mercoledì 12 novembre 2014

The Gudu's Nippo Experience part 8

Dopo una seconda notte a Nikko tranquilla e riposante, ci siamo svegliati di davvero di buon umore.
Abbiamo fatto una rapida colazione e poi abbiamo percorso con tranquillità i 500 metri che ci separavano dalla zone dei templi.

Nikko è una delle mete più famose del Giappone per quel che riguarda i templi, anche se è molto poco visitata dal turismo occidentale.
Il complesso dei templi è dovuto all'amore per quei luoghi del noto Shogun Tokugawa Ieyasu.
Tokugawa Ieyasu è stato il fondatore dello shogunato Tokugawa nel 1603, sebbene governasse già non ufficialmente il Giappone dal 1600 (anno della battaglia di Sekigahara).
Il suo governo si concluse ufficialmente nel 1605 quando abdicò in favore del figlio Hidetada, ma continuò a esercitare fino alla sua morte il suo potere attraverso il governo del chiostro.
A Ieyasu piaceva molto Nikko, tanto da andarci a morire nel 1616 all'età 73 anni con conseguente mausoleo in loco e susseguirsi di templi ed altri mausolei sulla scia del primo.
Questo shogun aveva dei gusti un po' barocchi e questo si ben l'abbiamo notato osservando i templi molto più ricchi e fastosi rispetto a quelli visitati nelle altre parti del Giappone; più che giapponesi sembravano molto cineseggianti.
Personalmente ho trovato questi templi meno d'effetto e meno d'atmosfera.
In cambio però la location era spettacolarmente immersa in mezzo alla natura: alberi alti e grossi come non ne avevamo visti in Giappone fino a quel momento stavano di sentinella ad ogni singola struttura; fiori e piante di ogni tipo spuntavano ovunque cercando di invadere gli spazi sacri.

Dopo aver visto e fotografato il famoso ponte rosso Shin Kyo (rifiutandoci di pagare una cifra esosa per passarci sopra), abbiamo cominciato la visita dei templi.


Durante la visita abbiamo potuto vedere dal vivo il famoso altorilevo raffigurante le tre scimmie "non vedo, non parlo, non sento", il cavallo sacro del tempio (che benché fosse vivo non muoveva nemmeno gli occhi), il cancello "Yōmeimon" (anche chiamato "Higurashi-no-mon gate" che letteralmente significa "Il cancello per cui le persone spenderebbero tutto il giorno per guardarlo" in quanto vi sono scolpite ben 508 sculture, il passaggio del gatto sacro ed infine, dopo circa 30 minuti di ripidi scalini, la tomba di Ieyasu.










La tomba di Ieyaso mi è piaciuta molto, è l'unica struttura della zona che mi ha riportato alle atmosfere meditative, quiete, ma cariche di energia che ho trovato negli altri luoghi sacri del sol levante.
Un semplice cilindro di pietra scolpito che esce dalla terra nel mezzo di un grosso spiazzo circondato da enormi alberi; il tutto posto sulla cima di una piccola montagna.
Si poteva percepire la forza del luogo nonostante la miriade di turisti ansimanti per la salita (ansimanti, ma in religioso silenzio).
La semplicità della tomba, la gestione degli spazi "vuoto/pieno", gli immensi alberi come guardiani leggermente piegati verso la tomba... tutte queste cose creavano un'atmosfera davvero difficile da descrivere. Forza, pace, integrità, riposo, trascendenza... queste le parole che mi vengono in mente, se ripenso a quell'atmosfera.


Sulla strada del ritorno verso la zona abitata siamo stati intervistati da due bambini accompagnati da un'insegnante, cosa per noi molto pittoresca e divertente.
Dopo aver risposto ad una decina di domande ed aver ricevuto in dono delle caramelle e degli origami, siamo andati in cerca di un ristorante.
Ci siamo ritrovati in un piccolissimo ristorante gestito da madre e figlia in una zona poco frequentata.
Il ristorante era deserto, c'eravamo solo noi.
La Vigi ha intelligentemente ordinato un piatto tipico della zona, mentre io ho fatto l'errore di ordinare una bistecca di maiale... trovandomi a combattere con una "roba" composta solo di grasso pure difficile da masticare.

Nel pomeriggio ci siamo diretti verso il Kanmangafuchi Abyss.
Il Kanmangafuchi Abyss è una zona molto particolare lungo il fiume Daya caratterizzata da rapide e piccole cascate, formatasi durante un'eruzione del vicino Monte Nantai.
Appena a sud del fiume in quest'area si trovano una serie di circa 70 statue buddiste (jizo), chiamate "Narabi Jizo" (jizo in fila), "Hyaku Jizo" (100 jizo) od anche "Bake Jizo" (jizo fantasma).
Le leggende narrano che le statue cambino periodicamente disposizione e che nessuno le abbia mai viste nella stessa posizione, oppure che sia impossibile contarne il numero esatto poiché all'andata si conta un numero ed al ritorno se ne conta un'altro.
Le statue di Jizo sono comuni in Giappone soprattutto nei cimiteri per la credenza popolare che sia uno dei protettori dei defunti, ma Jizo è anche associato ai neonati prematuri/malformi ed agli aborti poiché, secondo la tradizione giapponese, protegge dalla punizione che ricevono per il dolore che causano ai loro genitori
In Giappone, le statue di Jizo sono spesso adornate con piccoli cappucci e bavagli, spesso fatti e donati dalle madri dei bambini morti.
I lineamenti con cui viene raffigurato sono spesso infantili, a ricordare i bambini che protegge.
Jozo è anche considerata divinità protettrice dei viaggiatori infatti le statue di Jizo sono comuni lungo le strade (noi però nel nostro viaggio non ne abbiamo notate).
Per arrivare al Kanmangafuchi bisognava camminare per circa due chilometri in un sobborgo rurale di Nikko.
Durante questo percorso non abbiamo incontrato nessuno, forse perché erano solo le 13.30... in ogni caso questo ha giovato molto all'atmosfera.
Io le Vigi ci siamo mossi passeggiando lentamente e chiacchierando amabilmente in mezzo alle piccole case intervallate dai campi.

Quando siamo arrivati alle statue di Jizo siamo entrati in un silenzio reverenziale ed abbiamo cominciato il nostro percorso in mezzo alle statue... ovviamente contandole.
L'atmosfera era carica di misticismo.
Le statue con le loro fattezze, i bavagli ed i cappucci, la muffa che ci cresceva sopra davano un senso di incredibile tristezza.
Si percepiva un'atmosfera "misticamente pesante", non mi vengono in mente altri termini per descriverla.


Alla fine del percorso ci siamo inerpicati su di un sentiero in cerca del famoso abisso.

Dopo una decina di minuti siamo arrivati ad un vecchio cimitero.
Non ho potuto trattenermi dal visitare il cimitero godendomi l'atmosfera e le inusuali architetture.
Il cimitero era silenzioso ed immerso in un piccolo bosco.
Le tombe sembravano molto vecchie e poco visitate, ma la natura non si era insinuata in nessun punto di quel luogo sacro. Dopo qualche minuto ammetto che mi è venuta un po' di "giocosa" inquietudine.

Sulla strada del ritorno dal cimitero siamo riusciti ad individuare il famoso abisso, che altro non è che un punto in cui, nonostante l'acqua cristallina, non si vede il fondo.

Siamo ripassati nel mezzo delle statue di Jizo ricontandole ed ovviamente contandone un numero diverso rispetto all'andata.

Mentre tornavamo verso il ryokan, ci siamo fermati presso la bottega di un costruttore di tatami che già avevamo notato all'andata.
Davanti alla bottega, l'artigiano aveva un piccolo mobiletto su cui erano esposti dei piccoli portamonete costruiti con i materiali di scarto dei tatami.
Io li avrei comprati tutti, ma la Vigi è riuscita a convincermi a limitarmi ad uno.
Abbiamo suonato il campanello ed abbiamo aspettato per più di 10 minuti davanti al mobiletto.
La bottega era spalancata, le finestre e le porte dei balconi dell'alloggio sopra la bottega erano spalancati anch'essi.
Abbiamo provato a chiamare a voce alta senza risultati.
Dopo altri 10 minuti abbiamo deciso di prendere un portamonete e lasciare i soldi sul mobiletto.
Proprio nella fase di scelta, è arrivato l'artigiano con un piccolo camion (di quelli piccoli, stretti ed alti tipici del Giappone)... abbiamo scelto il portamonete ed abbiamo pagato.
Da quel giorno, tengo i miei plettri in quel piccolo portamonete ed ogni volta che lo apro per suonare, ripenso al Giappone e sorrido.
Fino a che non siamo arrivati al Ryokan, abbiamo fatto riflessioni sul fatto che in Italia una bancarella abbandonata sarebbe stata rapidamente saccheggiata, così anche come una casa lasciata aperta in un luogo poco frequentato... anzi... in qualsiasi luogo sarebbe stata saccheggiata, anche davanti al Duomo di Milano.

Nel pomeriggio abbiamo preso il treno per raggiungere Tokyo e poi un un'hotel nel pressi dell'aeroporto di Narita.
Siamo arrivati molto tardi ed il ristorante dell'hotel non serviva più i pasti... così siamo usciti ed abbiamo scelto un ristorante a caso dove, dopo 20 minuti di discussioni per farci capire dalla cameriera, abbiamo gustato dei discreti Yakitori.

La mattina successiva ci ha regalato l'ultimo momento divertente del viaggio.
Siamo saliti su quella che pensavamo fosse la navetta per Narita, per poi scoprire che era un pullman di turisti diretti nel centro di Tokyo per fare shopping.
La cosa divertente è che nessuno ci diceva nulla, nonostante fossimo palesemente due occidentali in mezzo ad un pullman di orientali.
Alla fine l'autista ha avuto un "piccolo sospetto" ed ha chiamato il personale dell'hotel per farsi aiutare con la lingua.
Dopo tante risate nostre e tanti inchini nipponici, abbiamo preso la navetta, quella vera e siamo andati all'aeroporto.

Arrivati al check in, abbiamo scoperto che l'aereo aveva 3 ore di ritardo.
L'Alitalia ci ha gentilmente pagato il pranzo in uno dei 50 ristoranti della struttura.
L'aeroporto di Narita è praticamente una città su sei piani piena zeppa di ristoranti e negozi... abbiamo passato piacevolissime due ore e mezza a fare shopping nei vari negozietti per poi imbarcarci e tornare in Italia.

mercoledì 29 ottobre 2014

The Gudu's Nippo Experience part 7

Settimo episodio del nostro viaggio in Giappone di agosto 2013... caspita, è passato più di un anno.
Il sette è il mio numero preferito e devo dire che la giornata che vado a descrivere è stata quella che ho preferito.

Ricordo la sensazione che ebbi la prima volta che viaggiai al di fuori dell'Europa... ero in Namibia in cima ad un altipiano e pensai : "Sono dall'altra parte del mondo, a migliaia di chilometri da casa mia... eppure esisto... eppure non mi sento perso".

Ebbi di nuovo quella sensazione quando mi trovai all'inizio del percorso naturalistico che da Nikko portava al lago Chuzenji con i suoi templi e la sua atmosfera magica.

Per arrivare all'inizio del percorso abbiamo preso un bus locale che in 20 minuti ci ha portati a destinazione.

Il percorso iniziava con la risalita di una torrente così inclinato da sembrare una cascata.


Abbiamo affrontato la scalinata lentamente in mezzo ad una decina di altri turisti (tutti giapponesi) attenti a tutto quello che ci circondava; i miei sensi erano in massima allerta per non perdermi nulla: odori, rumori, luci, colori.
In cima alla scalinata c'era l'ingresso del parco dove un cartello avvertiva della presenza di scimmie ed orsi.

Il percorso è stato una delle cose più belle che ho fatto in Giappone.

Sarebbe noioso raccontarlo per filo e per segno, lascio questo compito alle foto della Vigi; ben conscio che nemmeno la sua tecnica fotografica potrà rendere appieno l'idea dell'esperienza perchè, come in tutte le fasi del nostro viaggio in Giappone, è stata l'atmosfera dei luoghi a colpirci ed i sentimenti che essa stimolava in noi... ed i sentimenti, per quanto si scriva e si facciano foro, non si possono (per fortuna) raccontare.

Il percorso è durato circa quattro ore, pausa pranzo compresa.

In quelle quattro ore siamo passati in mezzo a boschi, abbiamo attraversato radure, affrontato paludi, attraversato torrenti su pittoreschi ponti in legno e molte altre cose.
A colpirmi è stata la natura estremamente diversa da quella a cui ero abituato e certi scorci che sembravano usciti da una fiaba.
Il percorso era semplicissimo da affrontare perchè tutto eseguito su percorsi a palafitta e grazie alla incredibile buona educazione dei giapponesi, abbiamo potuto goderci i silenzi dei boschi, il canto dei ruscelli, il frinire delle omnipresenti cicale e l'energia dei luoghi.
Ad ogni passo venivamo colpiti dalla bellezza di uno scorcio, una albero, un fiore, un canto di vento fra le foglie, un silenzio, un profumo di fiori.








Abbiamo incontrato poche persone, in tutto una cinquantina su tutto il percorso, compresa una scolaresca di circa 20 bambini.
Il popolo nipponico si muoveva silenzioso e rispettoso della natura all'interno del parco godendosi l'esperienza e rendendola godibile anche per il prossimo.
Curioso il modo di salutare: dopo qualche tempo ci siamo accorti che la gente allungava l'ultima lettera del saluto "Konnichiwa" a seconda del numero di persone che componeva il gruppo incontrato. Ad esempio se incontravano un singolo dicevano "Konnichiwa", se incontravano un gruppo di tre persone dicevano "konnichiwaaa" e se il gruppo era foltissimo "konnichiwaaaaaaaaaa".
Ovviamente nessuno incrociava il prossimo senza salutare e sorridere ed ovviamente anche noi ci siamo adeguati alle loro tradizioni... ci siamo divertiti un sacco a cercare di calcolare quanto lungo dovesse essere il saluto a seconda della grandezza del gruppo incontrato.

Passeggiando senza fretta in totale rilassatezza ed armonia col mondo, dopo una piccola pausa per raccogliere un po' di "terra ricordo", siamo arrivati ai piedi di una grossa e suggestiva cascata.


Propri lì, nel mezzo del bosco, ai piedi della cascata c'era un piccolo ristorantino locale dove si potevano acquistare degli stuzzichini cotti alla griglia: piccoli pesci oppure uova infilzati su ti un bastoncino di legno.


Questi stuzzichini hanno acceso il mio entusiasmo di ex bambino degli anni '80, periodo in cui in ogni cartone animato giapponese apparivano... da "Sampei" a "Lamù", da "Daitarn 3" a "Doraemon".
Il ristorantino serviva anche pasti completi e così ci siamo seduti ad un tavolo ed ammirando la cascata dall'alto ci siamo gustati degli ottimi Ramen.

Dopo l'ottimo pasto, abbiamo affrontato l'immensa scalinata che portava alla punta della cascata.
La fatica è stata ricompensata dal ritrovarci improvvisamente di fronte al lago Chuzenji.
Il lago emanava un'aura di placida forza che imponeva allo spettatore un momento di vera meditazione, forse è per questo che sulla riva di questo lago sono stati costruiti molti templi e molte terme.
Chi conosce il significato più profondo del termine "Meditazione" probabilmente saprà intuire quello che ho provato ad esprimere con queste poche parole.



Il lago Chuzenji (Chuzenjiko) sta sulle montagne sopra la città di Nikko (in bus ci vogliono circa 60 minuti di tornanti su strada inclinatissima).
E' situato ai piedi del monte Nantai (vulcano sacro di Nikko) la cui eruzione ha bloccato la valle sottostante, creando in tal modo il suddetto lago circa 20.000 anni fa.
Le terme più famose presenti sul lago sono quelle di Chuzenjiko, poi ci sono il santuario Futarasan ed il tempio Chuzenji... ed anche  il museo di scienze naturali di Nikko (che non abbiamo visitato poichè ci mancava il tempo).

Abbiamo seguito il sentiero che seguiva le rive del lago fino ad arrivare alla zona dei templi e delle terme (circa 3 chilometri di percorso).

Abbiamo visitato quasi correndo i templi perchè eravamo vicini l'ora di chiusura e non potevamo perderci i timbri di tutti i templi della zona, il perfetto finale dopo quella magica camminata.

I templi della zona erano semideserti e quasi dimessi per lo standard Giapponese, questo creava intorno ad essi un'aura di misticismo che ho apprezzato molto.





Questa volta letteralmente correndo, siamo riusciti a saltare sul bus che ci ha riportati a Nikko.

Rientrati al Ryokan abbiamo fatto una doccia, ci siamo sbellicati dalle risate di fronte alla tv giapponese e poi siamo andati a cena.

La sera ci siamo addormentati con sorriso sulle labbra.
Io avevo ancora impresse negli occhi le immagini della giornata ed avevo dentro al cuore un surplus di pace e serenità.

giovedì 26 giugno 2014

La città incantata - Recensione

Una pausa nel Gudu Japan Experience per una recensione comunque in tema Giappone.

Trattasi della recensione del lungometraggio animato "La città incantata" del grande maestro Hayao Miyazaki.

Il film lo avevo già visto con la Vigi almeno tre volte.
Ricordo che la Vigi se lo procurò incuriosita dal fatto che aveva vinto Orso d'oro al Festival di Berlino nel 2002. Fui lei la prima a vederlo e poi per almeno un anno cercò di convicermi a vederlo senza riuscire a convincermi. Dopo un anno di tentativi acconsentii di malavoglia e rimasi stupito, colpito e fulminato da amore a prima vista.

E' stato il primo film di Miyazaki che ho visto.
In verità da piccolino avevo amato molto la serie Conan ragazzo del futuro (una delle prime opera di Miyazaki), ma ero solo un bambino e quindi, a mio parere, non conta.

Con l'occasione della riproposizione al cinema di questo capolavoro, abbiamo potuto gustarci la Città incantata al cinema.

Devo dire che per godersi fino in fondo il film bisogna conoscere ed amare la cultura del paese del Sol Levante ed è inutile dire che dopo aver visitato il Giappone il film acqusita ancora maggior valore.

La trama, come tutti i film di Miyazaki, è semplice... praticamente banale... anche perchè la grande capacità di questo regista è proprio rendere magico lo scorrimento di un film, a prescindere la trama.
Tutta questa magia nasce soprattutto dalle atmosfere; atmosfere create con i colori, i suoni, gli sguardi, i disegni dei personaggi ed il tipo di animazione.
Miyazaki potrebbe rendere magica una puntata di porta a porta, ne sono certo.
La trama è una trama, come già scritto, semplice che scorre banalmente, ma parte da un'intuizione geniale:
Una bambina oltrepassa una sorta di "confine" e si ritrova nel mondo degli spiriti.
Gli spiriti sono quelli del folklore nipponico, che in questo campo non sono secondi a nessuno e da soli bastano a giustificare un'opera di grande fantasia e varietà.
La bambina in questione rimane intrappolata in questo mondo e dovrà riuscire a liberare i genitori e magari, nei ritagli di tempo, migliorare la vita ai presenti.

Il 90% del film è ambientato in uno stabilimento termale tipico giapponese (onsen), presso l'onsen vengono a riposarsi tutti gli spiriti della tradizione giapponese (dal buddismo, ma sopratto dallo shinoismo) con l'aggiunta di spiriti partoriti dalla mente vulcanica del regista.
Ovviamente l'architettura dello stabilimento è molto "particolare" (vedi anche "Il Castello di Howl"), come anche le miriadi di esseri che ci lavorano dentro.
Stanze e scalinate di ogni tipo e dimensione con atmosfere che variano continuamente a partire dalla sala caldaie nei meandri della terra fin su agli uffici della strega della zona attico.





I lavoratori dell'onsen sono antropomorfi, ma mai umani... anche in questo caso un mix di folklore e fantasia dell'autore.


Quasi tutta la parte restante del film, forse la più crepuscolarmente romantica, è ambientata nelle terre desolate degli spiriti; terre che la protagonista dovrà percorrere per poter aiutare un caro amico ritrovato durante l'avventura.




La città incantata, come quasi tutti i film di Miyazaki, è un film che parla direttamente al cuore.
Se il cuore è anche solo un po' aperto allora può recepire l'immensa bellezza di questa opera.
Le atmosfere di questo film... non so descriverle altrimenti... è come se cantassero direttamente all'anima rapendola e trasportandola in un mondo magico... un mondo che, in fin dei conti, non è poi così tanto diverso da quello del Giappone rurale di qualche anno fa.

Un film che parla della natura e della sua bellezza infinita.

Un film che parla "del vento" e "col vento" perché  tutto si muove come se fosse animato dal vento (a partire dal vento che quasi trascina la protagonista nel tunnel, passando per quello che anima gli esseri volanti che cacciano il drago, fino ad arrivare al vento che in modo metaforico sostiene la protagonista ed il suo amico ritrovato durante la discesa da cielo a terra).

Un film che santifica la purezza di spirito mediante il suo simbolo più alto che è l'acqua... l'acqua purificatrice delle vasche termali, l'acqua pacificatrice che trasforma la turbolenta pianura in un pacifico mare, l'acqua che divide il mondo puro degli spiriti da quello degli umani.

Un film che esalta le cose stupende che può darci la natura dove dona più felicità una lucertola fritta od un pasto speciale che centinaia di pezzi d'oro, dove la protagonista guadagna il rispetto di "Noface" perchè non sa che farsene dell'oro (evitando forse di essere mangiata).



Un film che parla della solitudine dell'uomo nell'era moderna, rappresentato da "NoFace" che è lo spirito della modernità... dotato di incredibili poteri, ma estraniato da tutto e fondamentalmente infelice ed incapace di godere della vita.


Un film che parla di amore, non quello romantico di coppia, ma quello disinteressato dell'amicizia, dell'aiuto reciproco, dello stare insieme, di essere individui ma al contempo tutti legati da un'unica energia.

Miyazaki è un maestro nel descrivere questi temi.

Lo aiuta forse la cultura tradizionale giapponese, influenzata da Buddismo e Shintoismo ed estremamente legata alla natura.
Lo aiutano il grande amore verso la natura ed il grande pessimismo nei confronti dell'umanità.

Miyazaki parte da una trama che potrebbe essere l'ennesima storiella della Disney per bambini (il bambino che si ritrova in condizioni particolari e deve salvare qualcuno o qualcosa) e la trasforma in un'opera per tutti con un messaggio profondo ed estremamente bello da scoprire ed interiorizzare.

In questo film c'è tutto il bello della vita che l'umanità non riesce a ritrovare, simbolo di questo i genitori della protagonista che riescono ad accedere al mondo degli spiriti, ed invece di capirlo si lasciano subito andare al materialismo trasformandosi in maiali.


Il lieto fine c'è, ma non è plateale e soprattutto non è a tutto tondo:
La protagonista riesce a salvare i genitori, tornare nel mondo degli umani, togliere NoFace dalla solitudine, liberare dal sortilegio lo spirito del fiume
MA
I genitori non cambiano di una virgola e non ricordano nemmeno quello che è successo... un messaggio molto triste che ci spiega come la maggior parte di noi non è più in grado di recepire/capire/rispettare la bellezza del creato.
Le due gemelle antagoniste non fanno la pace fra loro.
Lo spirito del fiume viene liberato dal sortilegio, ma non può tornare a casa perchè il suo fiume è stato coperto dalle costruzioni (in realtà alla fine sostiene che prima o poi ritroverà il suo posto, ma gli occhi, a ben guardarli, sono tristi e non può superare il limite dei due mondi).
Anche la protagonsita del film non subisce particolari miglioramenti: era un'anima "pura" fin dall'inizio dell'avventura, diventa solo più coraggiosa e determinata... qualità che aveva già, ma che sono state messe in evidenza dai fatti.
Sostanzialmente alla fine dell'avventura non è cambiato un cazzo... gli umani restano sempre estraniati come NoFace e gli spiriti dell'onsen continuano la loro esistenza borderline ed il mondo magico della natura continua il suo corso senza tempo. Questo è il messaggio negativo: la non risoluzione di questa "divisione".

Un film che io ho amato fin dal primo momento e penso che continuerò a rivedere con grande piacere.

Nota dolente: il nuovo doppiaggio della Lucky Red ha occidentalizzato, a parer mio, troppo la traduzione. Anche la recitazione l'ho trovata meno adatta della precedente versione by Universal.

Consigliato a tutte le persone che hanno anche solo un pezzettino di cuore aperto o che vogliono provare ad aprirlo.

venerdì 20 giugno 2014

The Gudu's Nippo Experience part 6

Prima di iniziare a scrivere, mi stavo chiedendo come mai ci mettessi così tanto tempo a descrivere questo viaggio. Oramai è passato quasi un anno dal nostro viaggio in Giappone eppure io sono arrivato solo alla sesta puntata.
Forse è perchè quest'anno non abbiamo in programma nessun viaggio per l'estate e la cosa mi rattrista molto.
Qualche settimana fa, con l'arrivo del caldo, ho tirato fuori le mie calzatura giapponesi ed il mio yukata da casa... ed ho ripensato a viaggiare...ogni viaggo è un'esperienza fantastica... ho voglia di viaggiare... scrivendo lentamente posso rivivere un po' di viaggio... per un po' di tempo con la mente torno là.... forse è per questo che mi sono lasciato indietro un po' di viaggio da raccontare.

La mattina del sesto giorno siano andati in una zona meno conosciuta di Kyouto chiamata "Il percorso del filosofo".

Il percorso è così chiamato perchè circa un secolo fa un famoso professore di filosofia dell'Università di Kyoto, Kitaro Nishida, amava fare qui la sua passeggiata quotidiana.

Il percorso del filosofo segue un suggestivo e stretto viale pedonale che da un lato costeggia un piccolo canale e dall'altro una stretta e lunga via.

L'amosfera era molto "intima", abbiamo incontrato poca gente anche se quasi tutto il percorso era costellato di piccoli caffè, microscopici ristoranti e pittoreschi negozi di artigianato.
Il sole rendeva l'atmosfera afosa ed immobile, appena mitigata dall'ombra degli innumerevoli alberi di ciliegio che costeggiavano il canale e dallo scorrere dell'acqua... ricordo di aver pensato che in effetti quell'atmosfera aiutava a filosofeggiare.
Avrei voluto avere più tempo e fermarmi a leggere un libro su una delle panchine presenti od anche solo fissare lo scorrere dell'acqua del canale ed i passaggi dei piccoli pesci che ci sguazzavano dentro, ma il tempo stringeva, avevamo a disposizione solo la mattinata e volevamo percorrere tutto il percorso, percorso che va dal tempio Ginkaku-ji al tempio Nanzen-ji.

Ricordo quel giorno come il più "rilassato" del viaggio. Tutto era permeato da qualcosa che non so descrivere, ma che aiutava a vivere nel "qui ed ora" dandoci un senso di serenità, leggerezza e felicità.

Lungo il percorso abbiamo trovato parecchi templi.
A livello estetico erano molto semplici e nessuno di loro lasciava a bocca aperta come quelli che avevamo visto precedentemente, ma ricordo di aver pensato che se fossi stato un kyotese, avrei sicuramente scelto quei luoghi per raccogliermi in preghiera.
Alcuni templi erano così piccoli che non avevano un sacerdote e per avere il mitico timbro con firma era sufficiente inserire la moneta nella cassetta a prendere un foglio con il timbro già fatto (meno romantico del solito)... in un altro tempio sono andato a bussare alla porta della zona interna per riempire un'altra preziosa pagina del nostro quaderno.


Questo percorso lo consiglio a tutte le persone a cui piace pensare, alle persone a cui piacciono i posti dove è l'atmosfera a "catturare" e non le immagini, ai veri amanti delle culture orientali ed a chi è interessato davvero ad assaporare l'atmosfera nipponica... ovviamente lo consiglierei anche a chi vuole filosofeggiare.

Aggiungo ancora un po' di informazioni in stile wikipedia su questo itinerario.

Kitaro Nishida (Unoke 19/05/1870 – Unoke 7/06/1945) è stato un filosofo giapponese, considerato il fondatore della Scuola di Kyoto e il filosofo giapponese più importante del XX secolo.
Fra le molte cose cha ha fatto, ha contribuito ad introdurre le dottrine del Buddhismo Mahayana nel pensiero filosofico giapponese.
Ecco qualche frase di un suo scritto che ben descrive come io e la Vigi "viviamo" l'esperienza del viaggio... in verità lo scritto parla di ben altro e se preso nella sua interezza risulta poco calzante, ma leggendolo non ho potuto fare a meno si sottolineare mentalmente queste frasi:

Sperimentare significa conoscere le cose come sono.
Significa conoscerle mettendo completamente da parte i propri artifici ed essere guidati dalle cose stesse.
...
Quando si sperimenta il proprio stato conscio, non c'è soggetto né oggetto; il conoscere e l'oggetto della conoscenza sono la stessa identica cosa.
Questa è la più pura forma di esperienza


Nell'ora di pranzo siamo andati alla stazione per prendere il mitico Shinkansen che ci avrebbe portati in un luogo che io ho amato molto: Nikko.

Per arrivare a Nikko, una volta scesi dallo shinkansen, abbiamo dovuto anche prendere dei treni locali perchè la cittadina in questione è spersa fra le montagne nipponiche.
Siamo arrivati sul posto che era quasi sera ed eravamo parecchio stanchi.

Nikko è un posto quasi sconosciuto al normale turismo "extranipponico", nei due giorni in cui siamo stati in questa bellissima cittadina di montagna non abbiamo visto nessun occidentale.

Perchè Nikko?

Perchè io e la Vigi amiamo andarci a ficcare nei posti meno turistici e soprattutto nei posti amati dagli autoctoni e Nikko è molto amato dai Giapponesi.

Nikko (letteralmente "Luce del sole") si trova nella regione montuosa della prefettura di Tochigi.
La città contiene numerosi monumenti storici e templi (alcuni molto antichi) che le sono valsi l'inserimento nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
I più famosi sono: il Tempio di Nikko (mausoleo dello shogun Tokugawa Ieyasu), il tempio di Taiyuinbyo (dedicato al nipote di Ieyasu), il tempio di Futarasan (risalente al 767 d.c.) ed il ponte Shinkyo sul fiume Daiya-gawa.
La zona era piena di impianti termali (onsen) e nelle vicinanze c'era un percorso a piedi che ci interessava fare e che descriverò nel prossimo capitolo.

La stazione di Nikko era semideserta come anche la cittadina.
A vederla mi ricordava i nostri paeselli di alta montagna: qualche turista dotato di zaino di montagna, qualche locale seduto sulle panchine e nulla più.

Era difficile immaginare che Nikko ospitasse quasi 100.000 residenti... in verità Nikko è nato dall'unione di tre cittadine ed ha una concentrazione di popolazione per chilometro quadrato molto bassa per la media giapponese (65 per Kmq), quindi si poteva presumere che le case non fossero concentrate in un unico centro, ma molto "sparse" sul territorio.

Molto incuriositi dall'atmosfera, ci siamo avviati lungo l'infinita salita (circa 2 Km) che portava al nostro ryokan. Il nostro ryokan era molto diverso dagli altri, più somigliante ad un hotel occidentale se non fosse che si dormiva nei fouton e la stanza era arredata in modo tradizionale.
Noi eravamo al piano più alto.

Arrivati in stanza la Vigi si è fatta subito una doccia mentre io mi sono messo a guardare anime giapponesi in tv (prima volta che avevamo la tv in camera).
Dopo qualche minuto mi sono appisolato e sono stato svegliato dalla Vigi che rideva a crepapelle.
Si era messa a guardare le trasmissioni giapponesi che sono estremamente divertenti e totalmente diverse (grazie a Dio) dalle nostre.

Nei due giorni di permanenza a Nikko abbiamo fatto una scorpacciata di trasmissioni televisive giapponesi.
La nostra preferita era una trasmissione in cui i due presentatori andavano all'aereoporto di Tokyo ed intervistavano la gente più stramba che arrivava.
In una puntata i protagonisti erano degli italiani che erano volati fino a Tokyo per partecipare ad una famosissima gara di cosplay (gare di travestimenti con tema manga/anime).
I due amici, quarantenni con tanto di famiglia (non al seguito), avevano speso 5000 euro per costruire un costume di Mazinga ed uno del suo acerrimo nemico.
Durante l'esibizione simularono un combattimento vincendo il primo premio... due italiani a vincere una gara di cosplay in Giappone... pazzesco.
Ovviamente sono stati pesantemente sfotttuti dai conduttori, per altro senza che se accorgessero troppo.
Un'altra trasmissione divertente proponeva strane gare con animali di compagnia, un'altra filmava gli animali domestici in assenza del padrone.
Poi c'erano i mitici e bizzarri giochi senza frontiere giapponesi diventati famosi in Italia negli anni 90 grazie alla trasmissione "Mai dire Banzay" da non dimenticare gli spot pubblicitari giapponesi che sono molto più light e divertenti di quelli Occidentali.

La sera siamo usciti in cerca di cibo.
Non c'era anima viva in giro... sembrava di essere in quei film americani ambientati in cittadine sperdute in posti tipo Alaska.
Il clima era nettamente cambiato rispetto all'afa di Tokyo e Kyoto, faceva freddo e per la prima volta abbiamo dovuto indossare delle maglie.
Siamo riusciti a trovare solo uno strano e deserto locale (a cui non abbiamo dato fiducia... probabilmente sbagliando) ed una specie di fast food in versione giapponese dove c'era qualche segno di vita.

Dopo un pasto veloce e da dimenticare (versione giapponese di cibo occidentale), siamo tornati in camera e ci siamo addormentati dopo aver riso di gusto davanti alla tv nipponica.

Durante il Percorso del filosofo abbiamo fatto pochissime foto, abbiamo preferito goderci il momento ed all'arrivo a Nikko eravamo troppo stanchi per pensare alle foto.

lunedì 20 gennaio 2014

The Gudu's Nippo Experience part 5

Finalmente riesco a trovare un po' di tempo per proseguire col racconto del viaggio in Giappone.

La mattina del  quinto giorno siamo saltati sul treno in direzione Nara.

Cos'è Nara?

Nara è una cittadina di circa 320.000 abitanti, situata nell'isola di Honshu.
È il capoluogo della prefettura di Nara ed è stata capitale del Giappone dal 710 al 794 d.c.
Nel 1998 è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO ed è una delle mete turistiche più famose del Giappone.
Due sono le cose più conosciute di Nara: il tempio di Toshodai-ji all'interno del quale c'è la seconda statua di Buddha più grande del mondo ed i cervi sacri.


Siamo arrivati alla stazione che scendeva una leggere pioggerella.
Abbiamo aperto l'ombrellino comprato a Tokyo e ci siamo diretti verso la zona dei templi (nella parte collinare della città).
Nara è una cittadina molto anonima: una grande via principale dritta che porta alla zona dei templi ed una piccola zona commerciale coperta che si affaccia sulla via.

Mentre camminavamo la pioggia ha cominciatato ad aumentare di intensità accompagnata da un forte vento... tanto da costingerci a riparare nella zona commerciale.
Il cielo era cupo e basso e la pioggia scendeva sempre più forte.
Dopo qualche minuto di attesa, abbiamo deciso di comprare un ombrello "di quelli grossi" ed avventurarci nella pioggia... in fondo avevamo solo un giorno per fare il giro di tutti i templi della città che erano circa una decina e non c'era tempo da perdere.
Il primo tempio era a solo 200 metri dalla zona commerciale, ma in quel breve lasso di tempo, nonostante i due ombrelli, ci siamo bagnati completamente.
La pioggia scendeva così forte che io non riuscivo a fare fotografie perchè l'autofocus dell'i-phone non riusciva a mettere a fuoco... fortuna che c'era la Vigi con la sua Reflex e la sua abilità.
Arrivati al primo tempio, ci siamo riparati sotto una tettoia... sembrava di stare nel mezzo di una tempesta tropicale... solo che faceva piuttosto freddo.
Dopo 20 minuti di stallo (nei quali ci siamo fatti timbrare il quaderno) abbiamo deciso di prendere la navetta per andare al tempio di Toshodai-ji; fare il giro a piedi era inconcepibile.
Anche solo arrivare alla fermata dei bus è stata un'impresa: il vento ci spostava letteralmente e la pioggia ci colpiva come piccoli proiettili.
Ad un certo punto abbiamo visto tre cervi cercare di ripararsi sotto ad una pensilina, ma non ci abbiamo fatto troppo caso perchè troppo impegnati a trovare la stazione degli autobus.


Dopo circa venti minuti eravamo all'ingresso del tempio  di Toshodai-ji bagnati fradici ed infreddoliti.
Sotto il tetto della porta di ingresso c'erano almeno trenta cervi ed un centinaio di persone che si riparavano dai furiosi elementi atmosferici.



Raggiunta la porta siamo stati subito avvicinati da questi mitici cervi di Nara che hanno infilato il muso nei nostri zaini e nelle nostre tasche in cerca di cibo.
E' stato molto pittoresco interagire con questi animali (che hanno reso famosa Nara forse ancor di più dei templi e della statua di Buddha), questi cervi non hanno nessuna paura dell'uomo,
anzi amano farsi coccolare e nutrire dai turisti. Non corrono rischi perchè considerati sacri in quanto messaggeri divini nella religione Shinto.



Dopo una sosta alla porta, ancora 100 metri di diluvio per raggiungere l'ingresso e poi abbiamo potuto finalmente vedere la statua del Buddha ed altre statue quasi altrettanto imponenti.
La statua del Buddha è alta 14 metri è composta da un corpo di bronzo placcato d’oro.
Ci lavorarono 900.000 artigiani per undici anni.
Fecero otto fusioni da assemblare, consumando tutte le scorte di metallo (il progetto della statua ai tempi mandò quasi in bancarotta l’economia giapponese).
Di primo acchito non mi è sembrata così grande in quanto ben inserita nelle proporzioni del tempio, ma quando ci siamo mossi nella parte posteriore della statua, ho potuto rendermi conto di quanto immensa fosse.



I tempio è molto bello e ci sono altre cose interessanti da vedere oltre alla statua del Buddha.
Ad esempio una delle colonne portanti della sala principale ha un foro nel mezzo che si dice sia della stessa grandezza delle narici del Daibutsu. I visitatori cercano di passarci nel mezzo perché la leggenda dice che chi riuscirà ad attraversare il foro sarà benedetto con l’illuminazione nella vita futura.
I bambini riescono a passare senza problemi, ma un adulto a parer mio non ci passerebbe... eppure si dice che molti ci provino (quel giorno nessuno l'ha fatto a causa forse dei vestiti troppo bagnati).
All’ingresso del tempio si è accolti poi da due statue dei guardiani raffiguranti l’inizio e la fine. Sono abbastanza spaventose come figure e fanno il loro effetto mistico.
Io ho trovato stupende e di grande effetto le figure danzanti del Nio che stanno di fianco alla statua di Buddha.
I Nio sono conosciuti come Ungyo (con la bocca chiusa) e Agyo (con la bocca aperta). Dalla loro costruzione queste figure non furono mai mosse dalla loro nicchia.
Sono molto grandi e da loro emana un'aura di forza mistica. Quanto volte ho scritto "mistico" o "mistica" in questo post? Tante, ma non mi vengono in mente altri termini che descrivano meglio la situazione.
Purtroppo la massiccia presenza di turisti rovinava un po' l'atmosfera del luogo.

Quando siamo usciti dal tempio la piogga era cessata, le nuvole rimanevano minacciose, ma la pioggia aveva concesso una tregua.
Con la navetta abbiamo raggiunto i templi sulla sommità della collina.
In quel momento c'erano pochissime persone in quanto nel parco vicino alla città si teneva un evento importante.
E' stato bellissimo visitare i templi, in quel momento semi-deserti, di quella zona... c'erano lunghi porticati in legno, spazi interni di grande effetto ed un'atmosfera di grande pace.
Mi ricordavano molto i templi che si vedono nei manga e negli anime giapponesi ambientati nell'epoca Sengoku.
C'erano poi stanze buie con lampade cerimoniali accese ed altre costruzioni ed ambientazioni molto particolari.





In quella zona abbiamo conosciuto un turista giapponese che ci ha accompagnato per quasi tutta la visita.
Lo abbiamo incontrato mentre cercavamo l'ingresso dei templi; lui era più in difficoltà di noi perchè non riusciva a leggere la mappa ed insieme abbiamo cercato di orientarci.
Una volta trovato l'ingresso è sempre rimasto con noi; quando rimanevamo indietro ci aspettava e si assicurava che avessimo visto tutte le cose importanti. Alla fine ci siamo fatti l'immancabile fotografia insieme.


Il viottolo che riportava al centro abitato e costellato di... non saprei come chiamarli se non "piglioni in pietra" che all'interno avevano uno spazio per una candela... come fossero lampade cerimoniali in pietra... spero che le foto a seguire siano più esaustive della mia penosa descrizione.




Arrivati al parco principale della cittadina, si siamo fermati vicino ad un grosso palco (sul quale era appena finita una rappresentazione) ed abbiamo preso un po' di cibo da un vicino banchetto... sostanzialmente anelli di pollo fritti... delizia.


Dopo il pranzo (chiamiamolo pranzo, ma erano le 15.00) ci siamo avviati verso la stazione dei treni per tornare a Kyoto.
Sul percorso abbiamo incontrato una grossissima sfilata di gruppi di ballo tradizionali.
Sembrava un carnevale occidentale, solo che non c'erano i carri ma danzatori ed i costumi erano tradizionali.
Abbiamo rischiato di arrivare in ritardo in stazione, ma eravamo troppo avvinti da quelle rappresentazioni e dalla passione e concentrazione con la quale quelle persone ballavano.
In questo frangente la Vigi ha fatto delle foto bellissime, che non posso esimermi dal pubblicare.













Arrivati in stazione abbiamo scoperto tutti i treni erano soppressi od in ritardo a causa del tifone (chiamiamolo così).
E' un'evento rarissimo in Giappone dove tutto funziona come un'orologio ed infatti gli addetti delle ferrovie non erano in grado di far fronte alla situazione.
Tutti gli avventori giapponesi si aggiravano come persi nella stazione nel pieno panico... gli addetti alle ferrovie erano più nel panico di loro e rimanevano in silenzio se gli si chiedevano informazioni o balbettavano cose incomprensibili.
Gli unici che non erano nel panico eravamo noi ed altri 4 turisti occidentali.
Alla fine è arrivato un treno che non si capiva bene fin dove arrivasse e ci siamo saltati tutti sopra.
Ad un certo punto, fermi ad una stazione... mentre il capotreno era nel panico e non riusciva a dare informazioni... abbiamo capito che dovevamo scendere dal treno di corsa e prendere quello di fronte a noi.
Così noi 6 occidentali ci siamo tuffati fuori violando almeno 532 norme di sicurezza nipponiche e siamo saltati sull'altro treno che stava praticamente partendo violandone altre 512.
Ovviamente i nipponici sono rimasti sull'altro treno e probabilmente sono arrivati a destinazione il giorno dopo.

Noi avevamo prenotato per le 18.00 la cerimonia del the a Kyoto.
Siamo arrivati a Kyoto alle 17.45, siamo saltati su di un taxy dando l'indirizzo al taxista che con incredibile flemma si è messo a consultare la piantina.
Dopo 20 minuti di giri a vuoto, la Vigi si è messa a leggere la piantina e ad un certo punto ha detto di fermare il taxi e fra una peripezia e l'altra siamo arrivati sul posto con solo 10 minuti di ritardo... con i piedi nudi e bagnati (le calze fradice erano nello zaino).

Ad aspettarci c'erano due bellissime ragazze vestite in abito tradizionale ed altri cinque turisti: due coppie ed una ragazza giapponese che era venuta ad imparare la cerimonia.
Ci siamo tolti le nostre scarpe bagnate e siamo saliti sul loro tatami perfettamente tenuto con i piedi zozzi, bagnati e dicamolo pure... anche puzzolenti... ed anche questa volta l'Italia è stata rappresentata alla perfezione nel mondo.
Dopo qualche minuto è iniziata la cerimonia del the.
Questa cerimonia è difficile da descrivere.
Assomiglia ad una danza, ma è molto più marziale. Assomiglia ad una "Forma" di arti marziali, ma non è aggressiva.
E' come una preghiera in movimento... potrei dire che è la summa di quello che ho capito sulla mentalità tradizionale giapponese.
Mille movimenti fatti con grazia precisione. Ogni singolo gesto, ogni singolo respiro ha un significato.
Mi sono sentito come trasportato in una dimensione più "sottile".
La cerimonia è durata circa 15 minuti, poi ci sono stati dati "gli attrezzi del mestiere" ed ognuno di noi si è preparato il the.
Dopo la preparazione, c'è stata la fase della bevuta... anch'essa regolata da gesti precisi.
Il gusto invece mi ha turbato... aaaah il gusto... penso di non aver bevuto nulla di peggiore nella mia vita.
Alla Vigi ed all'altra ragazza presente il the è piaciuto... io ed un turista spagnolo eravamo provati dall'esperienza mentre la ragazza giapponese sorrideva e ci indicava di bere tutto, anche le briciole sul fondo (così vuole la tradizione)... uno sforzo mostruoso nel sorridere e nel trangugiare quell'immonda bevanda.

La sera siamo tornati nella zona ggggggiovane a cenare e poi abbiamo fatto una passeggiata nella zona delle gheishe, ma non ne abbiamo vista nessuna.


Al ritorno al ryokan abbiamo chiesto di portarci (ovviamente in mano) le scarpe in camera per asciugarle, ma il gestore non ci ha ovviamente dato il permesso, guadagnandosi una serie di improperi in italiano, piemonte ed anche un paio di imprecazioni basche che erano sfuggite allo spagnolo quando ha bevuto l'ultima sorsata di the verde.

Un'altro giorno nipponico era finito... mille cose viste... mille esperienze... tanta soddisfazione.