domenica 12 novembre 2017

Gudu’s Pura Vida Experience – Part five: di kayak e quetzal

Tratto da www.travelgudu.wordpress.com, il blog di Viaggio scritto a 4 mani da me e la Virgi.

Da Playa Dominical, da dove siamo partiti per l’escursione al Corcovado, consigliati dalla inseparabile Lonely Planet abbiamo contattato i ragazzi del Pineapple Tour con cui abbiamo organizzato una stupenda escursione in kayak tra i mangrovieti.
Non eravamo mai saliti su un kayak prima, ma ci siamo subito appassionati. Con noi c’era anche una coppia di ragazzi inglesi parecchio simpatici e i due ragazzi che ci facevano da guida erano gentili e spassosi. Dopo un rapido briefing, ci hanno caricati in jeep e portati lungo il fiume con i kayak. Chiusi i nostri “valori” in sacche impermeabili siamo partiti giù per il fiume. Non si è trattato di rapide, certo, ma nei punti in cui la corrente diventava più vivace è stato davvero entusiasmante. In un paio di punti, a causa dei temporali notturni, alcuni tronchi ostacolavano il corso del fiume, così siamo scesi caricandoci i kayak in spalla per superare l’ostacolo (e per farci un tuffo, dopo aver scrutato la riva per escludere la presenza di coccodrilli…). Giunti alla foce del fiume, abbiamo remato verso il mangrovieto, dove le acque sono tranquille e lente, ci siamo lasciati trascinare pigramente, intorno solo quiete, decine di esseri viventi a sbirciare tra il fogliame e un risuonare continuo di tac-tac di innumerevoli chele aperte e chiuse a ripetizione. Rientrati alla spiaggia, i ragazzi del Pineapple Tour ci aspettavano con la mitica agua de pipa (acqua di cocco) e frutta fresca.



L’indomani abbiamo lasciato la costa per dirigerci verso la zona interna, più montagnosa e disabitata, diretti, più precisamente, a San Gerardo De Dota e alla regione del Rio Savegre. Guidando per strade ripide in mezzo ai boschi, abbiamo raggiunto il nostro lodge. La zona del Rio Savegre è famosa per la presenza di un uccello particolarmente colorato e bello, chiamato Quetzal Splendente, prossimo alla minaccia dell’estinzione ed obiettivo delle nostre escursioni in zona. Naturalmente il nostro cercare è stato vano anche se (forse) ne abbiamo sentito il verso un paio di volte…
Per contro, abbiamo fatto delle belle ed avventurose escursioni lungo il Rio, e avvistato svariati pennuti colorati e ciarlieri. Per la verità, lo stato delle “infrastrutture” dei sentieri in zona lasciava molto a desiderare (ponticelli marci, corde staccate, gradini mancanti) ma noi impavidi non ci siamo lasciati scoraggiare.


La zona del Savegre è freddina, tanto che era un piacere rientrare al lodge la sera, infreddoliti e umidi. Sì, perché naturalmente abbiamo beccato la pioggia, tanta pioggia, ci siamo rifugiati nelle mantelline con tanto di zaini sotto le mantelline, sembravamo quasi due Hobbit alla ricerca dell’anello.

A San Gerardo De Dota si è conclusa la nostra avventura in mezzo ai ticos e alla mutevole natura costaricense. Rientrati a San Josè, ci siamo imbarcati e, di nuovo dopo un lungo volo ed uno scalo a New York – durante il quale hanno ispezionato il nostro borsone pieno zeppo di roba sporca bagnata e sudata dalle piovose escursioni dei giorni precedenti (chissà quei poveri cani anti-droga e anti-esplosivo quanto si sono pentiti!) – siamo rientrati a casa. Con gli occhi ricchi del verde rigoglioso della foresta, del bianco e del nero delle spiagge e del blu del mare e con il cuore pieno di ricordi e di esperienze – il vero bottino di ogni viaggio.
:::::::Info pratiche:::::::
Zona: provincia di Puntarenas
Lodge: Villas Rio Mar (Playa Dominical) e Savegre (San Gerardo De Dota); Hotel Alta Las Palomas (San Josè)
Attività:
Fare pipì a bordo fiume con simil-avvoltoi intorno in attesa. Fatto. Voto 6/10.
Girare su stessi col kayak in preda alla corrente. Fatto. Voto 7/10.
Bere l’acqua di cocco direttamente dal cocco. Fatto. Voto 9/10.
Passare su ponti sospesi mezzi marci tipo Indiana Jones. Fatto. Voto 8/10.
Gin tonic nel mezzo di montagne remote. Fatto. Voto: 7/10.
Inutile cerca del Quetzal Splendente. Fatto. Voto: 3/10.
Prendere per il culo il Quetzal Splendente per il suo nome. Fatto. Voto 8/10.
Parlare dei massimi sistemi con piccoli uccelli rossi. Fatto. Voto 6/10.
Indice di fastidio umanità: 2 JarJar. Poca gente e tanto spazio vitale.
Indice di fastidio fauna: 5 JarJar. Sto Quetzal però poteva uscire a farsi vedere.
Indice di piovosità: 7 Giuliacci. Piogge tipo film fantasy.
Indice di fatica: 0,2 Cherro Chato. Camminate lunghe si, ma umane.

Gudu’s Pura Vida Experience – Part four: di onde e foresta primaria

Tratto da www.travelgudu.wordpress.com, il blog di Viaggio scritto a 4 mani da me e la Virgi.

Il Costa Rica è un paese dalle mille avventure e dai mille ecosistemi. Lasciando la foresta nebulare siamo arrivati sulla costa, nel famoso Parque Nacional Manuel Antonio, dove la foresta si perde sulla sabbia bianca e arriva a lambire le onde dell’oceano pacifico.
Il primo bagno nel Pacifico è incredibile: acqua tiepida e onde, e una risacca che ti porta via. E’ un attimo ritrovarsi come bambini a prendere di petto ogni onda e lasciarsi travolgere e portare a riva in una capriola di sabbia e sale. E se inizia a piovere mentre si è in mare (e in Costa Rica accadrà di sicuro), è ancora più bello, mare caldo e pioggia fresca. Da restarci per sempre e diventare salsedine.
Il Parco Manuel Antonio non è esattamente un paradiso naturale o, meglio: potrebbe esserlo, se non fosse per tutte le persone che lo invadono (letteralmente). In particolare perché all’interno del parco, oltre a percorsi naturalistici per osservare fauna e flora, ci sono bellissime spiagge bianche dove è consentita la balneazione. E ci sono pure tanti (troppi) italiani… [troppo spesso gli italiani all’estero sono chiassosi e invadenti, in un attimo si perde la sensazione di “esotico”, perciò sentire l’idioma natio ci fa richiudere a riccio, accelerare il passo e masticare parole inglesi a caso]. Comunque, nel parco abbiamo percorso un bel po’ di sentieri, avvistato ogni sorta di scimmia presente e bradipi, ragni, procioni, roditori e mustelidi vari. Enormi iguana addormentate sulle radici di mangrovie in spiaggia. Processioni di formiche, ognuna con il proprio pezzetto di foglia, instancabili. Granchi, lucertole, farfalle.



Lasciato Manuel Antonio, ci siamo spostati poco più a sud a Playa Dominical. Da qui, era stata organizzata una escursione verso il Parque Nacional Corcovado, ovvero “the most biologically intense place on Earth” secondo National Geographic. Come non andarci? Si trova nella Penisola di Osa, nel sud del Paese, e si raggiunge solitamente via mare. Perciò al mattino un pulmino ci ha prelevati dall’hotel e nel giro di mezz’ora noi – assolutamente ignari di come si sarebbe svolta la gita – ci siamo ritrovati sulla spiaggia, con le scarpe da trekking in un sacco della spazzatura, circondati da una manciata di altre persone (attrezzati con costume da bagno e sandali da mare, loro!), a sfidare le onde immersi fino al bacino per raggiungere il motoscafo che ci avrebbe portato alla ricerca di delfini e balene. Ed evidentemente era il periodo giusto, perché ne abbiamo avvistati un sacco. Vedere questi pachidermi del mare emergere, spiccare salti e abbandonarsi mollemente al mare spruzzando acqua a pochi metri dal motoscafo è incredibile e a tratti preoccupante. Animali giganteschi, ma aggraziati e “dolci” del loro muoversi all’unisono con i loro cuccioli.
Dopo più di un’ora di motoscafo abbiamo raggiunto finalmente Corcovado. Famoso in particolare per la presenza del tapiro di Baird e per la densità di felini, il parco è quasi interamente foresta primaria, intatta, incontaminata dalla presenza umana. Foresta primaria significa che non è mai stata tagliata dall’uomo: gli alberi sono nati cresciuti e morti nel caos, in un tempo senza tempo scandito solo dagli eventi atmosferici. Foresta, come diecimila anni fa. Dove noi ci siamo addentrati (con una guida) per avvistare svariate scimmie, molti pipistrelli ed uccelli, tra cui l’Ara Scarlatta, e soprattutto per godere di quel senso di selvaggio. Naturalmente tapiri e giaguari se ne sono rimasti rintanati per benino nella vegetazione. La spiaggia pigra invasa da granchietti come sassolini che rotolano all’unisono con la risacca.

Raggiungere lo sperduto parco di Corcovado vale indubbiamente la pena: selvaggio, isolato, un incredibile angolo di natura vergine da proteggere.


:::::::Info pratiche:::::::
Zona: provincia di Puntarenas
Lodge: Costa Verde (Manuel Antonio) e Villas Rio Mar (Playa Dominical)
Attività:
Bagno nel pacifico con regressione ad anni 4. Fatto. Voto 9/10
Prendere per il culo le iguane per il loro sculettare. Fatto. Voto 7/10.
Stare sulla punta del motoscafo per fare il figo e poi sbriciolarsi l’osso sacro a causa dei mille salti sulle onde. Fatto. Voto 2/10
Stare in mezzo a balene che saltano. Fatto. Voto 9/10
Essere spruzzati dalle balene. Non Fatto. Peccato.
Inutile cerca del tapiro di Baird. Fatto. Voto: 3/10
Parlare dei massimi sistemi con pipistrello. Fatto. Voto 8/10. Il pipistrello dormiva.
Indice di fastidio umanità: 7 JarJar. Manuel Antonio troppo affollato. 1 JarJar Corcovado.
Indice di fastidio fauna: 1 JarJar. Adorabile fauna, come sempre.
Indice di piovosità: 1 Giuliacci. Incredibile sole, tranne un temporale durante il bagno nel pacifico
Indice di fatica: 0,2 Cherro Chato.

Gudu’s Pura Vida Experience – Part three: di vegetazione e nebbia

Tratto da www.travelgudu.wordpress.com, il blog di Viaggio scritto a 4 mani da me e la Virgi.

Con le scarpe ancora infangate dal Cerro Chato, il nuovo giorno ci riporta in auto a precorrere i poco più di 100 km che ci separano da Monteverde. O per meglio dire dal “Bosque Nuboso Monteverde”. Non so cosa stia capitando nella vostra testa, ma bosque nuboso nella nostra di testa accende immediatamente l’immagine della foresta tropicale, quella con le liane, magari pure con Tarzan.


In effetti, il Bosque Nuboso Monteverde è proprio così: un intrico verde alto decine di metri, aggrovigliato, ombroso, e l’umidità che trasuda dagli alberi è tale da creare una perenne nebbiolina. Per contro, la temperatura non è troppo alta. Grazie all’ombra, alla frescura e all’altitudine (si raggiungono i 1460 m), la temperatura è tra il gradevole diurno e il frizzantino serale/mattutino.
Abbiamo dedicato all’esplorazione del parco un pomeriggio, un giorno ed una notte. Purtroppo, a causa delle piogge alcuni sentieri non erano agibili, ma noi naturalmente non ci siamo lasciati scoraggiare. Muniti delle preziosissime mantelline (NB. se programmate un viaggio in Costa Rica non potrete farne a meno), ci siamo lanciati nel verde. La vegetazione è straordinaria e avvolge ogni cosa; abbiamo avvistato scimmie e uccelli, non molti perché come già detto la stagione non è la più indicata e tra l’altro ci vuole un occhio d’aquila per scovare quelle matasse di pelo/piume nel verde.
Poco fuori dal parco, c’è un bar-ristorante che ha appeso agli alberi delle mangiatoie e degli abbeveratoi per i colibrì: è davvero uno spettacolo. Volano a pochi centimetri dagli spettatori, veloci come saette, volano, bevono, litigano e spariscono per tornare un istante dopo.
Il Parco organizza escursioni notturne guidate per avvistare la fauna che di notte popola la foresta nebulare. Noi ovviamente abbiamo partecipato, avvistando svariati insetti, ragni (scoprendo che le tarantole sono animali indifesi e sfigatissimi: esiste un tipo di vespa che l’attira fuori dalla tana, la paralizza pungedola e infine depone all’interno del ventre della tarantola un uovo; la larva crescerà mangiando a poco a poco il ragno ancora vivo, finché non sarà pronta per la metamorfosi… terrificante) e pipistrelli. A questo punto probabilmente dovete sapere che i pipistrelli sono animali per noi amatissimi e quindi – pur non avendo avvistato anfibi né il giaguaro – siamo stati ampiamente ripagati. I pipistrelli sfruttano di notte gli stessi abbeveratoi usati dai colibrì, offrendo uno spettacolo ancora più magico seduto nell’oscurità della foresta. Sì, perché se la foresta è piuttosto ombrosa già durante il giorno, di notte il buio è buio per davvero. Spegnere le torce e restare in ascolto di un rumore prodotto da non si sa quale animale nella foresta è allo stesso tempo un brivido di curiosità e di paura.




A Monteverde il suolo è (anche) ricco di piantagioni di caffè; noi siamo capitati alla Finca La Bella Tica, dove siamo stati accolti inattesi da una ragazza e una signora anziana piuttosto stupite di vederci, tra un temporale e l’altro. Abbiamo acquistato caffè da riportare a tutti i caffeinomani italiani – prima tra tutti la sottoscritta. Abbiamo “bevuto” Costa Rica per settimane a casa, ogni tazzina colma di ricordi e di un pizzico di nostalgia.
La ciliegina sulla torta della nostra permanenza a Monteverde è stato, senza dubbio, il Trapp Family Lodge, un lodge di montagna confortevole e accogliente, dove sorseggiare gin tonic mentre “fuori il vento flagella alberi e bradipi”.
:::::::Info pratiche:::::::
Zona: provincia di Puntarenas
Lodge: Trapp Family Lodge
Attività:
Escursione al Bosque Nuboso Monteverde. Fatto in lungo e largo. Voto 8/10
Stare in mezzo a decine di colibrì pazzi. Fatto. Voto 9/10.
Stare al buio in mezzo a decine di pipistrelli pazzi. Fatto. Voto 10/10
Gin Tonic vista foresta. Fatto. Voto: 9/10
Cena con odiatissima musica latin-jazz. Fatto. Voto: 3/10
Guidare ancora come pazzi il fuoristrada su sterrato. Fatto. Voto: 9/10
Parlare dei massimi sistemi con una tarantola dopo averla stanata con un rametto. Fatto. Voto 8/10. Tarantola mediamente scazzata.
Indice di fastidio umanità: 1 JarJar. Record in positivo.
Indice di fastidio fauna: 1 JarJar. Adorabile fauna.
Indice di piovosità: 5 Giuliacci. Pioggia, vento, pioggia, vento, …
Indice di fatica: 0,2 Cherro Chato.





Gudu’s Pura Vida Experience – Part two: di vulcani e fango

Tratto da www.travelgudu.wordpress.com, il blog di Viaggio scritto a 4 mani da me e la Virgi.

Dopo la splendida esperienza di Tortuguero, con la nidificazione delle tartarughe verdi, ci lasciamo alle spalle i turisti e siamo sul nostro fuoristrada Daewoo Bego diretti verso La Fortuna.
La strada scorre regolare, senza molto traffico, il paesaggio cambia progressivamente, ci lasciamo alle spalle i campi di banani e ci avviciniamo alle foreste. Raggiungiamo il nostro Lodge, l’Arenal Country Inn, verso sera. Il lodge si presenta silenzioso e vuoto, con un certo senso di abbandono, memore forse della fortuna (o di una La Fortuna) di altri tempi (o di altre stagioni turistiche); offre pochi servizi (no lavanderia – che invece avrebbe fatto comodo considerata la giornata successiva – no ristorante, no bar).
La Fortuna è una piccola cittadina praticamente senza illuminazione notturna e anche lei, come il lodge, un po’ sottotono. Forse a febbraio-marzo c’è un brulicare di vita, non saprei, ma certo è che ad agosto l’ambiente è piuttosto sonnolento e deserto. La cittadina non offre molte opzioni gastronomiche. Un po’ indecisi sul da farsi, ci lasciamo consigliare da google maps e raggiungiamo così il Soda Viquez. Cos’è un soda? In Costa Rica i soda sono piccoli ristorantini, in genere a conduzione familiare, che offrono cibo semplice (casado) a cifre più che abbordabili. Il “nostro” soda è piccolo ma arioso, con una sala da pranzo a mo’ di veranda aperta sulla strada, pareti luminose e semplici tavolini pronti ad accogliere i clienti. Che, per la verità, sono parecchi pur se fuori stagione. E’ gestito da due ragazze gentili e disponibili; potrete ordinare tre versioni di casado (carne, pesce o vegetariano) e riceverete un piatto stracolmo di cibo salutare, riso, verdure. Ordinate insieme un batido (frullato di frutta fresca), ed il gioco è fatto: siete dei ticos.
Dopo esserci rifocillati, facciamo quattro passi ma presto decidiamo di tornarcene al lodge. L’indomani ci aspetta un’avventura.
L’avventura, per la verità, è stata molto più tosta e strenua dell’atteso. L’avventura che ci eravamo prefissati era il trekking del Cerro Chato, per giungere al lago che occupa il cratere del vulcano. Lonely Planet, nostro fedele compagno di viaggio, recita (e sono andata a rileggermelo, che forse ero stata io a sottostimare l’impresa?):  “Il Sendero Cerro Chato, la passeggiata più bella e interessante del parco [omissis] serpeggia tra i pascoli prima di salire piuttosto ripidamente tra ciò che resta di antiche foreste e macchie di vegetazione vergine sullo sfondo del cielo brumoso”. Piuttosto ripidamente? Sì, forse un po’ ho sottostimato io, ma 8 km nel fango salendo appesi a corde (e attenti a non sfiorare la vegetazione, che in Costa Rica una delle primissime cose che ti vengono dette è che non devi toccare nulla che buona parte di ciò che ti circonda è velenoso!) io l’avrei descritto diversamente…
Ma andiamo per gradi, partiamo dall’inizio. Ci svegliamo presto, ci dirigiamo all’Arenal Observatory Lodge da dove parte il Sendero, molliamo la macchina e partiamo, caldi-duri-e-puri come solo i veri viaggiatori possono essere. La partenza è soft: terreno regolare, salita dolce, bei paesaggi. Illusione: ben presto l’habitat intorno a noi cambia, la foresta si infittisce, il terreno è fangoso e sconnesso. Poco più in là, inizia la salita, o per meglio dire, l’arrampicata: terreno fangoso fino alle ginocchia, pendii scoscesi su cui issarsi a forza di braccia e gambe e muscoli di cui fino a quel momento avevo sempre ignorato l’esistenza, reggendosi a corde marce. Avventuroso, fico, molto fico; all’inizio almeno. Poi la fatica ha avuto il sopravvento. Credo di aver fatto gli ultimi 500 m scongiurando la morte per sfinimento ad ogni passo; Leo se l’è cavata molto meglio, del resto dei due è lui quello atletico.




Però: giunti in cima, vi ritroviamo avvolti dalla bruma sulle strette sponde di un laghetto vulcanico. Un paesaggio sospeso, impressionante, solitario e bello. Ci sediamo in bilico su un tronco caduto e restiamo per un po’ a riprendere fiato e ad osservare questo angolo selvaggio. Accanto a noi una raganella marroncina ci osserva.


E poi ripartiamo per tornare a valle. La discesa è ardua tanto quanto la salita. Scivoliamo, ci imbrattiamo di fango, ma alla fine arriviamo all’auto con l’apparato osteoarticolare integro. Dolorante, ma integro. Ce ne torniamo al lodge, ci tuffiamo sotto la doccia e ci asciughiamo con i perennemente umidi asciugamani costaricensi (il tasso di umidità in pieno agosto supera il 90%) e ci trasciniamo al nostro amato sodaper la cena. Vi ricordate che ho detto che mancava la lavanderia? La sera si è infatti conclusa con me che interpreto la bella lavanderina nel tentativo di ripulire dal fango la nostra tenuta da trekking. Sappiate, qualora vi trovaste in stato di necessità, che in Costa Rica esistono i mini super, dei minimarket super-forniti di ogni cosa. Tra cui, magno gaudio, saponette Vanish che lavano via la fanghiglia del Cerro Chato.



:::::::Info pratiche:::::::
Zona: provincia di Alajuela
Lodge: Arenal Country Inn
Attività:
Escursione Cherro Chato. Fatto. Voto:9/10
Escursione Vulcano Arenal. Non Fatto.
Cena al Soda. Fatto. Voto: 8/10
Lavare i panni nel micro-lavandino del lodge. Fatto. Voto: 4/10
Guidare come pazzi il fuoristrada su sterrato. Fatto. Voto: 9/10
Parlare dei massimi sistemi con una Rana. Fatto. Voto 8/10. Anche rana soddisfatta.
Indice di fastidio umanità: 2 JarJar. Record in positivo.
Indice di fastidio fauna: 3 JarJar. Perché comunque sti ragni velenosi ovunque rompono un po’ le balle.
Indice di piovosità: 3 Giuliacci. Miracolo, non abbiamo preso piovaschi.
Indice di fatica: 1 Cherro Chato. Da ora diventa unità di misura.