martedì 30 ottobre 2018

Il giardino del Samurai (tratto da www.travelgudu.com)

Tratto dal blog di viaggi: www.travelgudu.com.

E poi è ora di salire sullo shinkansen, allontanarci dalle luci al neon e addentrarci nel Giappone quello ‘autentico’. Quello fatto di giardini quieti e ordinati, di castelli bianchi e fragili, di viuzze acciottolate e di templi in salita. Il Giappone che piace a noi.
Siamo a Kanazawa, circa 400 km a nord di Tokyo, nota per il meraviglioso giardino Kenroku-en, considerato uno dei tre più belli della nazione. E lo è, meraviglioso. Ma Kanazawa è molto più di questo.




La nostra visita è iniziata dal Castello di Kanazawa, il cui interno è visitabile, come visitabile è anche il parco. Non perdetevi assolutamente il giardino Gyokusen ‘inmaru: noi siamo stati accolti da una vecchietta entusiasta che ci ha parlato a lungo del lavoro dei giardinieri che proprio quel giorno erano all’opera e che si è lamentata con noi del clima afoso.



Da lì ci siamo diretti ai giardini Kenroku-en, splendidi: gli stagni e i piccoli rivoli d’acqua e gli alberi, ognuno senza un ramo o una foglia di troppo, racchiudono in sé l’anima giapponese di ordine e reverenza verso la natura. In un angolo appena fuori dai Kenroku-en abbiamo scovato un piccolo tempio circondato dal verde dove abbiamo ricevuto uno dei goshuin più belli di sempre, con tanto di foglia d’oro (chi ci segue sulla pagina fb ha avuto un’anteprima).




Dai giardini di Kenroku-en vi consigliamo di dirigervi poi alla casa del Samurai Nomura. Questo è (probabilmente) il vero gioiello di Kanazawa: una casa d’altri tempi, in legno di cipresso, con porte scorrevoli affacciate su un giardino piccolo e rigoglioso, carpe koi a sguazzare nello stagno e piante pluricentenarie. Ci siamo seduti con le gambe penzoloni in veranda ad osservare le stesse piante che osservava il Samurai Nomura… Peccato solo per la rumorosissima famiglia di asiatici (non giapponesi, evidentemente!) con bambini al seguito che hanno rotto l’idillio infilando mani e piedi nello stagno, ahinoi.




La città di Kanazawa offre anche parecchi locali piacevoli, sia per cenare, sia per ascoltare musica di vario genere (nella zona di Katamachi e Nagamachi ne abbiamo addocchiati parecchi), sia per provare il sushi, il cui antico precursore pare sia nato proprio qui a Kanazawa. Poiché i ristoranti di sushi possono essere piuttosto costosi, noi ci siamo andati a pranzo, quando il menu è in genere meno esoso: sul nostro canale youtube presto potrete vedere l’iniziazione al sushi di uno scettico…
Per la cena abbiamo invece scovato, in una viuzza laterale, un posticino di cucina fusion dall’atmosfera molto accattivante, dal divertente nome di “Full of Beans“.
:::::::Info pratiche:::::::
Regione: Chūbu
Hotel: Mystays Premier Kanazawa
Attività:
Mangiare sushi di alta qualità in atmosfere antiche. Fatto. Voto 7/10.
Chiacchierare del tempo con zietta autoctona: Fatto. Voto 7/10.
Stupirsi di fronte alla potatura perfetta di un albero. Fatto. Voto 8/10.
Camminare a piedi scalzi sul parquet di un antico castello giapponese. Fatto. Voto 7/10.
Indice di fastidio umanità: 8/10 JarJar per la famiglia rumorosa che avremmo voluto affogare nello stagno.
Indice di bellezza: 10/10 sakura
Indice di ordine/rigore/incasellamento mentale: 9/10 Sheldon Cooper
Indice di dipendenza da Pocari: 6/10 Pocari
Qui il video di Kamakura dal nostro Canale Youtube – Enjoy!

venerdì 26 ottobre 2018

Tokyo is now (tratto da www.travelgudu.com)

Tratto da www.travelgudu.com.
Tokyo è un mondo a parte. E’ Giappone, certo, ma insieme non lo è. Perché è Giappone all’ennesima potenza, storpiato, esasperato, spersonalizzato. E’ luci e musica a più non posso e angoletti dove sorbire rumorosamente una ciotola di ramen. Centinaia di persone in camiciotto bianco, ombrello trasparente al braccio e smartphone alla mano, che si riversano in strada o in treno o nei centri commerciali o ovunque, dando una sensazione di essere totalmente uniformati, e poi ragazzette inguainate in tutine multicolore con acconciature bizzarre (cosplayer) oppure occhialuti adolescenti allineati in code kilometriche davanti alle fumetterie di Akihabara (i famosi otaku). Tokyo è tutto questo ed anche molte altre cose. Come Ueno, il quartierino anni ’70 che è stato la nostra dimora. Dove, proprio a pochi passi dal nostro ryokan e dalla stazione JR, se ne sta un po’ nascosto un tempietto shinto che è diventato un po’ come il “nostro” altare sotto casa, dove infilarsi la sera nella penombra per salutare il gatto che resta a pisolare sulle colonne.
Cosa non perdervi assolutamente a Tokyo? Beh, difficile da dirsi ma proviamo a dirvi cosa a noi pare imperdibile dopo esserci stati due volte:
  1. il Museo d’Arte Ghibli: se amate lo Studio Ghibli, non c’è neanche da spiegarvi perché; altrimenti, guardate La Città Incantata, Il mio vicino Totoro o Porco Rosso e lo capirete di certo. Entrerete nella “mente” di Miyazaki & co, riceverete come biglietto di ingresso un fotogramma di un film Ghibli (piccolo tesoro) e potrete assistere alla proiezione di un cortometraggio inedito. Andateci a piedi così vi godrete la quiete del quartiere Mitaka (ma occhio alle zanzare). Preparatevi alla delusione del gift shop: dei millemila gadget Ghibli che ci sarebbe frullato in testa di comprare, non ce n’era neppure un quarto…
  2. farsi trascinare dalla folla nella stazione dei treni nell’ora di punta
  3. andare (magari di sera nel fine settimana) al tempio Senso-ji, nel quartiere di Asakusa: sì è iper “commerciale”, sì troverete un botto di gente, sì è pieno di turisti, ma quella strada (Nakamise-doori) strapiena di negozietti un po’ kitsch e di gente in yukata e zoccoli ripaga lo sguardo, con il tempio sullo sfondo con la luce un po’ aranciata del tramonto.
  4. Shinjuku: l’avrete visto in mille fotografie e video. Un’ondata di luci al neon e lo scosciare della gente, investita da centinaia di decibel che arrivano da ogni lato creando una cacofonia assordante. Il leggendario incrocio pedonale più trafficato al mondo, dove la strada si attraversa anche in diagonale e naturalmente se non urti almeno una spalla nel farlo non puoi fingerti un giapponese vero. Dovete andarci e farvi travolgere dalla vita notturna e mondana, non potete mancarlo. Del resto, è come stare dentro un’istantanea di Tokyo.
  5. Tokyo sky tree… sì è un centro commerciale, perché andarci in fin dei conti? Beh, perché è un centro commerciale dove ci sono negozi giapponesi. Nel senso: a Ginza, per esempio, ci sono enormi strade stracolme di boutique, esattamente le stesse che si possono trovare a Milano o New York; poco Giappone, insomma. Non perdetevelo se siete appassionati dello shopping di lusso, ma se siete alla ricerca di marchi giapponesi in questo centro commerciale li troverete. Oltre a trovare uno dei negozi Donguri di merchandising Studio Ghibli. Senza troppe aspettative: anche qui i gusti nipponici un po’ deludono…
  6. Akihabara, per l’assurdità e la follia del quartiere. Ci troverete un palazzo pieno zeppo solo di modellini di robot e personaggi di anime, in un altro albi a fumetti dalla terra al cielo, in un altro ancora solo sale dove giocare a videogames vintage. Andateci per una “toccata e fuga” prima di essere storditi da musica e nerdaggine.


Noi da Tokyo abbiamo anche fatto una gita a Kamakura, famosa per la grande statua di Buddha all’interno del tempio Kōtoku-in. La località si trova a una cinquantina di km da Tokyo e si raggiunge comodamente in treno. A noi è piaciuto non tanto per l’enorme statua (pure bella), ma in particolare per le viuzze, per il tempio di Hasadera e per il mitico nippo-omino che a bordo strada vende ananas semi-gelato su stecco, una delizia con il caldo estivo.



Tokyo è senza dubbio una parte imperdibile di ogni viaggio in Giappone; ma non fatevi ingannare, il Giappone è molto di più.
:::::::Info pratiche:::::::
Regione: Kanto
Ryokan: Edo Sakura
Attività:
Rimanere a bocca aperta di fronte al lago del parco di Ueno ricoperto di ninfee. Fatto. Voto 9/10
Visitare tutti i negozietti del tempio di Senso-ji. Fatto. Voto 7/10.
Accarezzare il pupazzo di Totoro a grandezza naturale allo Studio Ghibli. Fatto. Voto 8/10
Passeggiare in una fumetteria di 10 piani in mezzo a nippo-infoiati spesso travestiti da personaggi dei fumetti. Fatto. Voto 7/10
Mangiare Ramen nel bugigattolo dove vanno solo gli autoctoni ordinando a caso. Fatto. Voto 8/10.
Guardare turbati i robot giganti all’ingresso di un robot-bar. Fatto. Voto: 6/10.
Parlare dei massimi sistemi col gatto del tempio shintoista. Fatto. Voto 10/10. Il gatto ci ha in effetti insegnato molto.
Prendere per il culo gli otaku in fila davanti al negozio di robot e dopo 10 minuti mettersi in fila dietro a loro. Fatto. Voto 3/10.
Andare al Karaoke: Non Fatto.
Farsi battere di misura da un giapponese in un “All you can drink”. Fatto. Voto 5/10.
Guardare con invidia il giapponese in giacca e cravatta che non suda a 35°C mentre tu sei in canotta e grondi. Fatto. Voto 1/10.
Fermarsi, come i giapponesi, ogni ora ad una macchinetta automatica delle bibite (e finire per avere una dipendenza da “Pocari sweat”). Fatto. Voto 10/10.
Indice di fastidio umanità: 3 JarJar. Sono tanti in poco spazio, ma sono così educati da non essere praticamente mai fastidiosi.
Indice di follia: 9 Jocker. … ma quel folle bello…
Indice di ordine/rigore/incasellamento mentale: 10/10 Sheldon Cooper.
Indice di dipendenza da Pocari: 8/10… l’unità di misura è appunto il Pocari.
Qui i video di Tokyo e di Kamakura – Enjoy!

martedì 23 ottobre 2018

I 3776 metri del Fujisan (tratto da www.travelgudu.com)

Tratto dal blog di Viaggi www.travelgudu.com.

Il racconto del nostro viaggio in Giappone non può che iniziare dal Monte Fuji, non solo perché è stata la nostra prima tappa, ma anche e soprattutto perché è stata la nostra “impresa”. Non siamo né alpinisti né scalatori, non facciamo corsa in montagna, insomma siamo persone normali che amano di tanto in tanto fare un’escursione in montagna. Vi racconteremo la nostra esperienza e cercheremo di darvi qualche suggerimento.
Siamo partiti per la nostra scalata il giorno dopo l’arrivo a Tokyo, dopo un lungo volo intercontinentale ed una notte trascorsa nel Cabin Hotel dell’aeroporto. Non avendo molta esperienza ed essendo piuttosto stanchi del viaggio, abbiamo scelto lo Yoshida Trail, il percorso più battuto e più semplice dei quattro che permettono di raggiungere la cima del Fuji. Dopo un percorso in treno e bus di circa 3 ore, siamo arrivati alla Quinta Stazione, da dove appunto parte lo Yoshida Trail.
Lì nel piazzale della Quinta Stazione, gruppetti di giapponesi insaccati in k-way multicolore, immersi nella foschia e in una pioggerella fine fine; molti di loro hanno acquistato un Kongo-due prima di partire, un bastone che li accompagnerà nella scalata e che ad ogni stazione verrà pirografato. Ci fermiamo a pranzare in uno dei ristoranti presenti – più che altro una specie di tavola calda – e il curry rice che ci portano è a forma di vulcano. All’ingresso del sentiero, come corrispettivo al pagamento dell’ingresso al parco, ci regalano un amuleto di buon auspicio. Ci fermiamo al tempio, per la preghiera rituale, e iniziamo la salita.
La prima parte del percorso, fino circa alla Sesta Stazione, scorre liscia sotto gli scarponcini, la pendenza è dolce e il sentiero piuttosto semplice.
Dalla Sesta Stazione la faccenda si fa più complicata: il sentiero diventa una sorta di pietraia vulcanica, la pendenza impenna rapidamente ed i mille metri di dislivello che ci separano dal nostro rifugio a 3400 metri sono una vera fatica. Presto superiamo le nuvole e lo sguardo al di sotto è magnifico: il Giappone giace ai nostri piedi, coperto di nubi, mentre noi, al di sopra, veniamo accolti dai raggi del sole. E finalmente la vediamo, la vetta.
La salita prosegue. Ad ogni stazione ci fermiamo per riposare un poco, per bere un Pocari (sacro Pocari!), per svuotare la vescica al modico costo di 200 yen; la stanchezza fa sembrare quelle baracche un po’ sgangherate come uno dei posti più accoglienti della terra. Continuiamo a salire. Verso sera il tramonto ci raggiunge durante la nostra scalata, tingendo il cielo di arancione e poi di tutti i toni del blu; la luce cala e il freddo inizia a farsi sentire mentre percorriamo gli ultimi metri di dislivello che ci separano dai 3400 m, circondati da giapponesi con torce frontali e bombolette di ossigeno (chissà). Siamo stanchi, esausti. Ma bene o male arriviamo: mangiamo rapidamente una cena di curry rice e hamburger e ce ne andiamo a dormire. Il “dormitorio” è una specie di piccolo incubo ad alta quota, un tavolaccio di legno a due piani su cui sono buttati senza soluzione di continuità sacchi a pelo e coperte e che, a mano a mano che la gente arriva, diventa una distesa di corpi dormienti russanti e accatastati. Davvero una esperienza poco gradevole e, malgrado la grande stanchezza, dormiamo molto poco a causa del continuo via-vai e di vicini di branda particolarmente molesti.
La consuetudine sarebbe quella di svegliarsi qualche ora prima dell’alba e raggiungere la vetta in tempo per veder sbucare il sole all’orizzonte. Noi, però, che siamo un po’ sociopatici, preferiamo evitare il bagno di folla che sale alla vetta nella notte e ci godiamo l’alba da quota 3400 m, fuori dal nostro rifugio, senza quasi nessuno attorno, imbacuccati in berretto e guanti, prima di metterci in marcia per raggiungere anche noi la vetta. Durante quel dislivello di 376 metri restanti ci siamo più volte sentiti come nel film Everest (lo avete visto?): ci sentiamo ridicolmente lenti e pesanti, ogni passo costa molta più fatica del dovuto. Manco fossimo a 8000 metri; ma tant’è. A mano a mano che saliamo il vento si fa sentire, freddo e pungente, lo zaino pesante, il fiato corto.


Ma infine arriviamo: prima il torii con i leoni in pietra e infine la vetta. Solo nebbia tutto intorno e scarsa visibilità, ma è il traguardo e noi lo abbiamo raggiunto.

E poi la discesa, lunga e monotona, fino a valle, e il rientro in treno a Tokyo nel “nostro” ryokan (lo stesso di quattro anni fa).
Cosa dire di questa esperienza? La cosa più banale, ovvero che il famoso detto giapponese “chi scala il Monte Fuji una volta nella vita è un uomo saggio, chi lo scala due volte è un pazzo” è pura e sacra verità.
E’ stata una “once-in-a-lifetime experience”, la meraviglia di gettare uno sguardo in basso quando sei stremato dalla fatica è un’emozione incredibile e intensa, la soddisfazione di farcela ha il sapore di una vittoria ben più grande di quei 3776 metri.
Ma è stata anche un’esperienza faticosa, ben più di quanto ci avessero lasciato immaginare racconti online e guide turistiche. Certo, partire con il jet lag e un volo intercontinentale ancora addosso non è stata un’idea vincente (la logistica del viaggio non permetteva di fare altrimenti), ma indubbiamente non si tratta di un sentiero di montagna come altrove descritto. L’altitudine, pur non essendo esagerata, si fa comunque sentire ed è indispensabile essere ben equipaggiati, con scarponcini comodi e abbigliamento antipioggia. Noi abbiamo affittato l’attrezzatura (zaino da montagna, racchette, scarponi, abbigliamento antipioggia) tramite Kobe Outdoor, che ci ha fornito un servizio preciso e puntuale e attrezzatura di qualità: consigliatissimo. La sistemazione in rifugio è pessima e costosa (all’incirca 80€ a testa compresa la cena), pertanto consigliamo caldamente a chiunque voglia cimentarsi nella scalata di partire adeguatamente riposato e fare la scalata tutta insieme, evitando di pernottare in rifugio.
E ora lo chiamiamo anche noi Fujisan.
Qui il video:

venerdì 12 ottobre 2018

Rocco Siffredi fatti furbo

Ieri 11 ottobre 2018 intorno alle ore 20.00 il pornodivo Rocco Siffredi era ospite alla trasmissione La Zanzara su Radio 24.
Durante l'intervista, parlando dell'accusa di Stupro al giocatore della Juve Ronaldo, ha affermato con veemenza che è impossibile stuprare analmente una donna e poi, più velatamente, ha fatto intendere che in generale, se una donna non acconsente è impossibile stuprarla.

Questa cosa mi ha lasciato di stucco.

Quindi centinaia di migliaia di donne nella storia erano consenzienti?
Quindi gli stupri etnici sono in realtà dei festini di interscambio culturale? Degli allegri Erasmus sessuali?
Quindi le terribili lesioni anali e vaginali degli stupri sono solo un po' di sano e felice sado-maso?

Non mi intendo di figa come l'amico Rocco Siffredi, ma temo che a forza di avere a che fare con vagine professioniste, si sia dimenticato come funzionano le vagine non-professioniste?
Anzi no, perchè prendersela con delle lavoratrici che anche loro saranno inorridite, forse Rocco a forza di vivere nel suo video-porno-mondo fantastico dove le ragazze ci stanno sempre, a perso il contatto con la realtà.

O forse lui non ce l'avrebbe abbastanza duro da penetrare una donna contro la sua volontà?

O forse si dimentica che con un coltello alla gola anche lui si farebbe mettere un palo di 30 centimetri su per il culo?

O forse non sa che ci sono punti nel corpo che se colpiti nel modo giusto annientano la vittima?

Posso ipotizzare che sia solo una persona ignorante che oltre a lavorare, ci ragiona pure con il cazzo.

E lui ha diritto ad avere la sua opinione e forse ha diritto anche di condividerla sui media... forse... o forse no?...perchè quando si parla su di un media, si possono fare danni.

Vogliamo forse inculcare nella mente delle persone che è impossibile penetrare una donna senza il suo assenso?

Vogliamo dare quest'arma in più agli stupratori?

Dov'è la Boldrini e gli altri sempre-indignati di fronte a queste affermazioni terribili e socialmente pericolose?

Dove sono tutti quelli che gridano allo scandalo quando qualcuno usa la parola "Negro" invece che "Di colore" oppure "Frocio" invece che "Omosessuale"?



Caspita, vorrei lanciare l'hashtag #roccosiffredifattifurbo.