venerdì 9 marzo 2012

Gudu's Namibian experience - Parte ottava

La mattina del 2 settembre 2011 ci siamo svegliati spontaneamente prima della sveglia a causa del rumoreggiare degli uccelli... un modo bellissimo per svegliarsi.
Solita colazione continentale per la Vigi ed all'italiana per me e poi subito sul fuoristrada.
Mentre caricavo i bagagli sul fuoristrada mi si avvicinò un ragazzotto allampanato e mi chiese in che direzione eravamo diretti. Dopo aver scoperto che eravamo diretti a Khorixas, mi chiese un passaggio.
A questo punte urge fare una premessa: in Namibia è consuetudine, per chi non possiede un'auto o non ha voglia di usarla, posizionarsi sul ciglio della strada ed attendere che qualcuno si fermi.
Gli abitanti del luogo non necessitano nemmeno di un cenno; se vedono qualcuno sul ciglio, si fermano e lo caricano. Un pick-up (mezzo più utilizzato in namibia, soprattutto quelli ricavati da modelli non fuoristrada) è da considerarsi pieno quando non c'è nemmeno più spazio per un bambino in braccio ad un adulto.
In Namibia non esistono i rapinatori od i maniaci da autostop. In Namibia, se necessiti di un passaggio, il primo che passa si ferma e ti carica... se buchi una gomma, il primo che passa si ferma ad aiutarti... questo vale sia per i bianchi che per i neri. L'integrazione in namibia è pressochè perfetta anche se esiste ancora un certo divario di ricchezza fra bianchi e neri.
Nulla di strano e di preoccupante quindi nella richiesta del giovane namibiano.
Nonostante questo, fin dal primo chilometro mi sentii agitato e quasi in pericolo.
Il Namibiano era molto gentile e ci indicava le strade ad ogni incrocio e per il resto del tempo ascoltava musica afro-tecno col suo telefono cellulare.
Io ero tesissimo... 97 Km di sterrato equivalenti ad un'ora e mezza passati in stato di ansia ed angoscia.
Arrivati a Khorixas, ci siamo fermato alla stazione di servizio per fare rifornimento; il ragazzo è sceso, ci ha ringraziati, ci ha benedetti come tradizione e se ne è andato per la sua strada.
Dapprima mi son vergognato di me stesso, poi mi sono ricordato che a Torino anche dare un passaggio ad una bambina dell'asilo poteva significare essere rapinati o cose anche peggiori.
A questo punto la vergogna ha ceduto il posto alla tristezza. Il pensiero che l'umanità si stava riducendo così, mi mise addosso una tristezza incredibile.
A Torino potevi morire per strada senza che nessuno si fermasse per aiutarti, potevano ucciderti, rapinarti, stuprarti in mezzo alla gente senza che nessuno muovesse un dito.
I torinesi... ggggente dabbbbbene... con i loro cioccolatini e la crema alcolica al cioccolato... terrorizzati ed incapaci di un atto di umanità.
Non era l'umanità a cui volevo appartenere.
Io volevo appartenere all'umanità che non ha mai abbastanza fretta da evitare di dedicare un'ora per aiutare l'autista di un'auto in panne, l'umanità che risponde quando la si chiama per strada, l'umanità che non vive nell'indifferenza.
Dopo questa breve parentesi abbiamo continuato il nostro viaggio in direzione del parco Etosha.
Arrivammo all'Eagle Tented camp poco dopo l'ora di pranzo.
Il campo tendato era ultra lussuoso con tanto di spa, zona relax, coktail bar, ristorante di alta cucina e perfino vasca in stile coloniale sulla veranda per farsi il bagno immersi nella natura.
Eravamo fuori dai soliti cicli turistici ed in tutta la struttura c'eravamo solo noi ed un'altra coppia di tedeschi.
Subito ci siamo fatti un Gin Tonic nell'area relax e poi siamo riusciti a recuperare due panini di carne indefinita dalla cucina del ristorante.
Il pomeriggio è stato noiosetto. Dovevamo attendere le 16.00 per il game drive nella riserva privata del campo e non c'erano altre cose da fare.
Io cominciai ad osservare le colline attorno a noi con il binocolo, poi i molteplici uccelli sugli alberi attorno al nostro tendato e poi decisi di leggere qualche passo del mio libro sul blues.
La Virgi "schiumava": donna ipertattiva bloccata in un tendato con un uomo che legge tranquillo. Fortunamente è arrivata in fretta (per me) l'ora del game drive.
La riserva era famosa poichè ospitava una importante colonia di rinoceronti.
Girammo per tutta la riserva fino a buio calato sperando di avvistare qualche "rhino", ma non ci fu nulla da fare; molti erbivosi, ma nessun altro animale.
A salvare la serata il tipico aperitivo africano.
Al ritorno dal game drive, io e la Vigi ci tuffammo sul letto giocosi facendoci il solletico e poi restammo abbracciati a lungo... mi stavo godendo l'atmosfera pacata quando, alzando gli occhi lo vidi.
Fermo sul lato interno della zanzariera, grosso, colorato, minaccioso... un ragno di cinematografica memoria.
Sollevai Virgi di peso e saltai fuori dal letto posandola su di una sedia e poi mi avvicinai per osservare meglio. Era uno di quei ragnacci che si vedono nei film tipo "Indiana Jhones"; non pensavo che fossero presenti anche nelle zone desertiche.
Ero molto intimorito, ma dovevo fare qualcosa.
Ogni tanto, quando si guarda un film horror, ci si chiede come mai i protagonisti siano così idioti da agevolare costantemente la morte nel suo sporco mestiere.
Se qualcuno avesse visto me, si sarebbe fatto la stessa domanda.
Armato di una rivista, andai all'attacco dell'aracnide.
Che uomo coraggioso! No! Che uomo pirla!
Innanzitutto il ragno era sulla zanzariera, quindi su di una superfice mobile e non rigida... poi era in una posizione sopraelevata rispetto a me... e poi aveva 8 occhi che gli permettevano di vedere in tutte le direzioni.
Mi lanciai sul nemico. Lui schivò il colpo e sfruttò l'elasticità della zanzariera per spiccare un salto sulla mia gamba e poi dalla mia gamba al letto; poi si infilò nel solco fra i due materassi.
Emisi un orlo femmineo e poi cominciai a strepitare "Ce l'ho sulla gamba! Ce l'ho sulla gambaaaaaaaaa"... dopo qualche secondo di follia, non sentendo il dolore del morso, mi ripresi acquisendo dalla Virgi (che aveva uno sguardo descrivibile solo così: " -___- ") la notizia del nuovo nascondiglio del ragno.
Oramai ero fuori di testa. Non ero mai stato aracnofobico, non ho mai amato i ragni, ma non sono mai stato nemmeno un amante degli insetti... e quello era un insetto maledettamente grosso, colorato e minaccioso.
Mi posizionai immobile su di una sedia e non mi mossi più.
Andando a cena, la Vigi (facendo finta di essere lei terrorizzata) chiese al gestore del campo di rimuovere lo sgradito ospite... insistendo quando il tizio le assicurò che non c'erano ragni velenosi in zona.
La cena era di alta qualità: non c'era il solito buffet che tanto amavo, ma una scelta di solo due portate per ogni tipologia di piatto... tutti piatti ricercati.
Non ricordo nulla della cena perchè ero ancora fuori di testa per il ragnazzo.
Al rientro nel tendato, non vedemmo più il ragno colorato, ma parecchi altri grossi ragni neri su tutte le pareti... fottuti campi tendati!
La notte passò praticamente in bianco. Ci perdemmo pure l'inseguimento dei felini in mezzo ai tendati per paura di uscire dalla "zona zanzariera".
Ora ricordo quasi con divertimento questa disavventura, ma quella notte fu veramente tragica.
La mattina seguente, prima che si levasse il sole, eravamo pronti alla partenza.

3 commenti:

Baol ha detto...

Beh, un ragno di quelle dimensioni...non è aracnofobia, è semplicemente un calcolo delle proporzioni :)

Quanto all'umanità, l'umanità è strana, a volte è alla luce del sole, ovunque, a volte si nasconde dove è più buio.

Grazie di essere passato da me :)

Sarah ha detto...

...e il viaggio continua. Che il bello dell'arrivare è il tragitto che sta nel mezzo :)

L'omino con la chitarra ha detto...

... ottime osservazioni, tutte e due...