venerdì 21 aprile 2017

Sul perchè mio padre è un eroe

Io scrivo sul mio blog spesso sperando di poter dare informazioni utili da un punto di vista diverso e personale; In questi casi provo nel mio piccolo a pubblicizzare i miei post sui social ed ai miei amici.

Altre volte scrivo solo per me, perché sento il bisogno di mettere per iscritto quello che penso… di fermare il mio pensiero da qualche parte. In quel caso è sufficiente non pubblicizzare il post e nessuno lo leggerà lasciandolo in rete solo per me o per qualche avventore guidato solo dal destino e quindi destinato a leggere le mie parole.
Questo è uno di quei casi.

Voglio scrivere del fatto che mio padre è uno dei miei eroi.

Ci sono mille motivi per cui lo è, ma io mi dilungherò a parlare solo di uno di questi, gli altri li citerò appena.

Fra gli alti motivi c’è il fatto che mio padre è sempre stato onesto. Un artigiano onesto e mite che infatti, mentre gli altri si facevano i soldi, ha vissuto una vita modesta (che fa rima con onesta).
Ma non parlerò di questo.

Un artigiano che per lungo tempo si è preso sulle spalle la responsabilità di dare sostentamento, oltre che alla nostra famiglia, ad un ampio raggio di parentame… facendo sacrifici e rinunce personali… sempre da solo e spesso ostacolato ed ostracizzato.
Non sarà stato perfetto di sicuro, ma il culo se lo è sempre spaccato per garantire a tutti il massimo che poteva… non un cane che gli abbia detto “grazie” od anche solo “capisco quello che stai provando a fare”, ma lui ha continuato lo stesso finché ha potuto.
Ma non parlerò di questo.

E’ sempre stata una persona che ha condiviso con gli altri il poco che aveva, in ambito umano, lavorativo ed economico… aiutando spesso perfino i concorrenti sul lavoro e/o cercando di fare squadra… prendendolo sempre nel culo da dei grossi figli di puttana (che sono la maggior-parte della gente al giorno d’oggi), personaggi che si sono approfittati in ogni modo della sua voglia/idea di “migliorare tutti insieme per vivere meglio ed in armonia”.
Ma non parlerò di questo.

Non ha mai smesso di aiutare gli altri, col proprio lavoro e con i pochi soldi che aveva… dal dare soldi a persone in difficoltà, all’aiutarle a rimettersi in piedi, ad aiutare persone colpite da calamità a ricostruire cose e vite distrutte.
Non ha mai chiesto e ricevuto neanche un grazie per questo, lui ha continuato e sono convinto che continuerà finché morirà ed andrà in un posto dove sicuramente lo apprezzeranno di più.
Ma non parlerò di questo.

E’ sempre stato un uomo dall’onore così alto da poter essere un samurai. Quando avrebbe potuto chiedere una meritata pensione di invalidità, l’ha rifiutata perché non la riteneva onorevole… e noi poveri italioti medi (io compreso) a pensare che era scemo perché lo stato è ladro e lui ha passato la vita a versare tasse per far fare la bella vita a dei politici di merda. Ma lui, come un samurai, ha fatto le cose per la sua anima ed onore e non per il suo portafogli. Anche in questo caso qualcuno più in gamba di noi gli renderà merito quando sarà il momento.
Ma non voglio parlare di questo.

Ha fatto, insieme a mia madre, infiniti sacrifici per mantenermi all’università come un pascià, come se fossimo benestanti… anni dove io invece di studiare pensavo a ubriacarmi, farmi le canne, suonare la chitarra e provare a separare le ragazze dalle loro mutandine.
E poi quando, dopo tutti questi sacrifici, gli ho detto che volevo smettere di fare il progettista e vendere case, mi ha detto “Se è questo che vuoi fare, sono con te”… e poi quando sono “andato del culo” e lui stesso ha dovuto rimetterci parte dei risparmi per togliermi dalla merda, non mi ha detto manco qualcosa tipo “birichino” (dove io al suo posto mi avrei appeso per le balle al balcone), ma anzi mi ha fatto forza per rimettermi in piedi.
Ma non voglio parlare manco di questo cazzarola.

Io voglio parlare di questo:

Quando aveva circa 40 anni gli hanno tolto la patente perché non vedeva più un cazzo.
Lui ha detto “Non mi arrendo, la riprenderò”.
Ha continuato a lavorare e vivere con tutti gli intoppi e limitazioni del caso ed intanto cercava medici, cure, procedure per riavere la patente.
Intorno ai 45 anni la sera nei posti bui lo si doveva accompagnare a braccetto perché non vedeva proprio più un cazzo… ma lui continuava a lavorare… faceva i preventivi e tagliava i pezzi di legno usando una lente di ingrandimento… rifiuto della pensione di invalidità e nessun cambiamento nei suoi principi di vita… e diceva “Non mi arrendo”.
Nel corso degli anni ha usato quasi tutte le sue risorse per trovare una soluzione. Tutto pagato privatamente, lo stato lo cagava solo per chiedergli le tasse… tutto da solo (a parte mia madre) perchè la gente c’era per lui solo quando bisognava prendere (io non escluso).
Tutti a dirgli di lasciare perdere, magari a sfotterlo, a dirgli che l’unico modo per avere qualche possibilità era essere ricchi e corrompere qualcuno od andare a prendere la patente in Romani. Tutti eravamo quasi infastiditi dal suo non mollare.
Quest’anno… 27 anni dopo… si è ripreso la sua patente.
Per 27 anni non ha mail smesso di agire (non si è limitato a sperare, agiva) per riavere la patente… per 27 anni non ha mai mollato… mai, mai, mai.
Ed adesso ha la patente ed io non ho bisogno di leggere il libro di Steve Jobs per sapere che nella vita la volontà è tutto… una persona che senza bisogno di armi, guerre o imprese si è conquistato il mondo.


Nel film “Batman Begin” il maestro grida a  Bruce Waine durante un allenamento “L’addestramento è nulla, la volontà è tutto!”… è la mia frase preferita in assoluto di ogni film ed ogni libro che abbia mai letto… mio padre mi ha insegnato che è proprio così.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Io un padre non l'ho avuto, anzi c'era (purtroppo) ma se non ci fosse stato sarebbe stato meglio. Non spenderò parole nello spiegare perché e per come, di genitori violenti sia con le mani ma soprattutto nei sentimenti ne é pieno il mondo. All'inizio lo odi. Vorresti fronteggiarlo con tutti i mezzi possibili, pensi che ti abbia rovinato la vita e ti prometti che un giorno o l'altro gliela farai pagare per tutto il dolore e per le ferite interiori che ti ha procurato. Così vivi coltivando il rancore dentro di te, che altro non è che un lento stillicidio che ti fa male e ti consuma a poco a poco. Poi però i giorni passano, diventano mesi, anni, lustri, e piano piano arrivi a sentire la più grande delle verità: quella che alla fine ti dice che non c'è nulla da perdonare. Anzi, se c'è qualcuno che si deve perdonare sei tu nei confronti di te stesso, ma non certo nei suoi, anche perchè spiace dirlo ma non cambierà mai. Passata l'età dei 20/30 quella in cui rifiutavo di incontrarlo e di volerlo, quella del rancore di cui sopra, mi sono infine avvicinato a un'età più matura, un'età in cui, giungendo a ben più miti consigli con me stesso, ho cercato di riallacciare i rapporti. Lo sono andato a cercare anche perchè non sapevo nemmeno dove stesse. Ho così ritrovato, a mia sorpresa, un signore invecchiato, imbolsito, piegato dalla vita,incapace di costruirsi una famiglia con affetti veri, incapace di manifestare amore nei confronti di qualcuno se non per se stesso, circondato da persone la cui frequentazione ha sempre dei secondi fini, identificato con quello che si ha e non quello che si è, una persona in là con gli anni che passa le giornate nel tentativo di essere una scialba copia di se stesso, non più in grado di incutere quel terrore che per anni aveva esercitato nel bambino che ero. Sinceramente mi ha fatto pena. In questo tentativo di riavvicinamento ho purtroppo constatato che il lupo perde il pelo ma non il vizio,le frasi, i modi di comportarsi erano sempre gli stessi. Avrei potuto rispondergli ? Trattarlo male, mandarlo a quel paese, versargli addosso anni e anni di dolore? Sì, avrei potuto farlo ma a cosa sarebbe servito ? Avrei risposto con le stesse armi che lui ha usato con me per anni. Avrei usato la sua stessa moneta. Inutile parlare con chi non vuole sentire. Cosa ho fatto ? Ho allargato le braccia con rassegnazione e mi sono arreso all'idea che io un padre in questa vita non l'ho avuto e mai l'avrò. Ed ecco arrivare, per chiudere il cerchio, l'inutilità del perdono. Il perdono è come una porta che per anni non riesci a raggiungere, credi che se la raggiungessi e la varcassi la tua vita cambierebbe, che potresti finalmente svoltare e lasciarti alle spalle tutto questo dolore covato per anni. E così cerchi di avvicinarti sempre un po' di più a quella porta, a quel varco che credi possa darti la libertà interiore tanto agognata. Poi, un giorno, quasi inaspettatamente, ci arrivi, finalmente le sei davanti: la apri, la oltrepassi e ti rendi conto che alla fine dietro la porta non c'è nulla. Anni passati a coltivare un rancore senza senso, a parlare di perdono, mentre chi doveva perdonarsi, come detto sopra, ero semplicemente io. Perdonarmi per l'amore che non ho avuto, per le botte ricevute, per gli abbracci mancati, per essermela dovuta cavare da solo, e per aver dovuto imparare a gestire quella grande mole di insicurezza che tutto questo ti lascia. Il perdono è dentro di me ed è nei miei confronti, non certo nei confronti di una persona che ormai sento come estranea. Eppure, se tornassi indietro rifarei tutto. Se morissi domani morirei contento, sapendo di aver fatto tutto quello che era nelle mie possibilità. Rancore non ne ho più e l'idea di riallacciare qualcosa con lui mi sembra di perdere tempo. Gli auguro il meglio, che possa passare questi ultimi anni che gli restano con un po' di serenità, ma glielo auguro lontano da me. E' andata così.