo bar a bere tisane.
All'arrivo del gestore del b&b abbiamo capito cosa era successo: si erano sbagliati nelle prenotazioni.
La nostra camera non era disponibile, ma il gestore mortificato si è fatto perdonare offrendoci allo stesso prezzo la suite all'ultimo piano... botta di culo!
La suite aveva un arredamento bislacco, ma piacevole ed un'ottima vista dal terrazzo.
La sera abbiamo preferito non allontanrci troppo perchè la zona sembrava davvero pericolosa (emblematica la scritta sul muro della piazza del museo: "Touristes rentrer à la maison") così siamo finiti in una piccola ed anche un po' puzzolente vineria dove però il vino era ottimo.
A causa delle nostre ridotte capacità linguistiche, dopo un tagliere di salumi e formaggi, mi sono ritrovato nel piatto una salsiccia fatta con le frattaglie... una prelibatezza per i locali... una cosa immangiabile per me... ci ho provato, ma ho rinunciato dopo il primo conato di vomito.
Tornando a casa, ci siamo fermati nel classico 24h market pakistano dove ho comprato delle merendine e della frutta ed ho così tamponato il buco nello stomaco... aiutato dell'ottimo vino bevuto nella vineria.
Ci siamo addormentati ebbri e divertiti.

A parte l'enorme cappella dei gestori, se si  deve sostare a Marseille, consiglierei a chiunque di sostare nel sopracitato b&b che si chiama "Au vieux panier".
Lo stabile è interessante, le camere pulite ed arredate con stile pittoresco e la colazione è fantastica.
La mattina successiva abbiamo completato il giro della cittadina visitando il vecchio porto e vedendo dall'esterno "Notre dame de la garde" che è davvero una splendida struttura ed il forte che è davvero imponente.
Dopo la piccola passeggiata abbiamo ripreso l'auto e ci siamo diretti ad "Aix en Provence", ridente cittadina dal centro storico interessante e famosa per le fontane di muffa.
Si tratta sostanzialmente di getti d'acqua attorno ai quali hanno lasciato crescere costantemente la muffa fino a che si sono create vere e proprie statue di muffa.
Il sole ci è stato amico ed il giro è stato molto piacevole e rilassante.
Vesitando questa cittadina ho capito ancora una volta che noi italiani siamo dei coglioni.
"Aix en Provence" è una cittadina carina resa molto attrattiva e piacevole dall'organizzazione e dalla capacità francese di enfatizzarne le bellezze e particolarità. In Italia c'è una cittadina così ogni 20 Km.
Ad "Aix en Provence", praticamente tutti i cittadini vivono sul turismo... ristoranti, bar, negozi, guide turistiche, servizi vari.
Se sapessimo gestire il nostro patrimonio non avremmo bisogno di ammazzarci di lavoro nelle fabbriche e di inquinare ed inquinarci con l'industrializzazione selvaggia.
Non ho mai sentito un politico parlare seriamente di turismo in Italia... potremmo vivere... vivere molto agiati... solo basandoci sul turismo. Bhaaaaa... fine della digressione.
In questa piacevole ed organizzata cittadina abbiamo fatto un ottimo pranzo, ovviamente abbondantemente innaffiato da ottimi vini.
Nel pomeriggio, dopo un'ennesima passeggiata per il "recupero alcolico", ci siamo diretti verso Avignone.

Avignone è impressionante. Immensa ed imponente potrebbe rivaleggiare senza problemi con le finte città-fortezze del film "Il signore degli anelli".
La città è un misto fra un forte ed un castello. Le mura chiare, altissime e spessissime si ergono a fianco del fiume e sembra quasi che ne controllino lo scorrere con la loro energia.
Dopo aver posato i bagagli nel nostro b&b (di cui parlerò più avanti), siamo andati a visitare le città.
La sensazione data dall'esterno di amplifica all'interno.
Le vie strette e le architetture interne, anch'esse alte e maestose, danno un senso di forza, ma anche di oppressione.
Tutta l'architettura e la mappa della cittadella sembrano voler indicare la sottomissione della città e dell'ambiente sottostante al palazzo papale che è l'unica struttura ad aprirsi su una grossa piazza sopraelevata su più livelli baciata dal sole per tutto il giorno in tutte le stagioni.
Al palazzo si accede dall'immenso portale che da direttamente sulla piazza.
Il palazzo è bellissimo... spazi immensi, giochi di luce ed architetture molto lontane dal gotico francese a cui ero abituato.
Dopo il palazzo abbiamo visitato il famoso "Pon't d'Avignon" che è stato un po' deludente rispetto al resto e poi abbiamo fatto un piccolo giro della cittadella.
Sono rimasto negativamente stupito dalla "teppa" (termine piemontese per dire "gente poco raccomandabile" od anche gentaglia) omnipresente ed anche dalla sporcizia.
La cittadella è molto affascinante e godibile, ma sporcizia umana e di oggetti hanno rovinato un po' il nostro giro ed il nostro godimento.
Intorno alle 18.00 siamo rientrati al b&b.
La Vigi, che ha un fiuto quasi sovrannaturale per alberghi, b&b e ristoranti, aveva prenotato a "Le saisons": un bellissimo b&b all'interno di un palazzo storico nella vicina "Villeneuve Lez Avignon".
In quel b&b tutto "faceva atmosfera" a partire dal proprietario dallo strano modo di fare, l'accozzaglia di mobiglio d'epoca disposto quasi a casaccio, il silenzio del luogo, le camere ed anche la stessa cittadina squisitamente medievale.
Dopo un breve riposino siamo usciti in cerca di un luogo in cui cenare.
Grazie al fiuto della Vigi, abbiamo trovato una vineria frequentata per lo più dai locali con ottimi piatti e superbi vini.
Inutile dire che siamo tornati anche questa volta in camera ubriachi.

La mattina successiva abbiamo visitato quella che io ho battezzato "La barolo francese".
Un piccolo paese nel quale ad ogni angolo c'è l'atelier di un produttore in cui assaggiare ed acquistare vini.
Dopo una breve visita al castello diroccato ed al centro storico, intorno alle 10.30 del mattino, abbiamo cominciato gli assaggi.
A dirla tutta non abbiamo fatto troppe fermate... ad essere sinceri solo una. Dopo aver infilato il naso dentro tutti gli ateliers, abbiamo seguito l'ispirazione della Vigi ed abbiamo scelto un produttore che ci ha accolti nel piccolo atelier ricavato in uno scantinato e ci ha fatto assaggiare innumerevoli vini.
Dopo aver molto bevuto ed acquistato due bottiglie di ottimo "Chateauneuf du pape" ci siamo messi sulla via del ritorno.
La pausa pranzo l'abbiamo affettuata in una cittadina a caso all'interno di una birreria in stile simil-bavarese.

Alla sera eravamo di nuovo sulla cima del Colle di Tenda dove abbiamo trovato la neve.
Abbiamo messo piede in casa stanchi e felici intorno alle 22.00.

E' stata una piacevolissima e rilassante gita.
Ho bevuto come raramente ho fatto... sono praticamente stato ebbro pre tre giorni di fila... e la cosa mi è piaciuta.
I vini locali sono ottimi... mi spiace dirlo, ma tengono il confronto con i vini delle langhe... anche se devo specificare che i vini delle langhe variano molto nei gusti e nei profumi, mentre i vini provenzali sono tutti molto simili fra loro.
E' stata una bella avventura on the road con la Vigi dove ho potuto visitare una parte di Francia che non conoscevo. Anche questa volta sono diventato un po' più ricco.

giovedì 16 maggio 2013

The enlarged gudu's Tanzanian experience - Parte 6

E così giunse il momento del ritorno a casa.
Per me è sempre un momento denso di sentimenti e sensazioni.
C'è la tristezza per la fine della vacanza e contemporaneamente il piacere di ritornare a casa ed il pensiero allettante del raccontare il viaggio ai conoscenti ed ai parenti.
La fine di ogni viaggio è il momento in cui mi sento maggiormente "avventuriero"... è come se il mio subcosncio dicesse "Adesso che hai visto tutto, sei più maturo e più navigato" ed in effetti è così perchè ogni viaggio che ho fatto mi ha reso immensamente più ricco e grande dentro.
Il primo giorno di ritorno verso la capitale abbiamo seguito a ritroso la strada fatta all'andata con tanto di gamedrive al parco Mikumi e sosta serale nello stesso campo tendato in cui sostammo all'andata, per intenderci il campo della terribile tedescona "Bruttilde".
Il viaggio fino al Mikumi è stato silenzioso e pieno di sguardi malinconici rivolti alle bellezze attorno a noi ed a quell'atmsfera di placida quiete che io ho trovato fin'ora solo in Africa.
Una piccola fermata in un villaggio per comprare qualche souvenir ed una sosta per il pranzo sono stati gli unici momenti all'esterno del fuoristrada.
Appena possibile abbiamo imboccato la lughissima strada asfaltata che attraversa l'Africa di cui ho accennato nei capitoli precedenti e che descriverò meglio più avanti; la strada ci ha portati fino al Mikumi. Dopo una lenta e rilassante cena al campo tendato con i bush baby che ci guardavano curiosi (e golosi) e Bruttilde che ci guardava di traverso ) forse per i terribili commenti lasciati nella scheda di valutazione all'andata), ce ne siamo andati a dormire esausti.
Il giorno dopo eravamo di nuovo sulla lunga strada asfaltata.
Questa volta non avremmo preso le bellissime strade di montagna, ma avremmo proseguito sull'asfalto fino alla capitale.
Su questa strada ho visto l'Africa che non mi piace... certo pittoresca, ma non bella.
La strada si inerpica sulle montagne con pendenze pazzesche.
Sulla strada poche auto, molti autobus, moltissimi camion e nelle vicinanze dei centri abitati sciami di motociclette cinesi di piccola cilindrata.
Gli autobus sono proprio come se li potrebbe immaginare uno scrittore di romanzi d'avventura tipo Clive Cussler: vecchissimi, arrugginiti, privi di porte e finestrini e zeppi di persone... persone sedute, persone in piedi, persone sul tettuccio, persone appese a penzoloni dai finestrini.
I camion erano di ogni tipo: c'erano i giganteschi modelli americani con enormi rimorchi sui quali sostavano spesso persone che si facevano dare un passaggio, poi c'erano i modelli europei meno mestosi ed anche piccoli camioncini strapieni di materiali, animali, persone.
Camion ed autobus faticavano nelle salite fumando penosamente dallo scappamento e spesso anche da motore; ai lati della strada ogni 20-30 Km si trovavano mezzi in panne con il motore fumante od addirittura in fiamme. Due rami d'albero fungevano da "triangolo" ed ai fianchi di questi mezzi gli autisti fissavano il loro camion con sguardo vuoto che non tradiva altra intenzione se non aspettare.
Quando la cosa accadeva agli autobus, tutto attorno al mezzo buona parte della gente si accampava in attesa di non so cosa, mentre alcuni cercavano di farsi dare dei passaggi o di saltare sui rimorchi degli altri camio che passavano lentissimi.
In discesa i camion si muovevano lenti sfruttando il freno motore mentre gli autobus sfrecciavano a valocità spropositate.
Più a lato della carreggiata si trovavano camion, autobus ed automobili ribaltati, bruciati, ridotti a scatolette informi... gurdanto autobus reduci di incidenti sicuramente pazzeschi mi chiedevo quanta gente morisse ad ogni scontro calcolando anche come erano sistemati su questi mezzi.
Spesso c'erano piazzole dove piccoli gruppi di persone vendevano carbone, frutta e qualche volta oggetti. Ai lati della strada sorgevano vari centri abitati, affacciati sull'asfalto, composti da capanne di lamiera e pietra.
Ci siamo fermati per andare in bagno in una specie di autogrill.
Un piazzale pieno di camion ed autobus (turistici e locali) con un fatiscente bar e dei bagni che mi hanno fatto rimpiangere i water all'aperto.
I locali avevano facce e sguardi torvi che solo a guardarli gli aversti dato il portafogli ed anche un rene senza fare storie. La fermata è stata ovviamente molto breve.
Una pausa simile l'avevamo già fatta per pranzo il giorno precedente, appena saliti sulla strada. Quella volta nel parcheggio c'era un grosso mercato di verdura e frutta locale. Il locale era peggio dei "peggiori bar de Caracas" visti nella pubblicità del rhum... con tanto di pista da ballo/incontri clandestini degna dei peggiori film di Jean claude Vandamme.
Per il pranzo del secondo giorno di viaggio, su specifica richiesta nostra, abbiamo abbandonato la strada principale imboccando per qualche chilometro la cosiddetta vecchia strada e fermandoci in un piccolo villaggio. L'atmosfera era un po' migliore ma sempre molto tesa. Anche in questo caso la pausa è stata breve.
Nel pomeriggio abbiamo raggiunto la capitale e siamo stati portati in un mega centro per lo shopping turistico per passare il tempo ed acquistare gli ultimi souvenir.
Io ho fatto scorta di roibos ed insieme alla Virgi abbiamo acquistato alcuni oggetti per la casa.
Alle 17.00 eravamo già in aereoporto.
C'erano due ore di attesa prima dell'imbarco.
Abbiamo salutato Bilali lasciandogli una cospicua mancia e poi ci siamo messi a giocare a Munkin fino a che non è venuta l'ora dell'imbarco.
Arrivati al gate abbiamo scoperto che c'era un ritardo nella partenza.
Nuci e Feddy hanno erano parecchio sclerati per il ritardo, mentre io mi sono coricato sulle sedie per l'attesa e mi sono appisolato.
Alla fine ci siamo imbarcati con quasi un'ora di ritardo.
Una volta accomodati sull'aereo mi sono subito appisolato per poi svegliarmi a causa di una tempesta su Nairobi. A Nairobi l'aereo si è riempito e poco dopo la partenza hanno servito la solita terribile cena, fra gli sballonzolii della tempesta.
Durante il volo mi sono guardato "Candidato a sorpresa" ed ho tentato di guardare qualcos'altro, ma poi mi sono addormentato.
Nonostante il ritardo, siamo arrivati a Zurigo in tempo per prendere l'aereo che ci avrebbe portati a Milano. Sull'aereo del ritorno c'eravamo solo noi, una giovane famiglia ed una ragazza che si era dimenticata del cambio di clima ed era vestita solo di vestitino quasi trasparente bianco e sandali.
Inutile dire che all'arrivo a Malpensa, nel trasferimento sul pullman, ha sofferto "un po'" il freddo.
Alle 11.30 del 1 gennaio 2013 eravamo già sulle strade del cuneese. Le strade deserte tipiche della mattina del primo dell'anno... quell'atmosfera surreale e placida che sotto certi aspetti mi ricordava certe atmosfere africane.
Anche questo viaggio era finito.
Avevamo visto un'altro tipo di Africa rispetto alla Namibia, altrettanto affascinante.
Avevamo visto e vissuto infinite cose speciali.
E' stato un viaggio bellissimo.
Sono tristemente conscio della trasformazione continua dell'Africa... trasformazione purtroppo peggiorativa dovuta all'invasione prima occidentale ed ora orientale... un popolo che sta perdendo le proprie bellezze e le proprie poche certezze e le proprie peculiarità.
Sono felice di aver visto una Tanzania ancora per la maggior parte selvaggia... affascinante e magica nella sua ancestralità. Lontana dai parchi del Nord pieni di turisti e di "Occidentalità"
Una nota positiva per i miei compagni di viaggio che hanno reso il viaggio ancora più speciale.

Spero di tornare al più presto in Africa. Vorrei vedere il delta dell'Okawango quando arriva l'acqua dopo la stagione secca, scalare il Kilimangiaro, sostare in riva al lago Malawi e meditare nel Kalahari... e poi vorrei tornara in Namibia... lo stato che mi ha portato via il cuore.

giovedì 2 maggio 2013

The enlarged gudu's Tanzanian experience - Parte 5

In questa quinta parte dell'Enlarged Gudu's Tanzanian Experience cercherò di descrivere i giorni passati al "Ruaha National Park"; uso la parola "provo" ben sapendo che è impossibile descrivere davvero le sensazioni e le emozioni che si provano in questi luoghi... per capire davvero bisogna provare.

Durante i tre giorni passati in questo parco il programma è stato pressochè sempre lo stesso:
1) Colazione
2) Safari fotografico
3) Pranzo
4) Safari fotografico
5) Cena
6) Dopocena
7) Riposo notturno

Può sembrare un programma monotono se non fosse che ogni giorno è diverso in Africa pur restando tutto uguale.
Ogni cielo mattutino è nuovo come ogni cielo stellato, ogni panorama è nuovo, ogni animale è diverso dal precedente, ogni paesaggio lascia senza fiato.

Al mattino ci si svegliava rilassati e riposati... non c'erano orari precisi da seguire, non sentivamo lo "stress dell'orologio", non eravamo schiavi di Chronos... eppure i cicli della natura ci portavano ad essere molto regolari nei nostri orari... la regolarità senza lo stress.
Al mattino ci si svegliara rilassati e riposati... dall'esterno della tenda si sentivano migliaia di uccelli cantare e la luce filtrava nella tenda.
Al mattino ci si svegliara rilassati e riposati... amavo aprire la zip della tenda ed essere innondato di sole, profumi, rumori... innondato di vita d'Africa.
Al mattino ci si svegliara rilassati e riposati... uscivo all'esterno e lasciavo che il sole mi scaldasse il viso tenendo gli occhi chiusi ed assaporando ogni cosa percepibile dei miei sensi.
Dopo esserci lavati e vestiti, ci si trovava davanti alla tenda di Mello e poi si andava alla tenda comune per fare colazione.
La colazione era per me all'italiana e per tutti gli altri del gruppo continentale.
Dopo colazione si partiva per il safari fotografico.
In questo parco abbiamo visto molto animali difficili da avvistare perchè rari o notturni come ad esempio il gatto selvatico e l'otocione, ma l'incontro più sensazionale fu con un leopardo che aveva appena finito di cacciare.
 
Era il secondo giorno e Bilali ricevette via radio l'annuncio di un avvistamento di leopardo.
Il lento incedere del fuoristrada si trasformo in una corsa sfrenata (per quando possibile un una zona foreste ed altipiani) verso il luogo dell'avvistamento.
Arrivati sul posto, dopo pochissimo minuti, individuammo il leopardo che si muoveva nel sottobosco.
Quando il leopardo si fermò sotto ad un cespuglio, spegnemmo il fuoristrada e rimanemmo in attesa.

Noi non ne eravamo coscienti, ma ci eravamo fermati proprio sopra la su preda: un cucciolo di facocero appena ucciso e probabilmente abbandonato sul posto al nostro arrivo.
Rimanemmo immobili per non so quanti minuti, poi il felino comincio a muoversi verso di noi.
Macchine fotografiche, videocamere e binocolo erano puntati sulla bestia che continuava ad avvicinarsi.
Passo di fianco alla macchina letteralmente appoggiandosi alla portiera del guidatore.
Noi chiudemmo i finestrini rapidamente, ma non potevamo chiudere rapidamente il tettino e così ci limitammo e rientrare nell'abitacolo sperando in bene.
Il leopardo si muoveva molto lentamente.
In un momento di coraggio, decisi di uscire dal tettino per riprendere il suo incedere.
Mi sporsi con tutto il corpo al di fuori della sagoma del fuoristrada ritrovandomi a non più di un metro e mezzo dalla faccia del leopardo.
L'animale vendomi si fermò per qualche istante, probabilmente per calcolare se era il caso di attaccare. Io rimasi immobile con la videocamera puntata sui suoi occhi selvaggi.
Improvvisamente, con un movimento fulmineo, il leopardo afferrò la preda sotto al fuoristrada e si distanzio di un paio di metri da noi prima di girarsi indietro e controllare eventuali nostre reazioni.
Dopo aver verificato la nostra inoffensività, si nascose rapido nel sottobosto.

Fu un'emozione grandissima: eccitazione mista a paura mista ad ammirazione.
Innanzitutto il lepardo è uno degli animali più affascinanti che avessi mai visto. Quegli occhi selvaggi, attenti come quelli di pistoleri dei film western, profondi come il profondo.
Ogni fattezza del corpo e del muso sembravano creati per dare l'impressione di un combattente pericoloso e selvaggio.
Trovarsi a pochi centimetri da uno dei pochi animali che uccidono per sfizio e non solo per necessità (siamo in pochi: anaconda, leopardo, uomo e pochi altri) senza protezioni e senza filtri... è stata un'emozione grande... e mi sono anche discretamente cagato addosso dalla paura.
La scena del cacciatore stanco con la propria preda è una delle più emozionanti fra quelle osservabili in Tanzania,  in questo coso è stata rovinata dal fatto che noi avevamo disturbato con la nostra presenza la naturale essenza del momento, ma è stata lo stesso emozionantissima.
Rimanemmo ancora molto tempo fermi a scrutare i cespugli... fino a che il lepardo decise di andarsene seminandoci rapidamente.
Oltre a questi animali più difficili da vedere, collezionammo in quei giorni un numero incredibile di avvistamenti.
Interi gruppi di elefanti, bufali, zebre, giraffe ed altri erbivori.
Affreschi spettacolari creati da bellissimi esemplari immersi in paesaggi incredibili.
 




Un'altra scena che mi colpì molto fu assistere alla reazione degli animali all'arrivo in zona di un predatore.
Bilali fu avvisato di un avvistamento di ghepardo vicino a dove eravamo. Arrivammo sul posto in pochi minuti.
Eravamo passati di li non più di 5 minuti prima e l'amosfera era competamente cambiata.
L'aria era carica di tensione: le scimmie dai rami degli alberi urlavano come pazze, gli erbivori erano spariti dalla zona ed si potevan vedere in lontananza immobili con lo sguardo fisso verso il punto da cui provenivano le urla scimmiesce.
Qualche minuto d'attesa ed è apparso un ghepardo femmina.
Mi sono chiesto come riuscivano a cacciare i predatori se era presente ovunque un "sistema anti-predatore" funzionale come quello che stavo vedendo.
Non ho avuto risposta alla mia domanda perchè il ghepardo, disturbato dalla nostra presenza, si limitò a passare davanti al nostro fuoristrada ed a sparire nella sterpaglia.
Bellissime immagini scolpite nel mio cuore sono quelle dominate dagli enormi ed omnipresenti baobab... alberi che sembrano emanare un'aura di pacata saggezza... come se fossero i messaggeri delle leggi universali della natura. Molto avrei da scrivere sui baobab... forse un giorno gli dedicherò un'apposito post.

Al contrario che al parco del Selous, siamo sempre tornati al campo per il pranzo. Dopo molti giorni passati sempre sul fuoristrada con pranzo al sacco, abbiamo sentito il bisogno di pranzare seduti tranquilli ad un tavolo con annesso riposo post-prandiale.
A pranzo non tutti i viaggiatori erano presenti, mentre per la cena c'erano tutti.
Alle 19.00, sotto scorta dei guerrieri masai, raggiungevamo lo spiazzo del falo e ci si sedeva intorno al fuoco per gustare l'ormai classico gin-tonic.
L'aperitivo serale era sempre una cosa speciale. Ci si sedeva stanchi attorno al fuoco, unica fonte di luce nel mezzo della natura, si gustava il gin-tonic e si chiacchierava sotto voce.
Sullo sfondo delle conversazioni i rumori, i colori ed i profumi dell'Africa. Si arrivava a cena stanchi per la giornata e contemporaneamente eccitati dalle cose viste.
Si stava bene, davvero bene... ed in armonia... senza bisogno di fare nulla... semplicemente gustando un gin-tonic, fissando il fuoco e chiacchierando un po'... il buoio ad avvolgerci come una coperta ed i suoni notturni a cullarci.
Quelli erano i momenti in cui massimamente riflettevo sulla mia teoria di vita: "Siamo troppi"... facciamo guerre, cose atroci, inquiniamo, siamo infelici perchè non ci realizziamo... perchè?
Semplicemente perchè siamo troppi... non c'è più spazio, non ci sono più risorse per tutti... siamo costretti a lottare per ogni cosa: per il cibo, per un metro quadro si spazio in più... siamo troppi.
Li, nel mezzo del nulla, 20 persone nel raggio di 400 Km... mi sentivo così sereno e rilassato... senza la presenza costante di esseri umani ovunque... con spazi immensi a disposizione.
Diventava piacevole il ritrovarsi con altre persone attorno al falò.
Nel giro di un'ora al massimo ci si spostava tutti sotto al tendone per la cena.
L'atmosfera si faceva più fracassona... per modo di dire... nulla di nemmeno lontanamente paragonabile al normale chiasso di una media cena in famiglia all'italiana... semplicemente il tono di voce si alzava un po' ed i toni di voce erano più vivaci.
L'aperitivo era più contemplativo, mentre la cena diventava il momento in cui ci si scambiavano informazioni sulle cose viste, i viaggi fatti, i luoghi di provenienza.
In particolare io parlai il più possibile con il gestore del lodge in quanto uno dei miei sogni più grandi è aprire un lodge in Namibia ed ho fatto parecchie domande per capire da dove iniziare e capire anche com'è davvero vivere tutto l'anno in un lodge.
Dopo cena la maggiorparte delle persone tornava alle tende e gli altri tornavano intorno ai falò.
L'ultima sera di permanenza a cena ci lamenteammo di non essere riusciti a vedere le iene (che tutte le notti visitavano il campo, ma non erano mai passate nei pressi nelle nostre tre tende); sentendo il nostro discorso, il proprietario ci propose un piccolo giro notturno per cercare di vederle.
La proposta giunse sottovoce poichè era dedicata solo al nostro gruppo.
Fu così che in silenzio aspettammo vicino al falò che tutti fossero andati a dormire e poi seguimmo in silenzio il gestore.
Ci inoltrammo in piena notte, protetti solo da due guerrieri masai, fra gli alberi.
Solo una piccola torcia ci faceva da guida.
Si camminava lentamente e cercando di fare meno rumore possibile.
Il buoi incombeva su di noi, i rumori erano più forti e più vicini.
Ero molto eccitato, mi sentivo un vero esploratore... era come entrare in un film di avventura in stile anni '80 tipo "Indiana Jhones" od "Alla circerca della pietra verde".
Fu un giro davvero emozionante, anche se delle iene nemmeno l'ombra.
Visitarono il campo a notte fonda... alcuni sentirono i loro richiami... io manco quello.
I giorni passarono rapidi, felici e sereni al Ruaha.
Un'esperienza indimenticabile che mi ha reso, anche questa volta, più ricco.
Ci tengo a tessere, ancora una volta, le lodi alla gestione del "Mdonya Old River Camp": gentilezza, organizzazione, disponibilità... sensazione di essere costantemente i ben venuti.
Massimo rispetto per la natura nella gestione del campo e capacità di fare apprezzare il rigore di un campo tendato anche ai più schizzinosi.

I giorni erano passati rapidi ed era venuto il momento di tornare a Dal Es Salaam.