giovedì 26 aprile 2012

Gudu's Namibian experience - Parte undicesima

Il 5 settembre 2011 siamo partiti in direzione della zona chiamata "caprivi Strip", una striscia di terra a penisola posizionata a Nord-Est ancora poco sfruttata dal turismo di massa a causa dei disordini accaduti in passato di cui ho parlato nel post precedente. Sarebbe stata l'ultima "tappa importante" del viaggio: due giorni al Divava Okavango Lodge&Spa, Lodge lussuoso che si sviluppava sulle rive dell'Okawango. Il viaggio passò rapido, senza particolari accadimenti ed arrivammo al lodge verso l'ora di pranzo. Una goduriosissima limonata ci attendeva alla reception. Il lodge era quasi tutto occupato da una spedizione di Americani che facevano il giro dell'Africa in Moto da enduro. A causa di questo, eravamo alloggiati in una delle capanne più marginali a cinque minuti a piedi dall'edificio principale... cosa che ci garantiva una una privacy maggiore ed il piacere di essere più vicini al "selvaggio". Il pranzo, come sempre, non esisteva. Ci gustammo uno dei nostri fantastici aperitivi al gin-tonic e poi ci facemmo preparare un panino. Il Lodge era veramente bello, sembrava di essere in quelle case in stile coloniale dei primi tempi delle esplorazioni inglesi in Africa: mobili lussosi, tappeti, arredi pacchiani, cantina ben fornita a vista e salottino ("ino" si fa per dire) all'inglese. Gli aperitivi venivano serviti nel salottino mentre le cene erano servite a lume di candela su di una terrazza che dava direttamente sul fiume. Le camere erano ampie e pulite, dotate di set per farsi il the (cosa rarissima in Namibia e molto apprezzata da me) e poi c'era la parte della capanna che preferivo ovvero la vasca in stile coloniale che dava su di un'immensa vetrata a vista fiume... in pratica ci si lavava guardando l'Okawango... più avanti feci l'amara scoperta che ci si lavava anche CON l'acqua del fiume in quanto l'acqua usciva dai rubinetti di un amabile colore marrone. La prima escursione possibile era quella sull'Okawango al tramonto. Passammo il pomeriggio a giocare a carte, leggere, dormicchiare ed osservare con inquietudine un immenso nido di tarantola appena fuori dalla vetrata della camera da letto. Alle 17.00 eravamo su di un grosso battello a due piani con macchina fotografica, binocolo, telecamere e gin-tonic in mano. Il fiume era stupendo come sempre, anche se devo ammettere che, a meno di essere un bird-watcher accanito, le cose da vedere sul fiume non sono molte (anche se molto affascinanti): gli incredibili coccodrilli, i rumorosipericolosimasimpatici ippopotami e miriadi di uccelli. Noi avevamo fatto un corso da birrd-watcher; non eravamo maniaci, ma eravamo abbastanza preparati da goderci i vari piumaggi degli uccelli senza annoiarci. Ad un certo punto della gita le guide fermarono la barca nella speranza che gli ippopotami si avvicinassero di più. Eravamo tutti in silenzio nella speranza di un contatto ravvicinato e con le attrezzature da "immortalamento" pronte all'uso. Di colpo sentimmo l'urlo "Okwangoooooooooooooooo" e poi un tonfo in acqua. Era uno degli americani che, da bravo americano pirla, si era tuffato in acqua. Lo scemo non aveva ancora toccato l'acqua che una serie di movimenti rapidi nell'erba sulle rive indicarono il rapido ingresso in acqua di alcuni coccodrilli. Le guide furono rapide a recuperare l'ameri-pirla, quasi mi sembrò di sentire lo schiocco a vuoto delle mandibole dei coccodrilli. La gita terminò con un fantastico tramonto rovinato dal rumoreggiare degli americani sul battello... persa quella magia incredibile del giorno prima, quando sul fiume placido eravamo solo tre innamorati della Natura in tutta la sua straordinarietà. Alla sera, dopo un bel bagno all'acqua marrone, cenammo in un lato appartato della terrazza a lume di candela. Fu molto romantico. In quella luce tenue, guardavo negli occhi da Vigi pensando che dopo sette anni insieme... eravamo arrivati lì, dall'altra parte del mondo, in un luogo diverso da tutto quello che un occidentale possa concepire (e spesso capire). Quando ci siamo conosciuti avevo la "fobia da viaggio", le prime ferie le facemmo a Ferrara e per me fu quasi tragico... poi piano piano altre mete in Italia cominciarono a farmi capire quanto fosse bello viaggiare (Roma, Verona, Milano, Siena, Cremona, Aosta, Venezia, Como, ecc..). Dopo l'Italia fu la volta di Vienna, il mio primo viaggio "non lavorativo" fuori dall'Italia, poi Parigi e vari altri posti della Francia, il tour del Belgio ed infine "Il grande Viaggio": l'Africa amatissima da Virginia che ci era già stata molte volte e che per sette lunghi anni, con pazienza, aveva atteso che fossi pronto a fare un "salto evolutivo" e capire quanto sia bello viaggiare. Un tempo pensavo: "spendere soldi per una cosa che dura poco e poi non ti rimane nulla in mano... meglio acquistare un oggetto che ti rimane" Che vergogna solo a ricordare di aver pensato questo!... la vera ricchezza è quella che abbiamo dentro... nessun uomo potrà portarti via il ricordo, la felicità, la ricchezza intellettiva e spirituale di un viaggio... gli oggetti che possiedi prima o poi ti possiedono, ti rendonos chiavo e possono sparire in qualsiasi istante facendoti capire quanto sei vuoto dentro... la vera ricchezza consiste in ciò che possiedi dentro di te. Posso affermare che grazie a Virginia io sono diventato un uomo ricco; ho aumentato immensamente la mia capacità di essere felice, la mia capacità di recepire le cose attorno a me e di godermele... C'è qualcosa che vale più di questo? Secondo me no. Quello che si prova quando si riesce a cogliere, ad esempio, il momento magico in cui tutto si ferma durante il tramonto sul fiume (post precedente) è immensamente superiore a qualsiasi felicità possa darti il possesso di qualsiasi cosa materiale. Quando arrivi a percepire appieno la bellezza del mondo e ti commuovi nel vederla perchè il tuo cuore ti sembra troppo piccolo per contenerla tutta (come a Sandwitch Harbour... vedi post precedenti), allora sei un uomo davvero ricco. A questo pensavo mentre guardavo negli occhi Virginia ascoltando i rumori notturni dell'Africa. La cena fu ottima ed il servizio di prima qualità. La mattina successiva (6 settembre 2011) saltammo su di un vecchio camion militare riadattato per un'escursione nel parco. C'eravamo solo noi, l'autista (scazzatissimo) ed una guida perennemente sorridente. Quel mattino potemmo ammirare molti erbivori ed una specie molto rara di Kudu, ma la cosa che più mi colpi (e che attendevo con ansia) era il mio primo incontro con i Baobab. Avevo letto "Il piccolo principe" (lo consiglio a tutti, ma non sto a parlarne... od almeno non ora) e tutti i capitoli delle guide della Namibia che avevamo acquistato. Io amo profondamente gli alberi e non vedevo l'ora di trovarmi di fronte a questi immensi fusti. Rimasi ovviamente sbalordito... i baobab sono indescrivibili... sono così immensi che si finisce col non considerarli alberi... ci si gira attorno come si girerebbe attorno ad una fontana o ad un grosso monumento. Quello piccolissimo nella foto sono io vicino ad un millenario baobab.
L'escursione durò davvero poco ed l'autista era poco propenso alle fermate od agli appostamenti, così decidemmo di annullare la seconda escursione guidata della sera e partimmo dopo pranzo con il nostro fuoristrada per un'escursione self-made. Girammo all'interno del parco dalle 15.00 alle 16.30 senza vedere quasi nessun animale... in quegli orari l'Africa fa la siesta. Dalle 16.30 in poi cominciammo ad avvistare animali ad ogni dove. Fu bello come sempre vedere passare gli erbivori di fianco al fuoristrada ed adrenalinico come sempre sfuggire agli agguati degli elefanti. Rimanemmo fino all'ultimo nel parco... così a lungo che quando ritornammo ai cancelli essi erano chiusi... eravamo rimasti chiusi dentro. Fortuna che la gestione del parco era molto "all'acqua di rose" e non c'erano lucchetti a sbarrare il cancello. Ci limitammo ad aprirlo e tornammo al Lodge senza intoppi. La sera un'altra stupenda cena a lume di candela e la sera tante coccole. Il giorno dopo saremmo ripartiti in direzione di Windhoek... l'avventura stava volgendo al termine.

lunedì 16 aprile 2012

Gudu's Namibian experience - Parte decima

Torno a scrivere dopo una pausa tecnica (connessione impossibile) all'interno della quale io e la Vigi siamo andati anche a farci una gita a Praga ed organizzato un futuro viaggio in Tanzania; ma di questo parlerò più avanti... torno a parlare della Namibia.

Il 4 settembre 2011, dopo una notte di febbre e terribili spasmi all'apparato digerente, mi sono svegliato completamente ristabilito: nessun dolore, nessuna febbre e nemmeno spossatezza... pazzesco.
Ci attendeva uno degli spostamenti più lunghi verso la zona Nord del paese: 366 Km di strada fino ad Hakusembe per un totale di circa 5 ore e mezzo di guida.
Nonostante il mio stato di salute ripristinato, la Vigi volle guidare per tutto lo spostamento e così partimmo intorno alle 8.00 del mattino dopo un'ottima colazione in riva alla pozza e dopo aver acquistato una collana per la Vigi (ringraziamento per le cure durante il mio malanno) ed una collana per la mia mamma.

Il paesaggio in direzione Nord era nettamente diverso. Ai lati della strada, una rete metallica continua separava la "zona auto" da continui assemblamenti di alberi (chiamarli boschetti non sarebbe opportuno, ma rende l'idea). Questa divisione dava l'idea di una protezione "da" e "per" gli animali selvaggi.
Man mano che procedevamo verso Nord il paesaggio era sempre meno desertico e sempre più verde.
Ogni venti chilometri circa si trovavano delle persone che lavoravano al mantenimento della strada o qualcosa di simile. Vicino alla postazione di lavoro c'erano delle tende e resti di fuochi d acampo. A quanto pare dormivano vicino al posto di lavoro.

La zona Nord della Namibia è la meno turistica di tutte, confina con l'Angola e fino a pochi anni fa c'erano contui atti di guerriglia... la situazione era diventata "più calma" solo negli ultimi cinque anni.

Al Nord scorre il fiume Okawango... e dove scorre un fiume, si sa, le persone si assemblano.
Col passare del tempo, le reti metalliche finirono e cominciammo a notare una miriade di microscopici villaggi ai lati della strada.
Più ci muovevamo a Nord e più i villaggi e la gente ai lati della strada aumentava. C'erano madri che trasportavano sulla testa oggetti con i figli piccoli appresso, sparuti gruppi di capre o mucche rachitiche, ragazzini con pezzi di legno fra le braccia, persone che chiedevano dei passaggi, altri che sempilicemente fissavano le macchine passare con lo sguardo vuoto.
Ai lati delle strade molta sporcizia: bottiglie di plastica, stracci, carcasse di auto, copertoni, mucchi di oggetti ed altre cose indefinite.
Man mano che ci avvicinavamo a Namutoni cominciarono ad apparire anche delle missioni, all'interno delle quali c'erano per lo più bambini che giocavano a pallone.

Era una Nambia totalmente diversa da quella vista fino ad ora... eravamo nell'Africa ad alta densità demografica, quella sporca, povera, per me decisamente inattrattiva.
Ero preoccupato per la nostra incolumità; temevo di dovermi fermare a cambiare una gomma o ad espletare funzioni fisiologiche... se mi fosse preso un altro attacco di diarrea non ci sarebbe stato un posto appartato dove fermarmi... ne appartato ne sicuro.

Giunti a Namutoni (piccola cittadina) dovemmo fermarci forzosamente per fare carburante ed acquistare viveri.
C'era solo un distributore alla perifiria della cittadina con vicino un negozio fatiscente poco fornito di viveri.
Facemmo rapidamente carburante, comprammo solo pane ed acqua e ripartimmo rapidi.
Tornando verso la strada principale, incontrammo delle rotaie della ferrovia che finivano in un'industria chiusa. Evitai di fare lo "Stop" segnalato a terra visto che evidentemente non sarebbe arrivato nessun treno.
Appena superato lo stop, il suono di una sirena ci mise in allarme; avevamo una pattuglia della polizia che ci intimava di fermarci.
Accostai e scesi dall'auto. Un poliziotto con due o tre o dieci denti d'oro mi sorrise e mi fece notare che non avevo fatto lo stop.
Mi scusai ed attesi le conseguenze. Il tizio disse che doveva farmi la multa. Non ero molto preoccupato (la multa non poteva esser egran che)finchè lui non comincio a dire che avremmo dovuto seguirlo in centrale per sbrigare le pratiche.
A questo punto cominciai a perdere mentalmente colpi.
Lui mi parlava ed io non sentivo, mi passavano in testa immagini di noi bloccati alla stazione di polizia, di noi che non riuscivamo a raggiungere il lodge prima di notte, di noi rapinati od anche peggio in qualche angolo della città... i miei sensi ed il mio istinto da praticante di kung-fu cominciarono ad allertarsi.
Cominciai a guardarmi intorno rendendomi conto che non c'erano testimoni, la pistola era nel fodero chiuso da un bottone, avrei potuto colpirlo con un calcio frustato allo sterno e poi, quando si fosse piegato per la mancanza di fiato e per il dolore, avrei potuto colpirlo con un calcio ad ascia sulla testa stendendolo; poi con un coltello avrei tagliato le gomme dell'auto e mi sarei allontanato a tutta velocità.
Mentre la mia mente deviava in maniera patologica in preda alla paura, la Vigi prese la situazione in mano.
La mia astuta morosa aveva notato innanzitutto che il poliziotto non stava scrivendo nulla sul taccuino e poi aveva colto le sue frasi del tipo "Mi spiace darvi disturbo, pensate che ci rimettiamo tutti, mica ci guadagno a farvi perdere tempo"... fattostà che cominciò una illegalissima trattativa per corrompere il poliziotto.
Alla fine lui ci disse di mettergli in mano di nascosto una cifra che ritenavamo opportuna.
Noi gli mettemmo in mano l'equivalente di 50 euro in valuta locale.
Lui ci disse di seguirlo con la nostra macchina.
Mentre seguivamo la macchina della polizia, ci chiedevamo se i soldi erano abbastanza o se ci avrebbe portati in un luogo ancora più isolato per derubarci.
Attraversammo tutta la cittadina a velocità lentissima e quando le case furono finite, accostò la macchina e noi accostammo dietro di lui.
Il poliziotto scese dall'auto di servizio sorridente con i suoi denti mezzi dorati, ci strinse la mano e ci disse di continuare dritto fino ad incrociare la strada principale, in quel modo avremmo risparmiato tempo.
A quando pare la cifra era stata più che adeguata visto che ci aveva perfino scortati.

Dopo questa avventura eravamo tesissimi. Adesso che è passata, la raccontiamo con divertimento e quasi con orgoglio, ma sul momento era stata una situazione piuttosto stressante.

Dopo un'ora di viaggio, arrivammo alla famosa "Red Line", la linea dopo la quale si trovano le tipiche malattie del bestiame come l'afta epizoica, la linea dopo la quale inizia il terzo mondo, quello vero, con tutti gli annessi e connessi.
In lontananza un immenso incendio rendeva il cielo cupo mentre noi consegnavamo i documenti al posto di blocco preoccupati di dover corrompere altri ufficiali.

Arrivammo all'Hakusembe River Lodge intorno alle 15.00.
Il lodge era deserto ed era il primo lodge gestito da un uomo di colore in cui ci fermavamo.
Il gestore era estremamente gentile e ci fece perfino scegliere la capanna che desideravamo. Ne scegliemmo una in riva al fiume Okawango. Dall'altra parte del fiume c'era l'Angola.

Io mi feci un breve pisolino poichè la stanchezza del viaggio si era sommata ai malori del giorno precedente. Dopo un'oretta me ne usci sulla veranda della nostra capanna dove già la Vigi stava seduta a leggere.
Le spettacolo era notevole: di fronte a noi l'immenso fiume Okawango, la riva a pochi metri, col suo scorrere placido e regolare.
L'aria era satura del vociare di mille specie di uccelli mentre in lontananza ogni tanto si sentiva il rumore degli ippopotami.
Nel lodge in quel momento c'eravamo solo noi; viaggiare fuori dai normali flussi turistici è fantastico.
Abbiamo passeggiato sulla riva, spesso osservando gli Angolani sul lato opposto del fiume che lavavano i panni, facevano il bagno ed in generale vivevano il loro quotidiano.
L'unica attività prevista era il giro in barca alla sera, quindi ci sedemmo sul pontile a leggere in attesa dell'evento... il mio libro sul blues, letto in riva ad un'immenso fiume simile al Missisipi e narrante le origini del blues proprio in quelle zone dell'Africa, aveva ora un sapore più intenso.

Alle 17.00 salimmo sulla chiatta per il giro programmato.
Avvistammo decine di uccelli di piumaggi più svariati (frai quali le famose cicogne nere che sembravano uscite da un film di Tim Burton), qualche coccodrillo ed un gruppo di ippopotami.
I coccodrilli li avevo già visti in vari zoo, ma vederli dal vivo è ovviamente differente: rimangono immobili, come negli zoo, sono enormi ma non incutono timore poichè sono talmente fermi da sembrare dei soprammobili. Poi improvvisamente scattano e fulmineamente spariscono in acqua ed allora acquistano il loro terribile fascino... peccato non riuscire a seguire i loro movimenti in acqua.
Gli ippopotami sono affascianti da vedere nel loro muoversi dalla terra all'acqua, dal loro stare a mollo con solo gli occhi fuori a tenere sotto controllo la barca. Va detto però che ci si stufa presto di guardarli, forse perchè sono semplici da avvistare bisogna e poerchè stare sempre a distanza onde non essere attaccati (gli ippopotami sono la prima causa di morte in Namibia, superiori in classifica alla zanzara della malaria).
E giunse infine il tramonto.

Il tramonto sul fiume è diverso da quello nel deserto o nella savana... c'è una sensazione di contrasto molto grande fra il pacifico movimento del sole che sembra inabissarsi nell'acqua e l'attività canterina frenentica degli uccelli e degli ippopotami.
Nonostante questo contrasto, anche in questo caso esiste un'armonia in tutto questo; come se un sapiente direttore d'orchestra gestisse gli impulsi sensoriali che raggiungono l'osservatore in modo da creare comunque la sensazione di pace ed armonia totale che abbiamo percepito in tutti gli altri luoghi della Namibia.
Osservammo il sole tramontare nel centro del fiume, sulla chiatta, semisdraiati sulle sedie presenti e sorseggiando Gin-Tonic.
Personalmente ho amato maggiormente le sensazioni che mi hanno dato il deserto e la savana, con le loro solitudini, i loro silenzi, i loro sospiri... Però posso descrivere l'esperienza del tramonto sul fiume solamente col termine "unica".
Il sole si immerge rapido nell'acqua colorando non solo il cielo, ma anche l'acqua e tutto quello che le sta attorno di colori indefiniti.

C'è un momento, poco prima che il sole sparisca del tutto, in cui tutto si ferma: gli uccelli smettono di rumoreggiare e si fermano sui rami degli alberi e si ha la sensazione che uccelli, ippopotami, coccodrilli e qualunque altro essere vivente, si fermi e si volti in direzione del sole come a porgere omaggio e ringraziare per il calore che ha erogato durante il giorno.
E' un momento incredibile e magico che poche persone riescono a godersi, perchè in genere si è in tanti sulle barche e gli ominidi sono rumorosi e fastidiosi... noi siamo stati fortunati: a questa escursione partecipavamo solo io, la Vigi ed il conducente della chiatta.
Siamo rimasti in silenzio ed abbiamo atteso quell'attimo, quel piccolo lasso di tempo che non dura più di 3-5 secondi in cui tutto tace, tutto si ferma e si reca omaggio al sole... magia dell'Africa.

La sera per cena, è arrivato un gruppo foltissimo di bird-watcher che hanno cominciato a muoversi ed appostarsi ovunque con la loro attrezzatura. La sera, durante la teoricamente romantica e serena cena a lume di candela, illuminavano i loro quaderni con delle lampade da speleologo (quelle che si mettono in testa) segnando, sotto dettatura della guida, i loro avvistamenti del giorno.
Io e la Vigi abbiamo fatto buon viso a cattivo gioco ed anche se ci hanno rovinato l'atmosfera, ci siamo divertiti un mondo a prenderli per il culo.

La sera siamo andati a letto un po' più tardi del solito, accompagnati dai rumori degli ippopotami.

Nota divertente più o meno: il gestore autoctono del lodge era gasatissimo dal fatto che fossimo italiani e continuava a ripetere con fierezza "Totti! Totti! Totti!" e poi ogni tanto si metteva a ridere e diceva "Berlusconi"... preferivo quando associavano l'Italia alla pizza, gli spaghetti ed alla mafia.